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27 Novembre 2025 - 18:06
Settimo si ribella: file ai banchetti, promesse in Regione e un ospedale che non aspetta più
C’è stato un momento, questa mattina, in cui sembrava che Settimo Torinese avesse smesso di mormorare e avesse finalmente iniziato a parlare. Davanti al Municipio, mentre il sole gelido si posava sui tavolini pieghevoli e sui fogli bianchi da firmare, si è capito che la petizione lanciata da Aldo Corgiat Loia non era più “una notizia”, ma un movimento. Gente che arrivava a piccoli gruppi, qualcuno con il passo lento, qualcuno con il passo nervoso, qualcuno che si fermava solo un secondo, firmava e se ne andava senza dire una parola. Ma gli occhi parlavano molto di più delle parole: la misura è colma, e Settimo non intende più stare a guardare.
Il Comitato “Salviamo l’Ospedale Civico di Settimo Torinese” – quello stesso Comitato che negli ultimi mesi è finito al centro della scena pubblica – oggi ha raccolto altre decine e decine di firme. Più di 300 in appena due giorni. Un numero che racconta da solo lo stato d’animo di un territorio che non si riconosce più nella narrazione rassicurante delle Istituzioni e che chiede, con una chiarezza quasi brutale, verità, sicurezza, dignità. La piazza si è riempita di voci, di testimonianze sussurrate, di pazienti che ricordavano episodi mai spiegati, di familiari che descrivevano reparti svuotati, di lavoratori stanchi di essere i soli a tenere insieme ciò che altri hanno lasciato scivolare verso il disastro. Sembrava quasi di sentire un’unica grande frase, ripetuta in tanti modi diversi: basta.
E mentre la piazza parlava, altrove arrivavano le dichiarazioni ufficiali. L’assessore regionale alla Sanità Federico Riboldi, forse percependo il peso di questa mobilitazione, ha diffuso una nota in cui dice di “comprendere il disagio dei lavoratori”, rassicura, promette, annuncia. La Regione Piemonte – dice – ha deliberato l’acquisto dell’ospedale: 15 milioni per le mura, 37 milioni con la gestione, e la promessa di trasformare il presidio in un ospedale pubblico a tutti gli effetti. Un annuncio che in altre epoche sarebbe stato accolto come un punto di svolta, quasi una liberazione. Ma oggi, tra le persone in coda al banchetto del Comitato, la reazione era prudente. “Vedremo”, mormorava qualcuno. “Sono anni che ce lo dicono”, sospirava qualcun altro.
A fare da contraltare è arrivato anche il Partito Democratico, con le voci di Gianna Pentenero e Daniele Valle, che hanno definito la vicenda dell’ospedale “una storia lunga e complicata”, riconoscendo finalmente che la luce in fondo al tunnel sembra avvicinarsi davvero. Ma anche loro, come molti cittadini, hanno sottolineato che non basta una delibera per cambiare la storia: bisogna vigilare, controllare, pretendere che la Regione mantenga ogni singola promessa su posti letto, servizi, tutele. In altre parole: basta annunci, servono fatti.

Il clima che si respirava oggi a Settimo era esattamente questo: un misto di esasperazione, determinazione e incredulità. Perché tutto nasce da quella miccia accesa da Corgiat nei giorni scorsi, quando la petizione è stata lanciata come un atto di accusa frontale. Dalla gestione opaca di SAAPA ai buchi di bilancio che nessuno ha mai voluto spiegare, dalle indagini della Procura di Ivrea che raccontano maltrattamenti ai pazienti – “un verdetto, non un sospetto”, aveva scritto l’ex sindaco – fino all’impressione, diffusa tra i cittadini, che Comune e Regione abbiano passato troppo tempo a minimizzare il problema, a mettere cerotti su una ferita ormai infetta, a ripetere parole vuote mentre la nave continuava ad affondare.
Oggi quel malessere si è trasformato in file di persone che firmano. Un gesto semplice, quasi banale, ma che assume un significato politico fortissimo: la città non vuole più essere presa in giro. La petizione continua a chiedere ciò che Corgiat chiede senza mezzi termini: rimozione dei liquidatori e degli amministratori di SAAPA, gestione piena dell’ASL TO4, ripristino della post-acuzie, rafforzamento della diagnostica, un primo intervento degno di questo nome, e soprattutto la tutela dei lavoratori che da anni tengono in piedi l’ospedale mentre attorno a loro si accumulano ritardi, errori e omissioni.
E mentre dagli altoparlanti arrivavano gli interventi di un ex medico, di un volontario, di un passante qualunque che prendevano la parola uno dopo l’altro, si respirava la sensazione che oggi, più che in passato, la città fosse davvero unita. Non una protesta di partito. Non una battaglia ideologica. Ma una difesa collettiva del proprio diritto alla salute. “La comunità merita risposte, non promesse vuote”, ha ribadito stamattina il Comitato. Una frase che suona come un riassunto perfetto della giornata.
Ora tutto converge verso l’assemblea dei soci di domani. Tutti sperano, molti temono, nessuno vuole più essere spettatore passivo. A Settimo, oggi, la verità è una sola: la piazza ha parlato. Ha parlato forte. E adesso tocca alla politica, all'assessore regionale Federico Riboldi, alla sindaca Elena Piastra che è socia di SAAPA, dimostrare di aver capito il messaggio. Perché di fronte a un ospedale che ha rischiato di diventare un guscio vuoto, il silenzio sarebbe davvero più assordante delle parole.
La raccolta firme proseguirà martedì 2 dicembre, nel pomeriggio, in via Italia e lunedì 9 dicembre, presso il mercato di via Einaudi
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