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27 Novembre 2025 - 15:05
La collina chivassese non è solo un patrimonio ambientale. È anche un archivio vergognoso di discariche abusive, disseminate ovunque: nei boschi, lungo i sentieri, a ridosso dei campi, persino dentro il Parco del Po. Ci sono volontari che puliscono, cittadini che segnalano, gruppi come Volontà Verde che da anni raccolgono rifiuti di ogni tipo. Eppure gli abbandoni non si fermano. Crescono, si spostano, si stratificano. E, in troppi casi, le amministrazioni comunali restano un passo indietro rispetto alla velocità con cui questa montagna di degrado si rigenera. A volte latitanti, come denunciano gli stessi volontari. A volte impantanate in procedure, timori, lentezze che, nei fatti, equivalgono a un’assenza.
Basta una passeggiata in collina per capirlo.
I volontari scattano foto, catalogano, raccolgono sacchi, caricano camioncini arrugginiti, trascinano lamiere, copertoni, ferraglia, sedie da giardino, rottami di ogni epoca. In mezzo ai rovi riaffiorano stratificazioni di rifiuti: la natura li ha ricoperti, ma non cancellati. Li ha nascosti sotto le foglie, avvolti nelle radici, spinti nei calanchi. Loro, però, restano lì.
E chi li tocca, chi li sposta, chi li rimuove non è quasi mai un ente pubblico: sono cittadini che sacrificano il tempo libero per riparare ciò che altri hanno rotto.
Nei giorni scorsi Volontà Verde ha pubblicato l’ennesimo appello: «La necessità che i cittadini si organizzino spontaneamente per pulire boschi, spiagge o parchi segnala l’esistenza di una falla nel sistema», scrivono. Una falla evidente, che non riguarda solo il numero di discariche, ma l’inerzia istituzionale che permette a tutto questo di perpetuarsi. «Non basta ringraziare i volontari, serve affrontare le cause profonde del degrado», aggiungono. E hanno ragione. Perché l’immagine di un gruppo di cittadini piegati a terra con guanti e picconi non è solo il simbolo dell’impegno civico: è anche il ritratto di una politica locale che non riesce più a stare al passo con l'emergenza ambientale.
I volontari di Volontà Verde scardinano i rifiuti
E poi ci sono i casi più gravi. Quelli che non riguardano solo la sporcizia, ma la salute pubblica. Come a Verrua Savoia, dove — il 9 settembre — abbiamo segnalato la presenza di lastre di eternit abbandonate lungo il sentiero che da Scandolera porta alla Rul Verda. Due mesi e mezzo dopo, il 27 novembre, la situazione è identica. Quelle lastre sono ancora lì: spezzate, corrose, esposte alle intemperie e a chiunque passi. La comunità segnala, i lettori fotografano, gli escursionisti si indignano. Ma l’amministrazione comunale non è intervenuta. Il sindaco Mauro Castelli, informato già da tempo, non ha promosso alcuna rimozione. E nel frattempo l’amianto si sfalda, si polverizza, si diffonde nel bosco, come un veleno lento e persistente.
Il paradosso è totale. A pochi chilometri c’è Cavagnolo, marchiata dalla tragedia Eternit. Un territorio che ogni anno depone fiori per ricordare i morti dell’amianto, che celebra chi si è battuto per la giustizia come Raffaele Guariniello, che ospita commemorazioni e discorsi solenni. Ma nella stessa area geografica si tollera una discarica abusiva di eternit a pochi metri da un sentiero turistico. Un controsenso che urla, soprattutto perché qui si conosce bene cosa significhi respirare fibre d’amianto e aspettare decenni prima che una malattia si manifesti. Qui non è teoria: è memoria collettiva, è dolore inciso nella storia.

Lastre di Eternit nei boschi di Verrua Savoia
Ma Verrua Savoia non è un’eccezione. È un tassello di un problema più grande. Basta spostarsi di qualche chilometro e si entra nel Parco del Po, tra Cavagnolo e Brusasco, dove altri cittadini ci hanno segnalato una nuova discarica: lastre, copertoni, plastiche, gettati in un prato, in mezzo all’erba alta, come se l’area protetta più importante del Piemonte fosse un cortile da usare come pattumiera. Anche lì, nessun intervento immediato. Nessuna rimozione. Il parco resta contaminato da chi scambia la natura per una discarica a cielo aperto.
In mezzo a tutto questo, ci sono loro: i gruppi di volontari che ripuliscono pezzo dopo pezzo. Volontà Verde, Amici del Po, singoli cittadini armati di guanti e pazienza. Organizzano giornate, mobilitano amici, coinvolgono famiglie, pubblicano foto per documentare la situazione, e lo fanno senza chiedere nulla in cambio. Sono loro a trascinare fuori rottami arrugginiti da piccoli burroni, a raccogliere quintali di rifiuti che altri hanno abbandonato con facilità chirurgica. Sono loro che, con ogni sacco nero, smascherano la contraddizione più grande della collina chivassese: da un lato la retorica delle “eccellenze ambientali”, dall’altro la realtà di boschi che nascondono ciò che non si vuole vedere.

La discarica abusiva nel Parco del Po tra Cavagnolo e Brusasco
La domanda, allora, è inevitabile: quanto può reggere un territorio sorretto quasi solo dal volontariato? Quanto può durare una comunità in cui i cittadini riparano e le istituzioni inseguono? Perché, se è vero che i volontari sono una risorsa, è altrettanto vero che non possono diventare la risposta strutturale al degrado. Non possono sostituire le amministrazioni nel controllo del territorio, nella prevenzione, nella vigilanza, nella rimozione dei rifiuti pericolosi.
Ci sono normative, responsabilità, sanzioni. L’abbandono di rifiuti pericolosi è un reato penale. La legge parla chiaro. Ma se non viene applicata, resta un guscio vuoto. E il messaggio che passa è devastante: abbandonare rifiuti conviene. Perché non succede nulla. Perché basta gettare lamiere in un bosco, plastica in un sentiero, eternit sotto un albero, e sperare che qualcuno — un volontario, non un ente pubblico — un giorno passerà a ripulire.



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