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22 Novembre 2025 - 23:20
Metalmeccanici in sciopero: lavoratori incrociano le braccia per il contratto nazionale
Il nuovo contratto dei metalmeccanici arriva al termine di una stagione di mobilitazioni che ha segnato in profondità il mondo industriale italiano. Scioperi, presidi, assemblee, trattative faticose e spesso tese hanno scandito mesi di confronto, mostrando un settore che non si è mai arreso all’idea che il lavoro potesse essere schiacciato dall’inflazione, dall’incertezza o da un modello produttivo sempre più sbilanciato verso la flessibilità senza garanzie. Il risultato di quelle settimane, oggi, è un contratto rinnovato che secondo molti segna una delle svolte più solide degli ultimi anni, non soltanto in termini economici ma, soprattutto, sul piano della riconoscizione sociale.
Tra le prime voci politiche a commentare l’accordo c’è quella di Marco Grimaldi, vicecapogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera, che parla apertamente di una vittoria del lavoro organizzato. Grimaldi definisce il nuovo contratto «un risultato che restituisce valore al lavoro e dignità alle persone» e sottolinea come l’aumento salariale ottenuto vada oltre l’inflazione prevista, spezzando l’idea che la perdita di potere d’acquisto fosse ormai una condizione inevitabile. Nelle sue parole emerge un’interpretazione nettamente politica dell’intesa: non solo un accordo economico, ma la dimostrazione che il negoziato collettivo può ancora garantire avanzamenti concreti quando esiste una mobilitazione determinata.
Grimaldi insiste sul fatto che questo contratto non rappresenta una semplice somma di cifre o di miglioramenti tecnici. È, piuttosto, una “dichiarazione politica”, la risposta di un’intera categoria a un clima culturale che da anni sostiene la necessità di rassegnarsi a salari bassi, precarietà e compressione dei diritti. Le sue parole arrivano come un contrappunto al racconto dominante secondo cui la flessibilità sarebbe l’unico orizzonte possibile: «È la smentita più forte a chi ha provato a convincerci che la flessibilità fosse l’unico destino», afferma.
Nelle pieghe del nuovo contratto compaiono elementi che confermano questo cambio di passo. Il diritto alla stabilizzazione per le lavoratrici e i lavoratori in somministrazione indica la volontà di attenuare un sistema che negli ultimi anni ha ampliato la platea degli impieghi a termine. La formazione, valorizzata come strumento di crescita professionale reale e non come retorica aziendale, viene rilanciata come diritto individuale e collettivo. Il rafforzamento delle norme su salute e sicurezza, tradizionalmente uno dei terreni più delicati del settore, rappresenta un altro tassello importante in un comparto dove gli incidenti e le criticità strutturali restano ancora troppo presenti.
Un capitolo significativo è dedicato anche ai temi sociali. L’impegno contro la violenza sulle donne, l’attenzione ai lavoratori migranti e alle persone disabili ampliano il perimetro del contratto oltre la dimensione strettamente produttiva. È un riconoscimento della trasformazione avvenuta nel mondo del lavoro, dove la tutela non può più limitarsi al luogo fisico dell’azienda ma deve includere contesti sociali, fragilità, discriminazioni, equilibri spesso sottili.
Per Grimaldi, ciò che emerge è una visione che rimette al centro la persona e non il profitto. Un messaggio che, nelle sue intenzioni, dovrebbe risuonare anche nella politica. Il vicecapogruppo Avs chiede al governo di riconoscere il valore del lavoro sindacale, di ascoltare il sistema delle relazioni industriali e di smettere di trattare i diritti come un ostacolo alla competitività. «Il governo non può continuare a ignorare il valore delle relazioni industriali», afferma, sottolineando che una democrazia economica più giusta non può prescindere da un dialogo strutturato e da una legislazione che non consideri il lavoro una variabile residuale.
Il suo appello finale assume toni programmatici: se davvero si intende costruire un Paese più giusto, bisogna partire dal riconoscimento che «il lavoro non è una merce e i diritti non sono un lusso». Una frase che, nelle ore successive alla firma, corre già tra delegati, lavoratori e attivisti come sintesi di un passaggio che rischia di segnare non solo la storia contrattuale dei metalmeccanici, ma anche il dibattito pubblico che accompagnerà i prossimi mesi.

Marco Grimaldi, vicecapogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera
"Questo contratto, che arriva al termine di una vertenza lunga e complessa, è un segnale di fiducia e stabilità per le imprese e i lavoratori delle aziende metalmeccaniche torinesi. Si tratta di un risultato importante, che dimostra l'impegno e il senso di responsabilità delle imprese del nostro territorio, che stanno affrontando una transizione articolata e mai come oggi devono programmare investimenti a medio e lungo termine".
Così Giorgia Garola, presidente dell'Amma e vicepresidente dell'Unione Industriale di Torino, insieme ad Alberto Dal Poz, vicepresidente dell'Unione Industriali Torino con delega alle relazioni industriali, commentano la firma del nuovo accordo tra Federmeccanica e Assistal con Fim, Fiom e Uilm.
"Formazione, inquadramento, flessibilità, salute e sicurezza, appalti, relazioni industriali e retribuzione compongono le voci dell'accordo messo a disposizione di lavoratori e imprese per accompagnare nei prossimi anni l'ulteriore sviluppo della metalmeccanica italiana. Le parti sociali hanno confermato il loro comune impegno" aggiungono Garola, che è anche vicepresidente di Federmeccanica, e Dal Poz che ne fu presidente nel quadriennio 2017-2021.
"Ora è ancora più urgente che si definiscano politiche industriali adeguate e ambiziose, capaci di sostenere investimenti in innovazione e la crescita dimensionale delle imprese, affrontando al contempo i nodi del costo dell'energia e del cuneo fiscale, come da tempo chiediamo".
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