Cerca

Nigeria, 315 studenti spariti nel nulla: scuola svuotata all’alba, lo Stato impotente

Una colonna di moto assalta la St. Mary’s School di Papiri e trascina via 303 studenti e 12 insegnanti. Il governo accusa la scuola di aver ignorato un allarme rosso, ma nel bush non c’è traccia dei rapitori. È l’ennesimo maxi-sequestro che rivela la fragilità della sicurezza nigeriana e l’economia del riscatto che divora un’intera generazione

Nigeria, 315 studenti spariti nel nulla: scuola svuotata all’alba, lo Stato impotente

Nigeria, 315 studenti spariti nel nulla: scuola svuotata all’alba, lo Stato impotente

La porta del dormitorio è rimasta accostata, i letti disfatti, i quaderni aperti con i compiti di matematica a metà. Nella penombra della St. Mary’s School di Papiri, nel Local Government di Agwara, nel Nord-Centro della Nigeria, l’eco che rimbalza è un numero: 315. Tanti sono i rapiti – 303 studenti e 12 insegnanti – secondo il conteggio aggiornato dalla Christian Association of Nigeria, la CAN, che ha rivisto al rialzo la stima iniziale di 227. La scuola cattolica, un grande complesso con oltre 50 edifici tra classi e dormitori, sorge a poche centinaia di metri dalla trafficata arteria Yelwa–Mokwa. È lì che, all’alba, una colonna di moto è sbucata dalla savana, ha aggirato il muro di cinta e ha spezzato la routine. Da allora nessun gruppo ha rivendicato l’attacco; le forze di sicurezza sono state dispiegate e i rapitori si sono dileguati nel bosco con il loro carico di adolescenti, lasciando dietro di sé una domanda semplice e crudele: quanto è facile rapire centinaia di giovani in pieno giorno nel Paese più popoloso dell’Africa?

rapimenti

A distanza di ore, le cifre hanno continuato a oscillare come se il trauma rendesse impossibile fissare un numero stabile. Prima 215, poi oltre 300: la rettifica è arrivata dopo una verifica sul campo della CAN, che ha incrociato i registri scolastici con le testimonianze dei genitori accorsi da villaggi vicini. Il totale consolidato – 315 – somma 303 alunni e 12 docenti. La Polizia del Niger State ha confermato che l’attacco è avvenuto nelle prime ore del mattino e che unità militari e speciali sono state inviate nell’area. Nessun dettaglio sull’identità dei sequestratori: in regioni come questa, vaste e difficili da controllare, la distinzione tra bande criminali locali – i cosiddetti banditi – e cellule jihadiste risulta spesso labile, un confine più geografico che ideologico. Intanto, anche osservatori internazionali – da AP News a Reuters – hanno richiamato l’attenzione sulla crescente frequenza dei rapimenti scolastici e sulle falle della sicurezza locale.

La St. Mary’s School è classificata come scuola secondaria, ma il campus è contiguo a una primaria: una cittadella educativa recintata, con aule, dormitori, magazzini e aree comuni visibili anche dalle immagini satellitari. L’istituto è stato costruito lungo un corridoio logistico fragile, un’arteria trafficata che collega Yelwa e Mokwa attraversando una zona di fattorie e boscaglia. L’accessibilità che facilita il commercio è la stessa che rende l’istituto un bersaglio raggiungibile per gruppi che si muovono rapidamente e spariscono nel bush, come accaduto all’alba di quel venerdì. Un punto nevralgico, vicino alle vie di fuga e lontano da un controllo territoriale continuo: la combinazione perfetta per chi vive di sequestri.

La dinamica che fa più discutere a Minna, capitale del Niger State, è però un’altra. Secondo il Segretario del Governo, Abubakar Usman, le autorità avevano diffuso un “red alert”, un avviso rosso, che imponeva la chiusura temporanea delle scuole con convitto in parte del senatorial district, lo stop ai cantieri e la massima cautela per minacce specifiche. La St. Mary’s – sostengono governo statale e polizia – avrebbe riaperto senza l’autorizzazione richiesta, violando le direttive. La Diocesi cattolica di Kontagora e i rappresentanti locali della CAN replicano che la priorità ora è salvare i ragazzi e che tutto il resto verrà accertato. Sta di fatto che il governo ha promesso un’indagine sull’eventuale mancato rispetto delle misure preventive, alimentando un dibattito infuocato sulle responsabilità incrociate.

Quello di Papiri non è un episodio isolato. Quattro giorni prima, nel vicino Kebbi State, un altro gruppo aveva sequestrato 25 studentesse da una scuola superiore. In Kwara, durante un attacco a una chiesa, erano stati rapiti 38 fedeli. Altrove – Zamfara, Kaduna – i banditi puntano a scuole, villaggi, convogli stradali. La Nigeria sta vivendo un ritorno ciclico dei rapimenti di massa a scopo di riscatto, un’economia del sequestro che prospera in territori porosi e zone naturali difficilmente presidiate. Il Presidente Bola Ahmed Tinubu ha ordinato l’intensificazione delle operazioni e, secondo la stampa nazionale, avrebbe rinviato impegni esteri per seguire la crisi.

Nella Nigeria nord-occidentale e nel Nord-Centro, gli assalti a scuole e chiese vengono spesso attribuiti a reti di banditi che controllano porzioni di foresta e savana, abituati a colpire per denaro: riscatto, estorsioni ai villaggi, tassazioni informali ai commerci. Nell’estremo Nord-Est operano invece Boko Haram e ISWAP, con una matrice ideologica chiara. Ma la geografia dei santuari è cambiata, soprattutto nelle fasce intermedie del Paese, complicando qualsiasi etichetta. Il vasto Kainji Lake National Park, tra Niger e Kwara State, è da anni segnalato come rifugio per gruppi armati: un mosaico di radure e foreste dove – secondo testimonianze locali e denunce parlamentari – le ranger station sono state abbandonate, lasciando ad aggressori muniti di moto e armi leggere un territorio perfetto per sparire. Se a Papiri abbiano agito banditi “puri” o elementi con contatti jihadisti non è chiaro; ciò che è evidente è la facilità di movimento in aree scarsamente presidiate.

Il rapimento di 315 persone a Papiri arriva in un Paese che, dieci anni dopo Chibok, non è riuscito a spezzare la spirale. Secondo UNICEF, negli ultimi dieci anni oltre 1.600 studenti sono stati sequestrati in attacchi contro istituti; decine i membri del personale scolastico rapiti o uccisi; oltre 70 gli attacchi censiti contro scuole. L’elenco dei maxi-sequestri è una geografia della paura: Kuriga, 227 alunni rapiti nel marzo 2024; Kankara, Jangebe, Tegina, Kagara, una sequenza di colpi che, dal 2020 al 2021, ha messo in ginocchio intere comunità. Nonostante operazioni militari e piani di sicurezza, la spirale non si è spezzata e Papiri, con i suoi 315 ostaggi, diventa uno dei peggiori episodi del 2025.

Sul fronte delle politiche, la Nigeria ha adottato gli Standard Minimi per le Scuole Sicure e programmi per rafforzare non solo muri e cancelli ma anche procedure interne: allarmi, piani di evacuazione, formazione del personale, perimetri illuminati, contatti diretti con la polizia. Ma molte scuole nelle aree più esposte faticano ad applicare anche le misure basilari: fondi insufficienti, assenza di vigilanza armata, burocrazia lenta, comunicazioni poco chiare. Papiri lo dimostra: una struttura recintata e relativamente moderna non ha impedito a una colonna di moto di violare il perimetro e trascinare via centinaia di persone in pochi minuti.

Nelle ore successive all’attacco, la Polizia del Niger State ha annunciato l’invio di unità tattiche con il supporto dell’Esercito e di cacciatori locali che conoscono piste e depressioni della savana. Nei villaggi circostanti, intanto, si sono radunate decine di famiglie: cercano nomi in elenchi provvisori, bussano alle porte della parrocchia, chiedono notizie ai referenti della CAN. Alcuni ragazzi, secondo testimoni, sarebbero riusciti a scappare nelle prime fasi della marcia; altri sarebbero stati divisi in gruppi più piccoli, una strategia che rende più difficile un intervento diretto. Nessun riscatto ufficiale è stato chiesto, nessuna rivendicazione diffusa: un silenzio che, in Nigeria, è quasi sempre un messaggio.

L’accusa che la St. Mary’s abbia riaperto nonostante un allarme rosso ha acceso un dibattito immediato. I dirigenti scolastici, soprattutto nelle aree rurali, vivono tra due pressioni: garantire continuità educativa ed evitare di trasformare la scuola in un edificio chiuso per settimane. Dall’altra parte, la catena di comando statale – governatore, segretario del governo, polizia, intelligence – è chiamata a comunicazioni inequivocabili, tracciabili e tempestive. In territori vasti e vulnerabili il margine d’errore è minimo: quando si parla di scuole nel Nord-Centro della Nigeria, tra un allarme e una strage c’è lo spazio di un solo cancello aperto.

Le scuole restano bersagli perfetti per chi cerca riscatti: catturare decine o centinaia di studenti di un convitto significa garantire un bottino “negoziabile” e mettere pressione immediata sul governo. La logistica dei sequestri sfrutta moto leggere, sentieri tra le fattorie e vie di accesso verso parchi e aree protette. Una volta penetrati nel bush, i rapitori possono dividere gli ostaggi in micro-gruppi, disperderli e costringere lo Stato a trattative lunghe e costose, alimentando il circuito stesso del banditismo.

Sul piano operativo, la priorità ora è localizzare il gruppo principale e impedire la frammentazione degli ostaggi. Le autorità del Niger State coordinano con le forze federali e con i vigilanti locali, mentre capi tradizionali e notabili religiosi attivano i canali di mediazione informale. È un meccanismo consolidato che in passato ha riportato a casa gruppi numerosi ma spesso a prezzo di riscatti che rafforzano i gruppi criminali. La linea ufficiale, per ora, è quella della pressione militare, ma in casi come questo le trattative avvengono anche senza essere annunciate.

Ogni rapimento di massa produce una scia profonda: studenti che abbandonano la scuola, insegnanti che chiedono trasferimenti, famiglie che temono il ritorno in aula. In molte aree del Nord e del Centro migliaia di bambini hanno interrotto gli studi o sono costretti a seguirli attraverso radio, televisione o piattaforme digitali. È una perdita di capitale umano che costerà al Paese miliardi e che alimenta il terreno fertile per nuove reclute di gruppi criminali. Investire in scuole sicure, qui, non è filantropia: è un pezzo di sicurezza nazionale.

La tragedia della St. Mary’s diventa così uno stress test per l’intero sistema nigeriano. Il numero 315 è un promemoria della fragilità delle istituzioni e della necessità di una catena di comando chiara. Perché ogni giorno passato nel bush è un giorno sottratto all’istruzione, alla fiducia, ai sogni. La prima urgenza è riportare a casa tutti. La seconda – forse la più difficile – è garantire che alla prossima alba la campanella torni a suonare più forte delle moto.

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori