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Sanità, liste d’attesa infinite: a Venaria nasce lo sportello che difende i diritti dei pazienti

Un nuovo strumento per orientarsi nella giungla delle prenotazioni sanitarie. Ecco come fare

Sanità, liste d’attesa infinite: a Venaria nasce lo sportello che difende i diritti dei pazienti

Sanità, liste d’attesa infinite: a Venaria nasce lo sportello che difende i diritti dei pazienti

C’è un momento in cui la politica smette di rassicurare e la realtà torna a bussare con un pugno secco sul tavolo. È quando scopri che per una visita oculistica ti danno appuntamento tra quattro mesi, che per una colonscopia devi sperare in una disdetta, che per una RM ti propongono una data che scivola oltre le otto settimane. È il punto in cui capisci che non sei più un paziente, ma una pratica in attesa. E che l’attesa, in Piemonte, ha mille volti ma un’unica sostanza: troppi giorni, spesso fuori dagli standard previsti per legge.

In questo scenario arriva a Venaria  “SOS Liste d’Attesa”, uno sportello che nasce senza proclami istituzionali, ma con un obiettivo semplice e quasi rivoluzionario: ricordare ai cittadini che hanno dei diritti. E che quei diritti non sono un favore, non sono concessioni, non sono carità amministrativa. Sono un patto scritto nella normativa nazionale e regionale, un patto che promette tempi certi per visite, esami e interventi. Tempi che poi, nella realtà, diventano elastici, dilatati, imprendibili. Il comunicato che presenta l’iniziativa lo dice senza giri di parole: un servizio per garantire il diritto alle cure senza rinunce.

Qui si parla alle persone che aspettano. A chi, davanti allo sportello o al telefono del CUP, si sente rispondere “liste chiuse”, “non abbiamo disponibilità”, “provi il mese prossimo”. Parole riportate anche nel materiale distribuito sul territorio, dove le nuvolette grafiche riprendono la voce dei cittadini: “Tempi lunghissimi?”, “Liste chiuse?”. Non è un caso. È la sintesi perfetta della quotidianità sanitaria di migliaia di piemontesi.

Eppure la normativa è chiarissima: cure entro 72 ore per le urgenze, entro 10 giorni per le visite “brevi”, entro 30 giorni per le visite differibili e entro 60 giorni per la diagnostica. È scritto, è pubblicato, è vincolante. Ma a Venaria, a Torino, a Ivrea, a Carmagnola, dovunque si provi a prenotare una risonanza o una visita cardiologica, quelle scadenze sembrano più un auspicio che un impegno. E i numeri ufficiali lo confermano: per il campione nazionale delle 42 prestazioni non urgenti monitorate, in Piemonte l’attesa media è di 37 giorni. Un valore che sfiora l’obiettivo, ma non lo raggiunge. Un valore che è una media: e le medie, si sa, raccontano solo metà della storia.

L’altra metà la raccontano i cittadini. Soprattutto quelli più fragili, i pensionati, chi vive solo, chi non ha la forza di battersi contro un muro di telefoni occupati. È per loro che nasce questo sportello, promosso da una rete di realtà del territorio che hanno deciso di mettersi insieme per costruire una risposta concreta. Non un’operazione simbolica, ma un servizio reale: aiutare le persone a scrivere e inviare una istanza formale alla propria ASL, segnalando il mancato rispetto dei tempi e chiedendo l’attivazione del diritto alla prestazione.

È una parola che pesa, in un’Italia abituata a rassegnarsi: diritto. Nel materiale informativo viene stampata addirittura in grassetto: “Non rinunciare alle cure”. Non è uno slogan. È il punto politico, giuridico, sociale di questa storia. Perché rinunciare è il vero rischio. Lo confermano i dati nazionali: le liste d’attesa troppo lunghe sono una delle principali cause di mancato accesso alle cure. Sono il fattore che trasforma la povertà in malattia e la malattia in emergenza. E nel comunicato la frase è limpida: spesso causa di rinuncia alle cure, soprattutto tra le fasce più vulnerabili.

Ecco il punto: non stiamo parlando solo di organizzazione sanitaria. Stiamo parlando di uguaglianza. Perché chi può permetterselo, quando il CUP dice “non abbiamo date”, prende appuntamento nel privato. Chi non può, aspetta. O rinuncia. Oppure peggiora, e finisce in pronto soccorso. È la spirale che conosciamo da anni, quella che il Covid ha allargato e che oggi pesa come un macigno sulla tenuta del sistema.

L’iniziativa vuole infilarsi esattamente in quella crepa. E lo fa con strumenti concreti. Niente proteste astratte, niente petizioni vaghe. Qui si parla di accompagnare le persone nella scrittura delle istanze di tutela, quelle che obbligano l’ASL a rispondere e prendere in carico la situazione. È un percorso poco conosciuto, quasi occultato dal linguaggio tecnico. Gli operatori provano a tradurlo in italiano corrente: se l’attesa supera i limiti, hai il diritto di chiedere che venga rispettato ciò che è scritto nella ricetta. E se la ASL non ha spazi, deve cercare alternative. Perché così dice la legge. Non i volontari, non i comitati: la legge.

Ci sono due dettagli che raccontano più di mille frasi. Il primo: lo sportello aprirà solo su appuntamento. Segno che la domanda prevista è alta, altissima. Il secondo: gli orari scelti – lunedì mattina e mercoledì pomeriggio, Viale Buridani 11/2 a Venaria – sono quelli dei servizi che prima di tutto vogliono essere accessibili. Non un ufficio chiuso in un palazzo, ma una porta aperta sulla strada. È una scelta politica, prima ancora che logistica. È dire: la sanità pubblica non vive solo nelle delibere, vive dove vivono le persone che devono usufruirne.

Il contesto territoriale rende tutto ancora più evidente. Venaria non è un’isola. Fa parte di un quadrante dell’area metropolitana torinese dove la pressione sulla sanità cresce da anni: popolazione anziana, cronicità diffuse, accesso agli ospedali torinesi sempre più complesso, carenza di medici di base in alcune zone. In questo mosaico, ogni settimana di attesa in più pesa doppio. Ogni visita differita si trasforma in un problema sociale, non solo clinico.

C’è anche una dimensione culturale che non va ignorata. Viviamo in un Paese in cui chiedere il rispetto di un diritto è visto quasi come un atto di disturbo. Dove lamentarsi del CUP sembra maleducazione. Dove si tende a dire “vabbè, aspetto”, anche quando aspettare significa rinunciare. “SOS Liste d’Attesa” prova a ribaltare questo schema. Non chiede di alzare la voce, ma di usare gli strumenti esistenti. Non incoraggia il conflitto, ma la consapevolezza. È più rivoluzionario di quanto sembri.

Naturalmente non è un progetto che può risolvere la crisi strutturale delle liste d’attesa. Non può assumere medici, non può riorganizzare gli ospedali, non può aumentare il numero delle macchine diagnostiche. Ma può fare una cosa altrettanto importante: rompere la solitudine dei pazienti. Rendere visibile ciò che spesso resta invisibile. E soprattutto può ricordare a tutti – cittadini, ASL, politica – che il diritto alla cura non è una formula astratta, ma un orizzonte da difendere ogni volta che viene negato.

E forse è proprio questo il valore più grande dell’iniziativa: riportare il tema sulla terra, dentro la vita quotidiana. Perché le liste d’attesa non sono numeri, sono giorni. Giorni in cui un dolore non passa. Giorni in cui un dubbio cresce. Giorni in cui un esame che non arriva diventa paura. Trentasette giorni di media non sono un successo. Sono un campanello. Uno dei tanti.

La vera sfida, ora, è capire se questa piccola rete solidale potrà diventare un modello. Se altri territori seguiranno. Se la politica – quella vera, quella che decide le risorse – saprà ascoltare. O se continuerà a parlare di “rientro alla normalità” mentre la normalità, per molti, resta un appuntamento rinviato.

"Il progetto "SOS Liste di Attesa" è promosso dalla Federazione Anziani e Pensionati delle Acli (FAP Torino) in collaborazione con il Circolo Acli di Venaria, Acli Città Metropolitana di Torino, il Patronato Acli Torino, la SOMS (Società Mutuo Soccorso di Settimo Torinese, Fondazione Pace DemocraziaSolidarietà e l' Associazione di Volontariato GRH (Genitori Ragazzi Handicappati) di Druento - si legge in una nota stampa diffusa oggi -. Grazie alla collaborazione con il Sistema Acli e il supporto di altre organizzazioni locali operanti sul territorio, intendiamo costruire una rete solidale che possa realmente fare la differenza per chi si trova in difficolta. Il servizio consiste nell'aiutare i cittadini a predisporre e inviare una istanza alla propria ASL di competenza dove dichiarare i problemi per non aver ricevuto le cure nei tempi prescritti dalla ricetta".

Gli sportelli SOS partiranno lunedi 1 dicembre 2025 e saranno aperti il lunedi dalle 9,00 alle 12,00 e il mercoledì dalle 14,30 alle 17,00 presso la sede del Circolo Acli di Venaria – Viale Buridani 11/2, Venaria Reale, solo su appuntamento (3355862350 – 0114597570) mail: aclivenariaaps@gmail.com.

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