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Ragazza data alle fiamme in metro: un’aggressione che sconvolge la Blue Line

A bordo di un convoglio affollato, a pochi minuti dalle 21:25 di lunedì 17 novembre 2025, una lite si trasforma in orrore: la giovane viene cosparsa di liquido infiammabile e incendiata. Il sospetto, un uomo sui 45 anni, fugge alla fermata di Clark/Lake. La donna è in condizioni critiche allo Stroger Hospital. La città si interroga su sicurezza, prevenzione e responsabilità.

Ragazza data alle fiamme in metro: un’aggressione che sconvolge la Blue Line

Ragazza data alle fiamme in metro: un’aggressione che sconvolge la Blue Line

Nel corridoio metallico del vagone, tra il sibilo delle porte e il ronzio stanco dei neon, qualcuno urla Fire!, e la parola rimbalza contro le pareti come una detonazione. Il treno della Blue Line frena di colpo, scosso da un’inerzia improvvisamente ostile, e nel groviglio di corpi che si spostano verso le uscite un’ombra scompare, inghiottita dal flusso anonimo dei pendolari. Una giovane donna di 26 anni non ha la stessa possibilità di dissolversi: brucia. Non è una metafora, non è iperbole narrativa. È accaduto davvero, nel cuore della metropolitana di Chicago, a pochi metri dallo snodo di Clark/Lake, uno dei nervi scoperti del trasporto cittadino. Secondo le prime ricostruzioni, l’aggressore – un uomo descritto come un soggetto sulla quarantina, forse 45 anni – avrebbe versato addosso alla vittima un liquido ancora non identificato per poi incendiarla nel mezzo di una lite esplosa a bordo. L’uomo fugge alla prima possibilità; la donna viene invece trasportata in condizioni critiche allo Stroger Hospital, uno dei luoghi che in città conoscono meglio il linguaggio terribile delle ustioni. Chicago, intanto, trattiene il respiro: è l’ennesima storia che si insinua nelle crepe della sua quotidianità.

I fatti si snodano con la precisione di un incubo cronometrato. È lunedì 17 novembre 2025, sono le 21:25 circa, e il convoglio sta attraversando il tratto all’altezza di West Lake Street. Qualcosa tra i due passeggeri degenera in pochi istanti: voci alterate, un gesto che non ricompone più nulla, poi il liquido, poi il fuoco. Quando il treno si ferma a Clark/Lake, l’uomo scende e si dilegua; la donna, ormai avvolta dalle fiamme, tenta di uscire dal vagone e crolla sul marciapiede. I primi soccorritori – passeggeri, personale della CTA, vigili del fuoco accorsi subito – spengono le fiamme prima dell’arrivo delle ambulanze. Le ustioni sono gravi, il dolore indicibile, e gli infermieri della stabilizzazione sul posto parlano immediatamente di un quadro critico. Il trasferimento allo Stroger, struttura che ospita una delle Burn Unit più avanzate degli Stati Uniti, avviene in pochi minuti ma non basta a sciogliere la tensione visibile nei volti di chi ha assistito alla scena. La circolazione della Blue Line riprende soltanto all’1:30 di notte, dopo un intervento coordinato tra CTA, Chicago Police Department e Chicago Fire Department, che devono ripulire la piattaforma, acquisire le prime immagini, ascoltare testimonianze. Nel frattempo, il cuore cittadino non si ferma, ma pulsa con un ritmo più nervoso.

Nelle ore successive, le indagini si muovono con la cautela tipica dei casi in cui ogni dettaglio può essere decisivo. La dinamica è chiara, la brutalità evidente, ma sull’identificazione dell’aggressore regna ancora incertezza. Alcune testate parlano del fermo di una “person of interest”, altre mantengono un prudente silenzio in attesa di conferme ufficiali. La Arson Section del Bureau of Detectives procede come nei casi più complessi: revisione sistematica delle CCTV interne ai vagoni e alla stazione, analisi dei residui chimici, raccolta delle testimonianze, verifica di eventuali percorsi di fuga registrati sulle piattaforme superiori della stessa Clark/Lake, dove le linee Green, Orange, Pink, Purple e Brown riversano senza sosta migliaia di passeggeri. È uno dei luoghi più sorvegliati di Chicago, ma anche uno dei più difficili da controllare quando qualcosa esplode all’improvviso. Nonostante l’altissimo volume di telecamere, ciò che accade in un vagone pieno resta spesso parziale, frammentato, a volte dettato dalla casualità dell’angolazione o dall’ombra che oscura per un secondo il volto dell’aggressore. È il motivo per cui, da martedì mattina, la formula scelta dagli investigatori resta una sola: l’uomo è ricercato, le indagini sono in corso, nessuna certezza è ancora spendibile in pubblico.

Intanto allo Stroger Hospital la giovane donna entra in un’altra dimensione, quella delle prime 24-48 ore, l’intervallo in cui le ustioni severe decidono la direzione della vita. Lo Stroger è un centro di riferimento per la gestione dei pazienti ustionati: più di 400 casi all’anno, terapie intensive dedicate, rianimazioni complesse, protocolli rigorosi sulla prevenzione dell’insufficienza d’organo e sulla gestione del dolore. A ogni turno, medici e infermieri si muovono come un unico organismo attorno a corpi feriti che chiedono tempo, ossigeno, calma, equilibrio idrico, protezione dalle infezioni. Non filtrano dettagli sull’identità della 26enne, come da prassi nei casi di aggressione, ma una fonte interna conferma la criticità estrema delle prime valutazioni. Nei corridoi dell’ospedale, quella parola gridata nel vagone – Fire! – si ripresenta ora sotto forma di un codice clinico.

fire

L’episodio arriva in un contesto che Chicago conosce fin troppo bene. Nel 2025 la città sta vivendo una significativa riduzione dei reati violenti rispetto all’anno precedente: gli omicidi in calo, le sparatorie diminuite di oltre il 30%, le rapine e le aggressioni aggravate in flessione. Il CPD e diverse testate locali sottolineano che la curva generale va nella direzione giusta. Eppure basta un singolo caso come questo per azzerare la percezione di sicurezza e riaprire la ferita della mobilità urbana come spazio fragile, esposto, vulnerabile. Clark/Lake è lo snodo più simbolico di questo equilibrio: scale, binari, piattaforme su piani diversi, un’architettura che mette insieme migliaia di persone ogni minuto ma che, proprio per questo, diventa anche il luogo in cui la violenza può insinuarsi nel silenzio di un corridoio o nell’anonimato di un’uscita laterale.

Chi c’era racconta una scena che non somiglia più a una normale serata pendolare: la giovane stesa a terra, i vestiti bruciati, il personale che corre tra i gradini, il caos composto delle evacuazioni rapide, il panico trattenuto in gola da chi non trova subito un posto dove appoggiarsi. Le testimonianze combaciano tra loro e con le prime acquisizioni del CPD. Alcuni parlano di urla soffocate, altri della velocità con cui l’uomo si è dileguato, altri ancora della terribile immobilità della ragazza subito dopo lo spegnimento delle fiamme. Non sono resoconti emotivi utili a piegare la realtà: sono tasselli di un mosaico investigativo ancora incompleto ma già allarmante nella sua precisione.

Resta, sulla scena e nella memoria di chi ha visto, l’immagine di un vagone ordinario trasformato in teatro di una violenza che non lascia alibi a nessuno. Resta la domanda su cosa possa spingere qualcuno a incendiare un’altra persona negli spazi condivisi della città, in un luogo che dovrebbe rappresentare mobilità, non terrore. Resta soprattutto la lotta di una giovane donna che in queste ore combatte in un reparto specializzato, circondata da medici che conoscono troppo bene l’aritmetica delle ustioni e il peso specifico del tempo. Saranno i prossimi giorni a chiarire il suo destino, e saranno le prossime ore a stabilire se la polizia riuscirà a identificare l’aggressore. Per ora Chicago osserva, attende, pretende risposte. Perché ciò che è accaduto su quel treno non può essere archiviato come una parentesi di follia. È un monito, uno di quelli che non si dimenticano, e che impone alla città una domanda semplice e feroce: come si impedisce a un incubo del genere di ripetersi?

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