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17 Novembre 2025 - 17:51
Via Roma deserta anche alla Fera dei Coj: due soli negozi rimasti e una sindaca che guarda altrove
La Fera dei Coj, ieri, avrebbe dovuto accendere Settimo Torinese come una volta: le vie piene, le voci, il profumo delle bancarelle, la gente che cammina, guarda, compra, si ferma. Avrebbe dovuto. Perché in via Roma, invece, ieri non è arrivato praticamente nessuno. E oggi, lunedì, resta solo l’amaro in bocca su una strada che continua a essere ignorata perfino nelle giornate in cui la città dovrebbe brillare.
Helen Rutigliano, una dei pochissimi commercianti rimasti aperti, ha raccontato un pezzo di verità che molti fingono di non vedere. «Ogni anno ci aspettiamo un po’ di attenzione… e invece niente», scrive. Una frase semplice, ma che brucia: perché ieri, domenica di festa, via Roma era un deserto. Un po' per il maltempo, un po' per caso, un po' per scelta ma non per una fatalità.
Le bancarelle? Altrove. Via Roma lasciata indietro.
Ad accendere un minimo di vita ci avrebbero pensato i banchi delle scuole, l’unica presenza assegnata alla via. Ma ieri, con la pioggia, se ne sono andati presto. Il risultato? Nessun presidio, nessun richiamo, nessuna salita di pubblico. «E i pochi espositori rimasti hanno chiesto di andare vicino agli altri banchi per non restare isolati», spiega Helen. Ed è impossibile biasimarli: chi vorrebbe restare solo in una via dove il Comune non mette nulla per trattenere la gente?
Una scelta che ha significato una sola cosa: via Roma abbandonata. Un’altra volta.
Morale? Helen ieri ha aperto il negozio presto, come sempre. «Abbiamo acceso le luci, decorato, messo in ordine», racconta. Il lavoro di chi crede ancora che qualcosa possa cambiare, che una fiera possa portare respiro a una via che ormai è più un ricordo che una strada commerciale. Ma alla fine, come ammette lei stessa, «ogni anno è la stessa storia». E quest’anno, nonostante la festa, è andata perfino peggio.
Una via moribonda. Due soli negozi rimasti aperti. Due, in tutta la via.
E i cittadini lo sanno bene. Nei commenti al suo sfogo su Facebook, una valanga di testimonianze dipinge un quadro che fa male. C’è chi ricorda che via Roma era più viva quando passavano le auto. Chi dice apertamente che Settimo è “una tristezza”. Chi accusa le scelte politiche degli ultimi anni. Chi parla di una città spenta, sacrificata ai centri commerciali e a una serie infinita di decisioni che hanno allontanato le persone invece di riportarle in centro.
Non sono lamentele: sono diagnosi.
E poi c’è chi insulta, chi deride, chi risponde con cattiveria. Perché sui social c’è sempre chi preferisce il veleno invece di guardare la realtà. Una realtà che Helen ha descritto con una frase che pesa come un macigno: «Fregandosene del fatto che in via Roma ci sarebbe stato il deserto». Ed è difficile darle torto.
La verità è che una fiera che esclude una via intera, anno dopo anno, non è tradizione: è miopia. È incapacità di vedere le ferite della propria città. È l’ennesima conferma che a Settimo c’è un centro che vale e un centro che non vale. E via Roma, da troppo tempo, è nel secondo gruppo.
Insomma: il grido di questa commerciante non è uno sfogo qualunque. È una richiesta di aiuto. È la testimonianza di una via che sta sparendo, di un pezzo di città che nessuno sembra voler salvare. Ed è anche l’amara verità su una fiera che, almeno su via Roma, ieri non è passata.

C’è un dettaglio che sfugge all’Amministrazione comunale di Settimo Torinese: il commercio non si salva da solo. Non si salva con gli slogan, non si salva con le foto ricordo, non si salva con i discorsi sulle “visioni” e le “strategie”. Si salva con le decisioni. E soprattutto con le priorità.
Oggi, in città, è rimasto in piedi talmente poco che perfino scriverlo fa impressione: due negozi in via Roma. Due. Eppure la politica locale sembra muoversi come se Settimo fosse Milano Marittima in alta stagione.
Si inaugura, si taglia, si brinda. Si celebra ogni nuova apertura di centri commerciali e outlet, compreso quello del lusso, con la sindaca pronta a sorridere davanti al nastro. Ma quando si tratta di sostenere i pochi veri negozianti rimasti, quelli che tengono accesa la città 365 giorni l’anno… improvvisamente cala il sipario.
Misure concrete? Zero. Idee? Neanche l’ombra. Un provvedimento utile, uno solo? Fantascienza.
Basterebbe poco: sconti sulle tasse comunali, parcheggi gratis, incentivi temporanei per non far morire ciò che resta. Basterebbe poco, anche solo ascoltare. E invece no. Quando si parla di commercio, alla sindaca Elena Piastra viene l'orticaria.
E non è nemmeno un problema di soldi—come dimostrano i 2,5 milioni di euro investiti tutti gli anni sulla cultura. Una cifra enorme per una città tutto sommato piccola e con le saracinesche chiuse. La verità è che a Settimo ci si comporta come quella famiglia che vive in una casa che cade a pezzi, ma guai a rinunciare al teatro e al cinema. Insomma si può anche dormire con le infiltrazioni dal soffitto, purché il salotto abbia un bel tendaggio color borgogna.
La cosa più ironica—se non fosse tragica—è che persino nella richiesta per partecipare al bando sui distretti del commercio, invece di mettere al centro i negozi, le loro difficoltà, la desertificazione delle vie, il Comune ha pensato… al Museo della Chimica che è poi l'ossessione della sindaca.
E così via Roma muore, pezzo dopo pezzo. Muore mentre la politica guarda altrove. Muore mentre il centro si svuota e i centri commerciali prosperano. Muore mentre si preferisce organizzare festival, mostre, talk, rassegne, progetti europei, rendering colorati e narrazioni ottimistiche.
Peccato che nessuno abbia trovato tre minuti—non tre milioni, tre minuti—per chiedersi come salvare quei due negozi che ancora respirano.
Se questo è governare una città, si può anche fare a meno di una sindaca. Se questo è amministrare, allora via Roma non è un problema: è una profezia. Una fotografia del futuro. Deserto, luci spente, e un altro nastro da tagliare da qualche parte, magari lontano, dove le vetrine restano illuminate… ma non sono di certo quelle dei negozi di Settimo.
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