Cerca

Attualità

Frassinetto ricorda don Fiorenzo Rastello: 65 anni da “vicario tra la sua gente”

Un pomeriggio di memoria e affetto nella chiesa di San Bartolomeo per celebrare il suo storico vicario.

Frassinetto ricorda don Fiorenzo Rastello: 65 anni da “vicario tra la sua gente”

Frassinetto ricorda don Fiorenzo Rastello: 65 anni da “vicario tra la sua gente”

Se fosse ancora in vita, don Fiorenzo Rastello avrebbe compiuto i 100 anni nello scorso mese di ottobre. È scomparso nel 2016 ma il suo ricordo resta vivissimo a Frassinetto, dove fu vicario per 65 anni, dal 1951 alla morte. La sua figura è stata commemorata nel pomeriggio di domenica 9 novembre nella chiesa parrocchiale di San Bartolomeo. Si è trattato di un evento all’insegna dell’informalità e del sorriso, a partire dal soggetto organizzatore, nientemeno che… il bollettino parrocchiale! Nella locandina era riportata infatti la dicitura “l’Eco della Quinzeina è lieta di invitarvi…”.

Chi conosce anche superficialmente Frassinetto ha sorriso leggendola ma senza stupirsi troppo: il bollettino e don Fiorenzo erano un binomio inscindibile, così come inscindibile era il legame tra il vicario ed i suoi parrocchiani.

Si è parlato di lui in vari modi: attraverso i discorsi delle autorità intervenute, gli intermezzi dei presentatori della giornata – Alberto Giovannini, Luca, Federico Bollarino e Lorenzo Perono – le letture di stralci del bollettino, i ricordi di alcuni parrocchiani ed anche attraverso la musica. Quella del fisarmonicista Gabriele Giolitto, che si è esibito nelle canzoni preferite dal vicario – “Frassinetto in fior” e “Cimitero di rose” – e quella di Michela Varda, la pianista pontese che suonò in quella stessa chiesa quand’era ancora una bambina.

Don Aldo Vallero, ex-parroco di Pont, ha ricordato come quella di don Fiorenzo non fosse “una fede di facciata. Era profondamente cosciente della sua missione di sacerdote e si comportava nei confronti dei suoi parrocchiani come un vero padre di famiglia”. Dopo la morte del vicario fu lui, per qualche anno, a gestire la parrocchia, ora amministrata da padre Franco Sbrogiò. Anche secondo il sindaco di Pont Paolo Coppo “non fu solo il parroco ma l’anima del suo amato paese, un vero pastore: semplicità, generosità, attenzione verso i malati ed i sofferenti erano le sue caratteristiche. Era un punto di riferimento, un mediatore nelle liti, un conforto nei momenti di difficoltà. Sono stato molto vicino a lui nella preparazione del bollettino ed era impressionante vedere quanta cura gli riservasse”.

I ricordi del sindaco di Frassinetto Marco Bonatto Marchello sono quelli di chi don Fiorenzo lo ha conosciuto e costantemente frequentato fin da piccolo. Ha citato le sue esperienze di chierichetto: “La benedizione pasquale nelle case era un avvenimento atteso con ansia: durava due giorni, due giorni e mezzo, cominciando rigorosamente dalle frazioni anziché dal centro, e si concludeva, l’ultimo pomeriggio, con una meravigliosa merenda”. Poi c’erano la passione del vicario per il calcio e la richiesta, ripetuta negli anni agli amministratori via via succedutisi, di un campo adeguato per i bambini del posto e per i tanti ragazzi che trascorrevano lassù i mesi estivi, con le famiglie o in colonia. “In seguito – ha proseguito Bonatto – mi sono confrontato con lui come sindaco. Una cosa bellissima è stata l’aver donato al Comune la Casa della Santissima Annunziata, che per decenni era stata gestita dalle suore”.

Don Fiorenzo, che teneva moltissimo ad essere chiamato vicario e ci rimaneva male se qualcuno non lo faceva, era diventato ben presto il portavoce delle esigenze e delle richieste dei frassinettesi. Come ha sottolineato Alberto Giovannini: “Ha collaborato seriamente con le amministrazioni comunali e qualche volta le ha criticate, con la schiettezza che tutti quanti conosciamo”. Il bollettino era lo strumento privilegiato di comunicazione “dove si parlava e si mettevano in evidenza tanto le cose positive che le criticità”.

Quando nel 1951 don Fiorenzo arrivò a Frassinetto, la vita era ancora molto dura per la popolazione e mancavano i servizi essenziali. La strada non era asfaltata e percorrerla con la pioggia rappresentava un serio problema; non c’era un servizio pubblico di trasporto e in molte borgate – raggiungibili solo attraverso i sentieri – la luce elettrica e l’acqua corrente nelle case parevano un miraggio. “Povera Frassinetto – scriveva dieci anni più tardi – in luglio ed agosto abbiamo avuto tantissime presenze, con gli alberghi costretti a respingere molte prenotazioni ma torneranno ancora questi villeggianti, preoccupati per l’incolumità delle proprie auto? Una strada sicura è necessaria ai turisti e ai frassinettesi, che devono scendere a valle per andare a scuola, lavorare, fare acquisti”. Finalmente la Provinciale per Pont venne asfaltata e non solo quella mentre arrivavano acqua e luce anche nelle borgate.

In un altro numero del bollettino, quello dell’ottobre 1963, si può leggere il racconto delle complicatissime operazioni di trasporto e collocazione della grande croce posta sulla punta della Quinzeina. L’iniziativa era partita dal vicario ed era stata portata a termine con la collaborazione dell’intero paese.

In quegli anni aprì la Casa della Santissima Annunziata, gestita dalle Suore: Suor Fiorentina, allora giovanissima, ha portato la sua testimonianza attraverso un video. La struttura era Casa di Riposo ma fungeva anche da piccolo ospedale, da mensa per gli scolari e le maestre; vi si teneva il doposcuola, vi giocavano i bambini, vi si organizzava il carnevale. Fu lì che il vicario andò ad abitare quando venne a mancargli l’indispensabile presenza della perpetua Giulia. Alberto Giovannini (che è regista, attore e scrittore) ed una delle attrici del suo gruppo, Anna Marchiando, hanno riprodotto uno spaccato di vita quotidiana, con il sacerdote impegnato a preparare l’amato bollettino mentre lei lo esorta a lavorare di meno e a riposare di più. Nella scenetta emergono alcuni tratti distintivi della sua personalità: l’ipersensibilità agli spifferi d’aria, la golosità unita alla capacità di rinunciare ai dolci per darli ai bambini, il suo affetto verso i piccoli malcelato sotto un’apparenza burbera e svelato dalle tasche sempre rigonfie di caramelle.

Già, le caramelle. “Ogni volta che me ne metto una in bocca penso a lui” – ha detto il sindaco. Se le ricorda anche il diacono pontese Maurizio Rastello che il vicario definiva “mio lontano parente”: lo faceva con tutti quelli che portavano il suo stesso cognome così come per lui era “oriundo frassinettese” chiunque annoverasse in paese un vago legame familiare.

“Quando veniva in classe a farci lezione di Religione – ha ricordato in un’altra testimonianza registrata la missionaria suor Petra – ad ogni risposta esatta ne estraeva dalle tasche una manciata ma un premio di consolazione lo dava a tutti”.

Erano così tipiche queste caramelle che ad un certo punto due parrocchiane sono passate tra i banchi con i cestini delle offerte ma non per chiedere soldi bensì per offrire le Cri Cri! La medesima suora ha ricordato come all’Ufficio Postale lo vedesse armeggiare furtivamente nelle borse delle vecchiette per farvi scivolare di soppiatto qualche soldo.

Era davvero un frassinettese tra i frassinettesi come hanno ricordato una serie di immagini fatte scorrere sullo schermo: lo ritraggono con l’elmetto da cantiere, con il cappello da alpino, con quello di paglia da contadino, con la camicia a quadri da montanaro ed infine con l’abito talare.

“Nel 1991 – è stato ricordato – festeggiò i 40 anni con i priori del 1951: per loro erano quarant’anni di vita, per lui 40 di sacerdozio ma si sentiva un coscritto fra coscritti”.

Si entusiasmava per i prati fioriti come per le opere umane. Per 13 anni in paese venne organizzato un apprezzato Presepio Vivente e ne scriveva così: “Nessuno dovrebbe perderselo: ha un fascino trascendentale ed intraducibile”. Aveva anche coraggio nell’affrontare imprese arrischiate: alla fine degli Anni Cinquanta, dopo una visita della sovrintendente Noemi Gabrielli, accettò di far trasportare a Torino la preziosa “Deposizione di Cristo” del pittore Carlo Bonatto Minella, bisognosa di restauri. Non sapeva come l’avrebbe pagata ma – scriveva – “confido nella generosità dei parrocchiani”.

Non si può non concludere tornando sul bollettino, quel bollettino dalla sintassi particolarissima (“la studiano all’Università” – ha scherzato Giovannini), con frasi interminabili prive di punteggiatura, immagini colorite e descrizioni meteorologiche di estrema precisione: per ogni nevicata riportava i centimetri di neve caduta e se fosse farinosa o gelata; tuoni e fulmini erano descritti con grande dovizia di particolari; il ritorno del sole dopo il brutto tempo salutato con il debito entusiasmo.

Quei preziosi bollettini si sta provvedendo a rilegarli: il primo volume è pronto. Ne seguiranno altri 19, consultabili a richiesta presso il Comune. L’idea però è quella di digitalizzarli.

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori