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A Chivasso gli studenti misurano la crisi del Po: i dati che non possiamo più ignorare

Il progetto del Liceo Newton diventa un modello di ricerca civica sul territorio

A Chivasso gli studenti misurano la crisi del Po: i dati che non possiamo più ignorare

Il fiume Po nel tratto in cui attraversa Chivasso

C’è una domanda che aleggia nelle stanze di Palazzo Einaudi, sabato mattina, mentre studenti e studiosi riempiono ogni sedia: quanto vale davvero l’acqua quando smette di essere scontata? È la domanda che il Liceo Isaac Newton di Chivasso ha scelto di inseguire per due anni, scavando, misurando, analizzando. Ed è la stessa domanda che ha dato forma al convegno “L’Oro Blu”, un incontro che, già nei numeri, racconta la gravità del tema: presidi universitari, enti pubblici, associazioni, amministrazioni locali. Tutti lì, raccolti davanti ai dati di un fiume – il Po – che non ha più la pazienza di aspettarci.

Il progetto, sostenuto da Regione Piemonte, MIM, MASE, dal comitato territoriale Iren Torino, dal Comune di Chivasso, dall’Università di Torino e dagli Amici del Po, non è stato l’ennesima esercitazione scolastica. Gli studenti hanno prelevato campioni in diversi punti del tratto chivassese del fiume, hanno passato ore nei laboratori, hanno confrontato i dati con quelli raccolti al lago di Candia. Hanno cercato risposte e, come spesso accade quando si parla di ambiente, hanno trovato soprattutto domande nuove. Domande più scomode.

Dietro ogni provetta, ogni analisi, c’è la conferma di ciò che sappiamo e fingiamo di non sapere: microplastiche, PFAS, impoverimento delle falde, siccità ciclica, eventi estremi. L’acqua che scorre oggi non è più l’acqua di ieri. È più sporca, più instabile, più contesa. E gli interventi dei relatori non hanno fatto alcuno sconto alla realtà.

Gli studenti coinvolti nel progetto

Il vicesindaco Pasquale Centin e l’assessore all’Ambiente Fabrizio Debernardi hanno ricordato come la tutela della risorsa idrica sia diventata ormai materia di politica quotidiana, non più rinviabile. Francesco Tresso, presidente della Riserva Unesco MaB CollinaPo, ha portato in sala l’immagine di un ecosistema che prova a difendersi, mentre noi continuiamo a chiedergli più di quanto possa dare. Secondo Barbero, direttore di ARPA Piemonte, ha tradotto in linguaggio semplice la complessità dei dati: il quadro non è catastrofico, ma è serio, e non da oggi.

Le ricercatrici Anna Marino ed Erika Cottone dell’Università di Torino hanno raccontato ciò che gli studenti avevano già intuito durante il lavoro sul campo: le microplastiche non sono un’anomalia, sono una presenza stabile. Invisibili ma pervasive. Granelli di una modernità che abbiamo disperato nelle acque e che ora torna galleggiando verso di noi. Rossana Bellopede e Tonia Tommasi del Politecnico di Torino hanno aggiunto al quadro gli aspetti tecnici, mettendo in fila gli indicatori dello stress ambientale dei corsi d’acqua. Indicatori che nessun amministratore, oggi, può permettersi di ignorare.

E poi c’è stato l’intervento di Vinicio Milani, presidente degli Amici del Po di Chivasso, che ha ricordato una verità banale e insieme dimenticata: il fiume non è un tema. È un vicino di casa. E come tutti i vicini, prima o poi bussa. A volte con una piena, a volte con una secca che spacca il terreno. A volte con l’odore della plastica macinata.

La forza del convegno non è stata nei titoli degli enti coinvolti, ma nel modo in cui il lavoro degli studenti è stato trattato: non come un esercizio didattico, ma come ricerca vera, capace di dialogare con chi, di acqua, si occupa per mestiere. Quando i ragazzi hanno presentato i risultati, non c’era nulla di ingenuo: numeri, mappe, grafici. Errori e correzioni. Confronti. È così che si costruisce la consapevolezza civica, quella vera, quella che non arriva dai post sui social ma dal toccare il fiume, sentirne la temperatura, misurare ciò che non si vede.

E mentre scorrevano gli interventi, diventava chiaro un concetto: il cambiamento climatico non è più un capitolo introduttivo dei convegni, è lo scenario in cui ci muoviamo. Il Po lo racconta meglio di qualsiasi relazione tecnica. Lo raccontano le sue portate ridotte, lo raccontano le sponde che ingialliscono prima del tempo, lo raccontano i dati sui PFAS, che ormai non sono più “sospetti” ma presenze certe. Lo raccontano le immagini dei campioni prelevati dagli studenti: piccole particelle, quasi impercettibili, che però definiscono già il futuro.

Il paradosso, se vogliamo vederlo, è tutto lì: mentre il dibattito pubblico si perde in slogan, a Chivasso un gruppo di ragazzi di un liceo ha misurato ciò che molti preferiscono ignorare. E lo ha portato dentro un palazzo storico, mettendolo davanti a politici, tecnici, amministratori. Non per accusare, ma per chiedere: e adesso?

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