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Gattuso attacca: “Ci auguravano la morte”. San Siro chiamato all’assalto contro Haaland

Polemiche, veleni e 66 mila tifosi per una partita che vale poco ma pesa tantissimo: l’Italia cerca orgoglio e risposte contro la Norvegia, mentre il ct smonta La Russa e guarda già ai playoff

Gattuso attacca: “Ci auguravano la morte”. San Siro chiamato all’assalto contro Haaland

Gattuso attacca: “Ci auguravano la morte”. San Siro chiamato all’assalto contro Haaland

San Siro torna a ruggire. Oltre 66 mila biglietti polverizzati e un Meazza pronto a spingere l’Italia fuori dalle scorie degli ultimi giorni, dentro una partita che vale poco per la classifica ma tantissimo per l’orgoglio. Domani arrivano Haaland e la sua Norvegia, e sulla carta servirebbe un 9-0 da leggenda per staccare il pass diretto ai Mondiali 2026. Fantacalcio? Probabile. Ma Gennaro Gattuso non è uno che butta via la scaramanzia: «È una partita utile per capire a che livello siamo», dice con lo sguardo di chi non regala nulla a nessuno.

Prima, però, il ct ha dovuto togliersi un paio di sassolini. E non piccoli. Rientrando sul terremoto di Chisinau, ha risposto secco al presidente del Senato Ignazio La Russa, che aveva minimizzato i fischi: «Rispetto ciò che dice La Russa, ma non so dove fosse quella sera. Non era allo stadio e non l’ha vista nemmeno in tv. Là non erano fischi: c’era gente che ci augurava la morte, gente che minacciava di venire a Coverciano, che ci diceva che dovevamo andare a lavorare. I fischi si accettano, ma questo era altro. Questo non si può accettare».
Parole che colpiscono come una scivolata di quelle dure, di quelle che non lasciano dubbi.

stadio san siro

Chiusa la pagina moldava, la testa va alla Norvegia. Una squadra che sei mesi fa aveva imbrigliato l’Italia, mettendola all’angolo con il suo blocco difensivo compatto e improvvise stilettate in avanti. «Il 9-0 è impensabile, mai dire mai nel calcio, ma bisogna guardare la realtà», riflette Gattuso, che però non risparmia un elogio agli avversari: «Hanno dimostrato qualità enormi, meritano ciò che hanno ottenuto».
L’Italia, invece, domani si gioca una cosa sola: l’orgoglio.

E lo fa con qualche assenza pesante: Calafiori fermato da un affaticamento, Tonali preservato per evitare una squalifica che potrebbe pesare come un macigno nei playoff di marzo. A centrocampo ci sarà comunque Frattesi, diffidato ma imprescindibile. Davanti, spazio a Pio Esposito accanto a Retegui. E anche qui, Gattuso ha chiaro il messaggio: niente pressioni da eroe da predestinato. «Non carichiamolo. Domani deve fare solo Pio. Non deve dimostrare niente. Ha una maturità incredibile per l’età che ha, ma deve semplicemente fare ciò che sa fare».
Tradotto: piedi per terra, ma pronti a graffiare.

Sul futuro, sul marzo che incombe, l’aria resta tesa. Il ct sa che i playoff sono un sentiero stretto, strettissimo, e sa anche che non potrà contare su miracoli organizzativi: «Il presidente ci sta lavorando, ma da solo non può fare magie. Spostare le partite di Serie A per noi è quasi impossibile. Speriamo almeno in 1-2 finestre per vedere i calciatori».

Non manca l’ironia – amara – su un tema che lo ha fatto finire nel mirino oltre oceano: il format delle qualificazioni. «Non voglio più parlarne. In Sudamerica mi stanno massacrando. Viviamo in un mondo in cui non si può dire niente. Ormai non posso andare da nessuna parte», sorride, amaramente. «Vorrei dire la mia, ma forse è meglio che un giorno il presidente venga qui a fare una bella intervista: c’è chi ne sa più di me».

Domani, intanto, c’è un San Siro pronto a gonfiare il petto. E un’Italia che, se proprio non può cambiare la classifica, può almeno cambiare il vento. Con il suo calcio. Con il suo carattere. Con la sua rabbia buona. E con il suo ct, Gattuso, che in conferenza stampa ha fatto capire a tutti che i playoff non si affronteranno in silenzio. Ma con i denti stretti. E la testa alta.

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