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Telecontact in sciopero: presidio a Ivrea contro la cessione a DNA

Appuntamento dalle 9.30 in piazza Ferruccio Nazionale: sindacati compatti contro l’operazione TIM-DNA

Telecontact in sciopero: presidio a Ivrea contro la cessione a DNA

La data è segnata in rosso da giorni: lunedì 17 novembre 2025. È in quella mattina che le lavoratrici e i lavoratori di Telecontact, la società di customer care controllata al 100% da TIM, scenderanno in piazza per uno sciopero nazionale di 24 ore, con presìdi in decine di città italiane.
A Ivrea il punto di ritrovo sarà piazza Ferruccio Nazionale, davanti al Municipio, dalle 9.30 alle 13, per una mobilitazione che si annuncia ampia e molto sentita. Lo sciopero è stato proclamato unitariamente da SLC CGIL, FISTel CISL e UILCOM UIL, che parlano apertamente di “una vertenza determinante per il futuro di migliaia di famiglie”.

La protesta nasce dopo la comunicazione del 5 novembre con cui TIM ha ufficializzato l’avvio della procedura di cessione dell’intero ramo d’azienda di Telecontact alla nuova società DNA S.r.l., realtà del Gruppo Distribuzione, che negli ultimi anni ha ampliato le proprie attività nei servizi di call center e logistica. Una transazione che, sulla carta, potrebbe rientrare nelle strategie di riorganizzazione di TIM, impegnata da mesi in una vasta operazione di riduzione dei costi e focalizzazione sul core business.
Ma nella realtà, denunciano i sindacati, l’operazione desta fortissime preoccupazioni: coinvolge circa 1.590 lavoratrici e lavoratori in Italia, di cui 89 nella sede eporediese e 40 in quella di Aosta, senza alcuna garanzia sul mantenimento dei livelli occupazionali, delle condizioni contrattuali e della stabilità delle sedi locali.

Un dato su tutti aiuta a comprendere la portata del problema: per Ivrea, città che da sempre lega la sua identità al lavoro e all’impresa, la cessione di Telecontact significa mettere a rischio una delle realtà stabili del settore servizi. Gli 89 posti coinvolti rappresentano uno dei segmenti più significativi del panorama occupazionale cittadino, soprattutto in un territorio che negli ultimi decenni ha già pagato duramente il prezzo della deindustrializzazione post-Olivetti.

L’operazione si inserisce in un quadro complesso: TIM da mesi porta avanti una ristrutturazione profonda, che ha già prodotto spin-off, cessioni e accorpamenti. La vendita di Telecontact rientra in questa logica, ma il modo in cui avviene — sostengono le sigle sindacali — lascia aperti più interrogativi che certezze.

La società acquirente, DNA S.r.l., è un soggetto relativamente nuovo, nato proprio per accorpare attività esternalizzate di call center. Una scelta che, secondo le tre organizzazioni dei lavoratori, “scarica sui dipendenti il peso delle ristrutturazioni” e non offre alcuna prospettiva chiara di sviluppo industriale. L’operazione, infatti, non è accompagnata da un piano scritto, non definisce investimenti, non garantisce stabilità territoriale.
Da qui la decisione di proclamare lo sciopero nazionale e di avviare un percorso di mobilitazione destinato — assicurano i segretari regionali — a non fermarsi finché TIM e DNA non presenteranno garanzie vincolanti.

La preoccupazione non riguarda solo il futuro delle sedi, ma anche la qualità del servizio. Il customer care è il volto dell’azienda verso i cittadini: esternalizzarlo senza un percorso industriale certo, secondo i sindacati, significa rischiare un peggioramento della qualità dell’assistenza, con ricadute sull’intero sistema telecom nazionale.
Timori che sono stati espressi anche dal Partito Democratico piemontese, che ha definito la cessione “una scelta senza visione”, e dall’UGL Telecomunicazioni, che ha parlato di “svendita di un pezzo fondamentale della storia dell’azienda”.

Se da un lato TIM rassicura dichiarando che la transizione sarà “indolore e neutrale”, dall’altro lato chi lavora quotidianamente nei centri di assistenza teme che la realtà possa essere molto diversa: esperienze analoghe, in passato, hanno spesso portato a riorganizzazioni interne, trasferimenti difficili da sostenere o riduzioni progressive delle attività, fino alla chiusura dei siti meno strategici.

La mobilitazione di Ivrea arriva dunque in un momento cruciale: da giorni le RSU del territorio segnalano un clima di forte tensione tra i lavoratori, preoccupati per il proprio futuro e consapevoli della fragilità economica che caratterizza il Canavese. Molti temono che l’operazione possa essere solo il primo passo di un percorso più lungo, in cui il customer care venga ulteriormente frammentato o concentrato altrove, lontano dalle sedi storiche.

Per questo lo sciopero del 17 novembre non è solo una manifestazione di protesta, ma una chiamata alla responsabilità: una richiesta chiara, diretta, urgente di trasparenza e garanzie.
Siamo al fianco delle lavoratrici e dei lavoratori e non accetteremo soluzioni che ne mettano a rischio il futuro” recita il comunicato unitario firmato dalle tre sigle sindacali.

La piazza eporediese sarà osservata speciale: dalle 9.30 alle 13, lavoratrici, lavoratori, famiglie, rappresentanti sindacali e cittadini sono attesi sotto le finestre del Municipio. Una piazza che promette di dare voce non solo alla rabbia, ma anche alla dignità di un territorio che non vuole essere spettatore passivo delle riorganizzazioni altrui.

La vertenza, con tutta evidenza, è appena iniziata. Dopo il 17 novembre, il confronto entrerà nel vivo. Ma una cosa è già chiara: Ivrea non intende restare in silenzio. E la mobilitazione di lunedì sarà solo il primo capitolo di una battaglia che potrebbe durare mesi.

Ambrogio

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