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La Chiesa degli Angeli di Chivasso rinasce dopo 40 anni di restauri

La Fondazione Gribaldo e il Rotary raccontano il progetto che ha restituito vita alla Chiesa. Dalla prima impalcatura del 1982 all’ultimo intervento sul campanile: un viaggio lungo quarant’anni.

CHIVASSO

Claudio Geda e Riccardo Barbero, rispettivamente Presidente del Rotary Club Chivasso e Presidente della Fondazione Rotariana Vincenzo Gribaldo


C’è una bellezza minuta, ostinata, che resiste al tempo più di qualsiasi monumento. La Chiesa degli Angeli, per Chivasso, è proprio questo: una piccola reliquia di memoria civica, una "bomboniera" che non ha mai smesso di chiedere cura. E il Rotary Club, insieme alla Fondazione Rotariana Vincenzo Gribaldo, quella cura gliel’ha data per più di quarant’anni, pezzo dopo pezzo, come si fa con le "cose" di famiglia.

I restauri erano iniziati nel 1982. Da allora si sono susseguiti cantieri, intonaci, impalcature, attese. E oggi, finalmente, si può dire che il cerchio si è chiuso: pavimenti, muri, opere d’arte, l’altare che è stato rimosso, fino al più recente intervento sul tetto del campanile, da cui filtrava umidità. A ripercorrere questo lungo viaggio è stato Riccardo Barbero, presidente della Fondazione, durante la serata di giovedì 13 novembre, tenutasi proprio dentro la Chiesa.

Accanto a Barbero, la voce di don Davide Smiderle, che ha portato il suo saluto e un ringraziamento: “Avete restituito alla comunità un pezzo della sua anima”.

A dare sostanza concreta al recupero sono state Cinzia Avanzi, la restauratrice che ha seguito passo passo i lavori, e Michela Tappero, archivista, che ha rimesso ordine nell’Archivio Parrocchiale, arricchito da un ritrovamento che ha quasi il sapore di una caccia al tesoro. Nel corso della serata, infatti, è stato presentato un nuovo volume entrato a far parte del patrimonio documentale: un testo appartenuto alla Confraternita di Gesù di Santa Maria degli Angeli, rinvenuto in una libreria di Torino e acquistato dalla Fondazione.

A segnalare la sua esistenza è stato Giuseppe Banfo, presente alla serata, responsabile del Patrimonio Archivistico presso la Soprintendenza Archivistica e Bibliografica del Piemonte e della Valle d’Aosta. Quasi un passaparola della storia, se vogliamo: qualcuno vede, qualcuno ricorda, qualcuno avvisa. E così un frammento di città "torna a casa".

Quel registro non è un semplice libro antico: è una "macchina del tempo". Dentro le sue pagine, che vanno dal 1512 al 1790, si trovano gli elenchi dei Priori e delle Priore, l’inventario dei beni della Confraternita, le sue regole, la sua vita amministrativa. Ma soprattutto si intravede Chivasso che cambia, cresce, sbaglia, resiste. Una fonte genealogica preziosa, uno specchio della spiritualità e della cultura cittadina, un campionario del mutare della scrittura, dall’umanistica alla pre-rivoluzionaria. Un patrimonio che ora non rischia più di essere disperso.

A chiudere la serata, un ringraziamento che non è una formalità: quello a Miriam Mazzoni, che alla morte dei genitori ha scelto di fare una donazione alla Fondazione. È grazie a quel gesto, intimo e generoso, se oggi quel registro è tornato in città e se parte dei restauri ha potuto prendere forma. Questa è la prova che la memoria non è mai un affare astratto: resta viva solo quando qualcuno decide di sostenerla.

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