Cerca

Attualità

Salario minimo, Ivrea si sveglia: dopo due anni arriva la delibera dei 9 euro l’ora

La Commissione approva la misura proposta da Massimiliano De Stefano, mentre l’assessora Gabriella Colosso colleziona protocolli a raffica. Un passo avanti concreto dopo mesi di silenzi, rinvii e promesse evaporate

Salario minimo, Ivrea si sveglia: dopo due anni arriva la delibera dei 9 euro l’ora

L'assessora Gabriella Colosso e il consigliere Massimiliano De Stefano

A Ivrea, dove da più di due anni il dibattito sul salario minimo galleggia tra promesse, rinvii e studi mai pubblicati, accade finalmente qualcosa di concreto: la delibera che introduce un salario minimo di 9 euro lordi all’ora negli appalti comunali supera il primo passo formale, quello della Commissione Lavoro e Attività Produttive.

Lo annuncia con evidente soddisfazione Massimiliano De Stefano, consigliere comunale di Azione e presidente della Commissione, che ringrazia colleghi, uffici e persino l’assessora Gabriella Colosso, in un raro momento di pace istituzionale. La delibera ora passa alla giunta per l’approvazione definitiva, ma già così rappresenta una svolta che avrebbe dovuto arrivare molto prima. Perché, va ricordato, fu proprio De Stefano a presentare due anni fa la mozione che ora rinasce come delibera: un atto semplice e di puro buonsenso, che mirava a premiare le imprese serie e garantire una soglia minima di dignità salariale ai lavoratori coinvolti nei servizi appaltati dal Comune.

Due anni in cui Ivrea avrebbe potuto diventare un modello, come Genova o Perugia. Invece è rimasta ferma, per scelta o per distrazione, mentre il dibattito nazionale produceva montagne di parole e zero risultati.

A ottobre lo avevamo scritto chiaramente: Ivrea ha la memoria corta. Quando De Stefano sollevò la questione nel 2022, l’assessora Gabriella Colosso si limitò ad annunciare uno “studio”, parola magica della burocrazia. Uno studio che nessuno aveva fino ad allora mai visto, letto o anche solo intravisto. E mentre le città più coraggiose introducevano forme di salario minimo nei propri regolamenti, sotto le rosse torri tutto si arenava, nel più classico benaltrismo locale: c’era sempre qualcos’altro da fare, qualcosa di più urgente, qualcosa che — guarda caso — finiva per essere meno impegnativo della tutela concreta dei lavoratori.

Nel frattempo il governo Meloni consegnava la questione al Cnel di Renato Brunetta, che prevedibilmente decretava che il salario minimo “non serve”, e la proposta delle opposizioni veniva affossata in Parlamento. L’Italia tornava al punto di partenza, e Ivrea con lei.

In contemporanea si moltiplicavano i protocolli. Perché se c’è una cosa che non manca mai a Ivrea, è un protocollo nuovo da firmare. A dicembre 2024 uno sulla sicurezza nei lavori pubblici, poi uno sulle discriminazioni, poi quello delle “Sentinelle nelle professioni contro la violenza”, poi quello con CNA per mappare le imprese, poi altri ancora, con chiunque passasse a tiro. Insomma Gabriella Colosso sacerdotessa del protocollo. Tutto bello, tutto condivisibile, tutto rigorosamente privo di ricadute concrete sulla vita dei lavoratori. Sul salario minimo, invece, fino ad oggi, niente: nessun atto, nessuna firma, nemmeno un like.

In un clima così, il voto favorevole della Commissione sembra quasi un evento sovrannaturale. Eppure è successo. La delibera prevede un salario minimo di almeno 9 euro lordi all’ora negli appalti comunali e introduce un criterio premiale per le aziende che lo applicano. Poco? Molto? Dipende da cosa ci si aspetta da un Comune. Di certo si tratterà di una misura concreta, misurabile, immediatamente applicabile: tutto ciò che finora è mancato.

Resta una domanda sospesa nell’aria: perché ci sono voluti due anni per fare ciò che altre città hanno fatto in pochi mesi? La risposta non è nel comunicato, ma nella storia recente della politica eporediese, sempre più attratta dai riti della forma e sempre meno dalla sostanza delle scelte.

È la stessa ragione per cui, mentre nei convegni si discute di diritti e di equità, fuori dalle sale chi lavora davvero aspetta ancora di poter dire: “guadagno abbastanza per vivere”. Oggi, almeno, quel traguardo sembra un po’ meno lontano. E sì, forse sarebbe dovuto arrivare prima ma il fatto che Ivrea lo faccia, dopo tanta immobilità, è già una notizia. E forse, per una volta, non è una brutta notizia.

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori