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14 Novembre 2025 - 02:39
L’onda che travolge il cantiere: fuga nel Ningnan Tunnel, nessun ferito per miracolo tecnico
Una luce bianca che rimbalza sulla roccia, poi un borbottio che si ispessisce fino a diventare un ruggito. Nell’inquadratura granulosa di una telecamera di sorveglianza, un’onda scura si stacca dal buio del fronte scavo e corre verso l’uscita del Ningnan Tunnel, trascinando tutto ciò che incontra. L’acqua solleva attrezzature, muove un escavatore come fosse un giocattolo e costringe gli operai a una fuga immediata. In pochissimi secondi la scena si ribalta: ciò che fino a un attimo prima era routine di cantiere diventa sopravvivenza, con i macchinari ridotti a oggetti fragili e i corpi che inseguono l’unico riferimento possibile, la luce dell’imbocco. Accade nel tardo pomeriggio del 10 novembre 2025, nel sud dello Sichuan, lungo uno dei cantieri più complessi della rete autostradale cinese. Le immagini diventano virali nel giro di poche ore: una corsa ordinata ma disperata, mentre l’onda continua a montare. Due giorni dopo, le autorità confermano ciò che il video non permette di capire: nessun ferito. Una frase che suona come un sollievo collettivo e allo stesso tempo come un avvertimento su un settore in cui la sicurezza si gioca sui minuti e sulla capacità di leggere il sottosuolo con estrema precisione.
L’Ufficio per la gestione delle emergenze di Ningnan, ripreso dai media cinesi, parla di un incidente nella sezione 13 dell’autostrada lungo il fiume, nel tratto che attraversa la Prefettura autonoma Yi di Liangshan. L’ora è precisa, 17:48 locali. Le telecamere registrano un primo getto che si trasforma in un flusso impetuoso. Gli operai, molti ancora con i giubbotti riflettenti addosso, si voltano e partono all’unisono verso la bocca della galleria. L’acqua li insegue, guadagna metri, trascina, copre, spinge finché la sezione non si riempie. La dinamica è quella classica della “water inrush”, un’improvvisa immissione d’acqua provocata dall’intercettazione di falde in pressione o da fratture improvvise nel massiccio roccioso. Il 12 novembre, fonti dell’Ufficio emergenze di Ningnan confermano che non ci sono vittime e che il consorzio sarà tenuto a presentare una relazione tecnica sulle cause. Il quadro ufficiale è asciutto: una fuga riuscita, un’irruzione violenta, un’indagine avviata.
Il tunnel si inserisce in un mosaico infrastrutturale ambizioso, pensato per collegare aree montane segnate da dislivelli estremi, valli profonde e terreni complessi. Il tratto coinvolto fa parte della grande autostrada “lungo-fiume” della Prefettura di Liangshan, asse strategico di collegamento verso Panzhihua e i corridoi meridionali. Qui la percentuale di gallerie è altissima e la geologia non concede margini di leggerezza. Documenti ufficiali sui lotti adiacenti parlano di sezioni con oltre il 39% del tracciato in sotterraneo, quattro corsie, velocità di progetto a 80 km/h e un investimento nell’ordine dei 29,7 miliardi di yuan per uno degli assi principali. Una cifra che dà la misura di quanto sia complesso e cruciale questo segmento, fatto di tunnel “molto lunghi”, tecnologie di scavo avanzate e sistemi di sicurezza in continuo aggiornamento.
Le immagini, rilanciate in tutto il mondo, mostrano con chiarezza ciò che gli ingegneri definiscono un inrush: un fronte che cede all’improvviso, una pressione idraulica che entra in scena senza preavvisi apparenti, la massa d’acqua che trascina l’escavatore parcheggiato sul lato e investe gli operai che si stanno già dirigendo verso la luce. La qualità dei video non permette misurazioni, ma la dinamica è inequivocabile. È per questo che numerosi portali di ingegneria geotecnica parlano apertamente di “water seepage accident” e sottolineano la rapidità dell’evacuazione che ha evitato conseguenze devastanti.
In Cina casi come questo sono studiati da anni. Le inrush in galleria compaiono di frequente nelle aree caratterizzate da carsismo, faglie attive, sistemi idrici complessi e bacini in pressione. In molte tratte, anche recenti, l’acqua si è fatta strada in pochi minuti, raggiungendo livelli di oltre due metri e mezzo, spostando casseri e attrezzature con volumi complessivi di decine di migliaia di metri cubi. La prevenzione è un circuito continuo di indagini geologiche e idrogeologiche fini, sondaggi avanzati dal fronte, consolidamenti con cementi e silicati, sistemi di monitoraggio in real time delle pressioni e protocolli di evacuazione testati. Le statistiche indicano che quasi la metà degli eventi è collegata a zone di frattura, punto debole in contesti dove la roccia si comporta come una spugna saturata in pressione. È uno schema generale che però permette di leggere con maggiore chiarezza anche ciò che è accaduto a Ningnan.
Il video suggerisce un elemento che gli esperti considerano decisivo: il tempo di reazione. L’allarme, in questo caso, sembra essere arrivato dai segnali più banali e concreti, come il rumore crescente o il primo rivolo di acqua e fango. Il personale in turno capisce subito che qualcosa sta accadendo e si muove all’istante. Le autorità, ribadendo l’assenza di feriti, sottolineano implicitamente tre fattori: la prontezza degli operai, la via di fuga libera e la formazione a muoversi in spazi confinati dove un rallentamento può fare la differenza tra una corsa riuscita e una tragedia. Nei manuali di sicurezza, la sequenza standard è sempre la stessa: arresto immediato dello scavo, abbandono dei mezzi, marcia rapida verso l’uscita, attivazione dei sistemi di drenaggio. Le clip sembrano ricalcarla con coerenza.
Il contesto geografico rende tutto più chiaro. La Prefettura di Liangshan è una delle zone più impegnative per l’ingegneria civile cinese. Qui si costruisce in verticale e in orizzontale allo stesso tempo, tra picchi, valloni, cavità carsiche e terreni alternati. I report dei soggetti pubblici e dei grandi gruppi come lo Shudao Group descrivono cantieri altamente meccanizzati, un uso crescente di mezzi elettrici, modelli digitali per la gestione delle gallerie e tecniche di consolidamento sempre più raffinate. Alcuni lotti sono già oltre il 95% di avanzamento e promettono di ridurre i tempi di percorrenza da cinque ore a due. Tuttavia, il passaggio sotto versanti idraulicamente complessi rimane la variabile che decide tutto: tempi, costi, rischi.
Gli ingegneri che si occupano di sicurezza sintetizzano il lavoro quotidiano in quattro verbi: conoscere, anticipare, drenare, consolidare. Conoscere significa mappare faglie, fratture e pressioni. Anticipare vuol dire sondare ogni metro prima di avanzare. Drenare comporta pompe dimensionate su scenari peggiori e alimentazioni ridondate. Consolidare è mettere barriere tra l’acqua e il fronte, senza dare per scontato che la montagna sia sempre prevedibile. La letteratura recente lo ripete ossessivamente: anche la miglior tecnologia non basta se l’ambiente sotterraneo si presenta in condizioni eccezionali.
La risposta delle autorità di Ningnan è stata rapida: conferma dell’episodio, conferma dell’assenza di feriti, richiesta di una relazione tecnica dettagliata. È un protocollo ormai consolidato in Cina: prima le informazioni minime e verificabili, poi l’analisi completa, la ricostruzione delle cause, l’individuazione di eventuali responsabilità e l’elenco delle misure correttive. In parallelo non è escluso che vengano avviate verifiche su cantieri affini per escludere criticità diffuse nella stessa area idrogeologica. Le domande aperte riguardano la portata dell’acqua, la durata del picco, la natura dell’innesco e le misure adottate nelle ore successive. Sono elementi che soltanto la relazione tecnica potrà chiarire.
Per i lettori, decifrare un evento come questo significa tenere a mente poche coordinate: la parola “inrush” definisce un rischio idraulico molto serio; le date permettono di distinguere i fatti dalle interpretazioni; i numeri su portate e pressioni collocano l’episodio su una scala comprensibile agli specialisti; la geografia montana del sud-ovest cinese aumenta la probabilità di simili fenomeni. Il resto è cautela, metodo, capacità di separare ciò che sappiamo da ciò che è ancora ipotesi.
Il video del Ningnan Tunnel resterà probabilmente come un case study di sicurezza: un fronte che cede in pochi secondi, un’onda che diventa minaccia, un gruppo di operai che corre nella direzione giusta senza farsi prendere dal panico, un’assenza di feriti che non era affatto scontata e una comunicazione istituzionale asciutta ma tempestiva. Finché l’indagine non chiarirà le cause, resta una lezione semplice e potente: nelle gallerie di montagna la vera macchina pesante non è l’escavatore, ma la conoscenza del sottosuolo. È lei che decide se avanzare o fermarsi, drenare o consolidare, rischiare o aspettare. E quando, nonostante tutto, la montagna sorprende, l’unica risorsa davvero in grado di fare la differenza è quella umana: addestramento, riflessi, disciplina. Nel Ningnan Tunnel, il 10 novembre, tutto questo ha funzionato.
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