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13 Novembre 2025 - 12:59
Omicidio De Astis, spunta il lato oscuro della vicenda: abbandonata la bambina di 11 anni
A volte le tragedie non si esauriscono nel momento in cui accadono. Continuano a crescere ai margini, negli interstizi lasciati liberi dalle responsabilità negate. È quello che sta emergendo dalle indagini sull’omicidio di Cecilia De Astis, la 71enne travolta e uccisa questa estate a Milano da un’auto guidata da un 13enne rom, insieme ad altri tre bambini tra gli 11 e i 12 anni. Una vicenda già drammatica che ora mostra l’altra sua faccia: quella dell’abbandono totale di una delle minori coinvolte.
Gli inquirenti hanno rintracciato i genitori di tutti i piccoli tranne quelli della bambina di 11 anni, l’unica del gruppo. Padre e madre non si sono mai presentati, mai informati, mai interessati a capire cosa ne fosse di lei. Una latitanza che ha costretto il Tribunale dei Minori di Milano a sospendere la loro responsabilità genitoriale. I giudici non usano giri di parole: parlano di “assenza totale del ruolo genitoriale”, una frase che pesa più di qualunque atto giudiziario.
La ragazzina, se non fosse per una nonna ritenuta non affidabile, sarebbe letteralmente sola al mondo. Nel dispositivo si legge che la piccola viveva senza punti di riferimento, senza adulti capaci di frenare le azioni compiute insieme agli amici, senza una guida. Un’esistenza smarrita, trascorsa ai bordi di un campo profughi dove l’infanzia viene spesso sostituita dalla sopravvivenza.
Ora l’11enne è stata affidata ai servizi sociali del Comune di Milano, come gli altri tre bambini, ma la sua posizione è considerata la più fragile. Il 12 dicembre è fissata una nuova udienza: un’ultima chiamata per i genitori, un’occasione per dimostrare almeno di esistere. Se non si presenteranno, scatteranno nuovi provvedimenti di tutela.
Sul piano penale la vicenda è già scritta: i quattro bambini risultano indagati per omicidio, ma non sono imputabili perché minori di 14 anni. Il procedimento, a un certo punto, si fermerà. E toccherà al giudice decidere che futuro avranno: un percorso di riabilitazione sociale, probabilmente lontano dal campo in cui hanno sempre vissuto. Una scelta che non cancellerà l’accaduto, ma potrà almeno evitare che quel destino, già fragile, continui a incrinarsi senza che nessuno se ne accorga.

Cecilia De Astis (foto dal profilo facebook)
Non fu un incidente qualunque, né uno di quei casi che svaniscono nelle statistiche del traffico. Fu un mattino d’estate in cui Milano scoprì che anche l’impossibile può accadere: un’auto lanciata da un manipolo di bambini, un quartiere trasformato in pista, una donna di 71 anni, Cecilia De Astis, travolta mentre attraversava la strada come si fa ogni giorno, confidando nella routine più normale del mondo.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, al volante c’era un ragazzo di 13 anni, troppo piccolo persino per essere considerato imputabile, ma abbastanza grande da sapere che un’auto non è un giocattolo. Con lui viaggiavano altri tre bambini tra gli 11 e i 12 anni. Erano usciti dal campo profughi dove vivevano da sempre, un luogo che dovrebbe proteggere ma che in realtà li aveva lasciati crescere senza guida, senza confini, senza quell’adulto capace di dire basta quando serve davvero.
L’auto – rubata o comunque presa senza alcun controllo – ha percorso alcune strade del quartiere a velocità incompatibili con la loro età e con la loro consapevolezza. Testimoni parlano di una manovra improvvisa, forse una perdita di controllo, forse un gioco finito male. Un attimo e il cofano ha colpito Cecilia, scaraventandola sull’asfalto. Per lei non c’è stato nulla da fare.
La corsa dei piccoli è terminata pochi metri dopo, tra l’incredulità dei passanti e lo sgomento di chi si è avvicinato all'abitacolo aspettandosi di trovare adulti irresponsabili e invece si è trovato davanti quattro bambini, spaesati, incapaci di comprendere fino in fondo la gravità di ciò che avevano appena provocato.
Quel giorno, più di ogni altro, ha mostrato il cortocircuito in cui questi minori vivevano: nessun punto di riferimento, nessuna presenza educativa, nessuna regola se non quella che dettava il gruppo. La morte di Cecilia non è stata solo l’esito di una manovra sbagliata: è il frutto di una lunga assenza, una voragine fatta di abbandono, silenzi e responsabilità che nessuno ha mai voluto o saputo assumere.
E mentre Milano si fermava attorno al corpo della donna, mentre i vigili raccolgono tracce e testimonianze, si è aperto un altro fronte, più silenzioso ma non meno doloroso: quello dei bambini coinvolti, delle loro storie, delle omissioni che li hanno portati a trovarsi in quell’auto, in quel punto, in quel momento. Una tragedia che non appartiene solo a quel giorno, ma a tutto ciò che lo ha preceduto.
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