Cerca

Attualità

“Lo dico da figlia, non abbiamo chiesto noi di venire al mondo”, “Stronza**! Questa è un’idiozia, viva i genitori dittatori”. Scontro in tv tra Balivo e Barbareschi

Da un talk pomeridiano, un ritratto spietato del nostro tempo: genitori distratti e figli senza alibi

“Lo dico da figlia, non abbiamo chiesto noi di venire al mondo”, “Stronza**! Questa è un’idiozia, viva i genitori dittatori”. Scontro in tv tra Balivo e Barbareschi

“Lo dico da figlia, non abbiamo chiesto noi di venire al mondo”, “Stronza**! Questa è un’idiozia, viva i genitori dittatori”. Scontro in tv tra Balivo e Barbareschi

“Stronzate, ma va!”. È bastata questa frase a far saltare il salotto pomeridiano di Rai 1. Lo scontro tra Luca Barbareschi e Caterina Balivo, durante La Volta Buona, non è stato un incidente: è stato un cortocircuito tra due modi opposti di intendere la vita.

Tutto parte da un video di Paolo Villaggio, che nel pieno della sua autoanalisi ammette: “Sono stato un padre inesistente, nevrotico, bulimico…”. Balivo invita i figli in studio e chiama in collegamento Barbareschi, che da subito sposta il discorso su di sé: «Ho scritto un film su un padre egoista, ma legittimamente egoista. I grandi artisti hanno una missione. Io non mi sento in colpa. Viva i genitori dittatori, viva i genitori egoisti».

A quel punto Balivo gli ricorda: “Noi figli non abbiamo chiesto di venire al mondo”. E lui, tagliente: «Stronzate, ma va! È la natura che fa i figli». Lei replica, ferma: “Sì, ma se fai il padre devi fare il padre”. E qui lo studio si gela. Nessun urlo, ma un silenzio che pesa più di qualunque applauso.

È uno scontro generazionale, ma anche morale.

Barbareschi difende l’ego come diritto naturale dell’artista, la missione come alibi. Balivo rivendica la fragilità come verità: “In quel momento uno vuole solo un padre”. Tra i due non c’è solo una differenza di toni, ma di visione del mondo. Lui crede nella solitudine come privilegio, lei nella presenza come valore. Lui parla di libertà, lei di responsabilità. E in mezzo ci siamo tutti noi, spettatori di un Paese dove l’arte spesso giustifica l’assenza, e dove chiedere affetto sembra ancora un atto di debolezza.

Il paradosso è che Barbareschi, nel difendere l’artista, ha finito per interpretare perfettamente il personaggio che descrive: geniale, impaziente, incapace di vedersi da fuori. E forse è proprio per questo che lo scontro ha funzionato: perché non era solo televisione. Era il riflesso di un conflitto antico — quello tra chi crea e chi resta ad aspettare.

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori