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Accorpa, scorpora, promette: la riforma fantasma di Federico Riboldi

Via libera all’accorpamento tra Sant’Anna e Regina Margherita: la nuova “A.O. O.I.R.M.–Sant’Anna” nasce come scatola vuota. Nessun piano, nessuna cifra, nessuna sede certa. Solo l’ennesimo annuncio dell’assessore Federico Riboldi, che promette efficienza mentre smonta la sanità piemontese pezzo per pezzo

Accorpa, scorpora, promette: la riforma fantasma di Federico Riboldi

Luigi Icardi, presidente quarta commissione sanità

La Quarta Commissione Sanità, presieduta dal leghista Luigi Genesio Icardi, ha dato il via libera — a maggioranza — alla proposta di deliberazione della Giunta regionale per l’accorpamento del presidio Sant’Anna all’Ospedale Infantile Regina Margherita, con la conseguente nascita della nuova azienda “A.O. O.I.R.M.–Sant’Anna”. Tutti felici, almeno in apparenza. L’assessore regionale alla Sanità Federico Riboldi parla di un atto “storico”, di una scelta “per l’efficientamento e la razionalizzazione” della sanità piemontese. Ma dietro il linguaggio luccicante si nasconde una delibera che non delibera nulla, un contenitore senza contenuto.

A leggerla bene, la proposta è un elenco di buone intenzioni. Si parla di “continuum nel percorso mamma-bambino”, di “eccellenza ginecologica e neonatale”, di “integrazione dei servizi”, di “razionalizzazione dei costi”. Parole, appunto. Perché il piano vero — quello con tempi, costi, organigramma e collocazione — non c’è. Sarà redatto in seguito, con un’altra delibera. In altre parole, la Commissione ha approvato una cornice vuota, demandando il quadro a data da destinarsi. Una non-decisione votata come una riforma.

Gli antefatti raccontano una storia di lentezza e ambiguità. Tutto nasce dall’idea — non nuova — di scorporare la Città della Salute e della Scienza di Torino, definita da Riboldi “una struttura pachidermica”. Già nei mesi scorsi la Giunta aveva deciso di “spezzarla” in più poli: prima con il Regina Margherita, ora con il Sant’Anna. L’assessore sostiene che il modello unico sia troppo grande per essere efficiente. Ma i fatti dicono altro: la Città della Salute è l’unico complesso davvero multidisciplinare della regione, dove ginecologia, pediatria, chirurgia e ricerca convivono e si contaminano. Separare significa rompere una sinergia.

Il Collegio di Direzione della stessa Città della Salute, infatti, ha espresso una posizione chiarissima: lo scorporo del Sant’Anna è un errore strategico. Ostetricia e ginecologia devono restare integrate nel contesto adulto-chirurgico, non chiudersi in un recinto materno-infantile. Ma Riboldi tira dritto, convinto che basti cambiare insegna per creare efficienza. A sostegno cita la storia: in passato i due ospedali erano già insieme. Sì, ma in un’altra epoca, con altre risorse e altre logiche. Oggi la medicina funziona per reti, non per isole.

Perfino nella stessa maggioranza serpeggia il dubbio. Perché di tutto si può parlare, tranne che di una riforma chiara. Mancano i rendering della nuova struttura, mancano le planimetrie, manca la sede definitiva: quella torre pediatrica evocata da Riboldi sarebbe “esterna al Parco della Salute ma adiacente”. Tradotto: non si sa dove andrà. Si sa solo che “sarà costruita su terreni già di proprietà della Regione”. E così, mentre i cittadini attendono da anni il Parco della Salute, fermo tra progetti e ricorsi, la Regione promette un altro polo ancora da disegnare.

Il capolavoro sta nella parte economica. L’assessore assicura che tutto questo “non comporterà spese aggiuntive”. Un’affermazione degna di un prestigiatore. Come si può creare un nuovo ente, trasferire personale, riorganizzare reparti, progettare edifici e contemporaneamente non spendere un euro? Eppure lo ripete, sereno, come se bastasse la parola “razionalizzazione” per far tornare i conti. Peccato che i conti, in sanità, li fanno i cittadini, quando attendono mesi per una visita o si ritrovano reparti che chiudono per mancanza di personale.

A dargli manforte, nella conferenza, il presidente Icardi, che parla di “atto di visione”. Visione, certo, ma sfocata. Le opposizioni — Alice Ravinale, Sarah Disabato, Gianna Pentenero, Monica Canalis, Valentina Cera e Daniele Valle — hanno demolito il provvedimento punto per punto: è “un ordine del giorno”, “un documento di intenzioni”, “un passo indietro rispetto alla multidisciplinarietà”, “un atto anacronistico”. E, soprattutto, “manca ogni valutazione economica”.

La data fissata per la nascita della nuova azienda è il 1° gennaio 2026, ma il piano attuativo — quello vero — arriverà, forse, il 30 dicembre 2025. È come annunciare una nascita prima ancora del concepimento. E mentre si celebra il “polo d’eccellenza”, la sanità piemontese continua a fare i conti con pronto soccorso intasati, liste d’attesa infinite e ospedali territoriali al collasso.

L'assessore regionale Riboldi

In fondo, la storia di questo accorpamento è la fotografia perfetta della politica sanitaria di Riboldi: cambiare nomi invece che modelli, promettere continuità mentre si smontano le strutture, parlare di efficienza e produrre burocrazia. Ogni volta un nuovo logo, un nuovo acronimo, una data simbolica. Ma dietro, sempre la stessa sostanza: nulla di fatto.

E così, mentre la Regione festeggia un “nuovo inizio”, la sensazione è che il progetto “A.O. O.I.R.M.–Sant’Anna” sia già vecchio. Nato per semplificare, rischia di moltiplicare i problemi. Presentato come un passo avanti, sa tanto di passo falso. E nel frattempo, le mamme e i bambini — quelli veri, non quelli dei rendering — continueranno a entrare negli stessi ospedali di sempre, con gli stessi corridoi, gli stessi disagi, la stessa attesa infinita.

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