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09 Novembre 2025 - 18:53
Fung-wong devasta le Filippine: una donna travolta dal mare, quasi un milione gli evacuati
Nelle prime ore del mattino, sul molo di Catbalogan, il mare non ruggisce: sibila. L’acqua risale i vicoli come un animale silenzioso, le lastre di legno scricchiolano, le luci saltano a intermittenza. È lì che una donna di 64 anni, tornata di corsa in casa a recuperare poche cose, non ha fatto in tempo a uscire. Il suo corpo è stato trovato all’alba, tra detriti e alberi spezzati. È la prima vittima accertata del super tifone Fung-wong, conosciuto localmente come Uwan, che oggi, 9 novembre 2025, sta spingendo verso la costa orientale di Luzon con venti fino a 185 chilometri orari e raffiche che toccano i 230. Un mostro atmosferico che sta attraversando un arcipelago già provato, ma non piegato: oltre 916.000 persone hanno lasciato le proprie case prima dell’impatto. Un esodo silenzioso, ordinato, ma che racconta la scala della minaccia.
A poche ore dall’arrivo della tempesta, il servizio meteorologico nazionale PAGASA ha innalzato l’allerta massima, il TCWS n. 5, per il sud-est di Luzon e per il nord del Paese, comprese le isole di Catanduanes, Camarines Norte e Camarines Sur. Su Metro Manila è attivo il livello 3: scuole e uffici governativi chiusi, quasi 300 voli cancellati, traffico aereo e marittimo ridotto. Il tifone si avvicina con passo deciso verso la provincia di Aurora, dove l’impatto è previsto in nottata: una tempesta che arriva quando le luci si spengono, moltiplicando i rischi e la paura.
Secondo l’Office of Civil Defense, sono 270.682 le famiglie evacuate, pari a quasi un milione di persone, con il solo Bicol che ne conta più di 660.000. Una cifra che racconta la portata dell’allerta e la determinazione con cui le autorità cercano di prevenire il disastro. Le immagini che arrivano dai centri di accoglienza mostrano palazzetti, scuole, chiese trasformate in dormitori temporanei, con materassini e coperte distribuiti in fretta. La priorità va agli anziani, ai bambini, alle persone con disabilità.
Alle 4 del mattino, PAGASA localizzava il centro del tifone a circa 230 chilometri a est di Virac, sull’isola di Catanduanes, con venti massimi di 185 km/h e raffiche fino a 230. In mare aperto, le onde raggiungono i 5 metri, e lungo le coste il vento spazza ogni cosa: insegne, tetti, barche, alberi. Le previsioni parlano di piogge torrenziali su gran parte di Luzon e Visayas orientali, con rischi elevati di frane e alluvioni improvvise. Fung-wong — largo oltre 1.500 chilometri secondo stime internazionali — è tra i cicloni più potenti dell’anno nel Pacifico occidentale.
Il TCWS 5, livello massimo di allerta, significa una sola cosa: venti di intensità catastrofica entro 12 ore. Case non rinforzate spazzate via, pali dell’elettricità divelti, alberi sradicati, linee telefoniche interrotte. Non un’allerta simbolica, ma un grido d’allarme per spingere chi ancora resiste a evacuare. E se qualcuno rifiuta di partire, il Department of the Interior and Local Government ha già disposto che le autorità locali possano procedere con evacuazioni obbligatorie.
La prima vittima confermata è quella di Catbalogan, ma le notizie che arrivano da Catanduanes parlano già di altri decessi per annegamento e di feriti colpiti da detriti o caduti durante i lavori di messa in sicurezza. Nelle zone più esposte, onde e mareggiate stanno superando i muri paraonde e invadendo le strade costiere. L’elettricità salta a singhiozzo, interi quartieri restano al buio. I porti sono chiusi, i voli sospesi, le navi passeggeri bloccate. Migliaia di persone restano in attesa, con i bagagli accanto, guardando un cielo che cambia colore di minuto in minuto.
Sull’isola di Luzon, la Civil Aviation Authority ha confermato la cancellazione di quasi trecento voli. Le immagini diffuse dalla Philippine Coast Guard mostrano famiglie che scendono da navi per essere caricate su camion diretti ai rifugi, bambini che stringono zaini di plastica come unici averi. Intanto il Department of Public Works and Highways e la National Disaster Risk Reduction and Management Council hanno mobilitato oltre 9.000 operatori e 1.600 mezzi per interventi di emergenza e sgombero.
L’impatto previsto tra le 20 e le 23 in provincia di Aurora preoccupa i meteorologi: di notte, il rischio raddoppia. Il vento diventa invisibile, le linee elettriche spezzate si confondono nell’oscurità, i soccorsi rallentano. È allora che le onde salgono e la pioggia, densa e continua, trasforma le strade in fiumi.

E tutto questo accade appena pochi giorni dopo il passaggio di Kalmaegi, il tifone che ha già causato oltre 200 mortitra Filippine e Vietnam. Due tempeste in una settimana, con milioni di persone coinvolte e comunità già esauste. Il governo di Ferdinand Marcos Jr. ha dichiarato lo stato di emergenza, e il Department of National Defense parla di 30 milioni di persone potenzialmente esposte ai diversi effetti del ciclone.
Gli scienziati avvertono: le acque più calde alimentano tempeste più violente. Il mare, che in passato era solo lo sfondo del dramma, è oggi il suo motore. “Più calore in mare significa più energia nel sistema”, spiegano i centri previsionali. Fung-wong, come molti altri cicloni tropicali recenti, è figlio di un oceano che bolle. Non si tratta di un evento isolato, ma di un segnale di una tendenza che cresce: tifoni sempre più intensi, con traiettorie sempre meno prevedibili.
Le prossime 48–72 ore saranno decisive: onde alte fino a 5 metri, piogge torrenziali, venti distruttivi. Fung-wong potrebbe poi piegare verso nord, dirigendosi su Taiwan, ma ogni previsione resta incerta fino al landfall. Nel frattempo, sul terreno, il Paese si prepara come può. “È il quarto grande tifone in sette settimane, senza contare due terremoti”, ha detto Butch Meily, presidente della Philippine Disaster Resilience Foundation, parlando di comunità allo stremo. Dal canto suo, il vice amministratore dell’OCD, Rafaelito Alejandro, ha invitato a non attendere “l’ultima ora” per mettersi in salvo.
Ogni tifone, nelle Filippine, è una prova doppia: di preparazione e di rinascita. La prima fase — l’evacuazione preventiva — sembra, per ora, aver retto. Ma la seconda, quella del ritorno, si capirà solo tra giorni: quando le famiglie torneranno a casa e scopriranno se hanno ancora un tetto. Il Paese si prepara, ancora una volta, a contare i danni e a rialzarsi. Nel frattempo, una frase rimbalza ovunque, da Manila a Samar, da Bicol a Catanduanes: Evacuate adesso, non dopo.
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