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07 Novembre 2025 - 19:27
Carlo III cancella il principe Andrea: “sparisce” il Duca di York. Tremano i Sussex
Il foglio è asciutto, il linguaggio rituale. In cima, una formula che pesa secoli: “THE KING has been pleased…”. Con una Letters Patent datata 3 novembre 2025 e pubblicata su The Gazette, Carlo III chiude la più tormentata delle saghe di casa Windsor. L’ex “principe Andrea” diventa — anche giuridicamente — Andrew Mountbatten Windsor, privato del titolo di “principe” e dello stile di “His Royal Highness”. In parallelo, un secondo provvedimento — un Warrant sotto il Royal Sign Manual del 30 ottobre — ordina la sua rimozione dal Roll of the Peerage come “Duca di York”. Non è un maquillage istituzionale, ma la riscrittura, in chiave contemporanea, dell’architettura onorifica della monarchia britannica. E mentre l’ex duca prepara i bagagli per lasciare il Royal Lodge di Windsor verso Sandringham, la domanda corre: cosa impedirà, un domani, che lo stesso bisturi istituzionale tocchi i Sussex, Harry e Meghan?
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La Letters Patent del 3 novembre proclama che Andrew Mountbatten Windsor “non è più titolato a detenere e godere lo stile, il titolo o l’attributo di ‘Royal Highness’ e la dignità titolare di ‘Prince’”. L’atto, pubblico e registrato su The Gazette, segna un unicum nell’epoca moderna: è la prima volta che un figlio di sovrana perde formalmente la dignità di principe. Il Warrant del 30 ottobre completa l’opera: ordina al Segretario di Stato di cancellare “il duca di York” dal registro dei pari con effetto immediato. Da oggi, negli atti ufficiali, quell’intestazione non esiste più.
Il tutto si compie in pochi giorni: non è più una semplice “sospensione d’uso” come nel 2022, quando Elisabetta II gli tolse patronati e l’uso pubblico di HRH. Qui si entra nella sfera della deprivazione vera e propria, con strumenti di prerogativa reale. Ultime tessere: la cancellazione della biografia dal sito ufficiale della famiglia reale, l’uscita dall’Order of the Garter e, secondo fonti di governo, la perdita dell’ultimo grado onorario rimasto, quello di vice ammiraglio. Restano solo le medaglie guadagnate nelle Falkland, unico ricordo di una carriera ora derubricata a nota a piè di pagina.
Le ragioni, in fondo, non cambiano: il nome di Andrea resta intrecciato a quello di Jeffrey Epstein, e il ciclo di accuse non si è mai davvero chiuso. Le memorie postume di Virginia Giuffre hanno riacceso il caso; dagli Stati Uniti arrivano nuove richieste di audizione; a Londra, i tabloid parlano di verifiche sugli abusi delle protezioni di polizia. In questo scenario, la monarchia reagisce con l’unico strumento che le resta: la chirurgia istituzionale. Non più misure temporanee, ma una decisione irreversibile, incisa nel diritto pubblico.
La tempistica è eloquente. Già a fine ottobre, da Buckingham Palace trapelava l’avvio della procedura; una settimana dopo, gli atti erano gazzettati. Una rapidità anomala per i ritmi di corte. Segno che Carlo III, sostenuto dal suo “inner circle” — a partire da William —, ha deciso di anticipare la tempesta. “Non farsi travolgere, ma guidare la notizia”, come ha sintetizzato lo storico Andrew Lownie.
Per capire il significato profondo bisogna tornare al lessico costituzionale britannico. Le Letters Patent sono “lettere aperte” con cui il sovrano esercita la prerogativa reale per concedere o modificare titoli e dignità. Furono usate da Giorgio V nel 1917 per limitare il numero dei “principi e principesse” e da Giorgio VI nel 1937 per disciplinare la posizione del Duca di Windsor, l’abdicatario Edoardo VIII. Il Royal Warrant, invece, regola registri e precedenze: essere cancellati dal Roll of the Peerage non abolisce il titolo, ma lo rende inoperante. In sintesi, il sovrano può intervenire sulla “esigibilità pubblica” dei titoli senza passare dal Parlamento. E da oggi, sappiamo che lo fa.
C’è anche la geografia, non solo la forma. L’ex principe dovrà lasciare il Royal Lodge, residenza da trenta stanze nel Windsor Great Park, dove conviveva — in ali separate — con Sarah Ferguson. Il trasloco a Sandringham, proprietà privata del re, sarà accompagnato da un sostegno economico personale di Carlo. Non è un dettaglio: è una mossa politica e simbolica insieme. Allontanare la figura più imbarazzante dal cuore della monarchia, contenendo i costi pubblici e l’imbarazzo mediatico.
E ora i Sussex? Con la cesura di Andrew, la discussione riparte da loro. Dal 2020, dopo gli accordi di Sandringham, Harry e Meghan hanno mantenuto formalmente lo status di Duca e Duchessa di Sussex e lo stile HRH, ma si sono impegnati a non usarlo in pubblico. La loro posizione è sospesa: titoli intatti, uso congelato. Potrebbe cambiare? Tecnicamente sì, con nuove Letters Patent. Ma sul piano politico sarebbe un azzardo. Andrew Lownie osserva che la famiglia reale “ha imparato a stare avanti alla storia” e non esclude nuove mosse se lo richiedesse la reputazione della Corona. Tuttavia, un intervento sui Sussex rischierebbe di apparire punitivo, e dunque controproducente. William, in un’intervista di ottobre, ha dichiarato che “il cambiamento è nell’agenda” quando sarà re: non una minaccia, ma un programma. Una monarchia più snella, più chiara, meno ambigua.
Il precedente evocato è quello del 1937: quando Giorgio VI istituì per il fratello Edoardo il titolo di Duca di Windsor, negando però lo stile HRH alla consorte. Allora si trattava di ricomporre una crisi dinastica; oggi, di disinnescare una bomba reputazionale. Ma la logica è la stessa: salvare l’istituzione sacrificando l’individuo. Le Letters Patent e i Warrant tornano così a essere strumenti di governo, non di cerimonia.
Sul piano politico, la decisione definisce una monarchia “manageriale”. Carlo III agisce come un amministratore del rischio simbolico: niente più ambiguità, niente più titoli in disuso. Con due firme, riallinea forma e sostanza, onori e responsabilità. È un gesto di pulizia istituzionale ma anche di sopravvivenza dinastica: dimostrare che la monarchia sa correggersi da sé, prima che lo chiedano i giornali.
Per la famiglia reale, il messaggio è inequivocabile: l’epoca della tolleranza simbolica è finita. Per i sudditi, un segnale di rigore. E per gli studiosi del diritto costituzionale, un caso di scuola: la prerogativa reale torna a essere, paradossalmente, il più moderno degli strumenti. Con due atti secchi, Carlo III riporta i titoli alla loro funzione originaria: strumenti di servizio, non privilegi da ereditare. Il resto — Sussex compresi — è ancora da scrivere. Ma adesso si sa come si scrive: con carta intestata di Buckingham Palace, date precise, parole che pesano come pietre.
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