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Salute
07 Novembre 2025 - 12:58
Tumori e povertà: una donna su sei lascia il lavoro, e ogni paziente paga fino a 1.800 euro l’anno
In Italia, il cancro non toglie solo salute, ma anche reddito e stabilità. Secondo i dati diffusi al Congresso nazionale Aiom, il 16% delle donne e il 15% degli uomini colpiti da una diagnosi oncologica è stato costretto ad abbandonare il lavoro. È un effetto collaterale drammatico, poco visibile e raramente misurato: la “tossicità finanziaria”, cioè il peso economico che la malattia scarica sul paziente e sulla sua famiglia.
Oltre alla perdita del reddito, ogni malato oncologico affronta spese dirette che superano 1.800 euro all’anno, nonostante la copertura del Servizio sanitario nazionale. Costi “invisibili” ma inevitabili: trasporti da e per i centri di cura, farmaci supplementari, integratori, visite specialistiche e giorni di lavoro persi. Spese che, per chi è in terapia, diventano una seconda forma di malattia, meno curabile ma ugualmente devastante.
A portare finalmente ordine e metodo in questo campo è Proffit (Patient Reported Outcome for Fighting Financial Toxicity), il primo strumento al mondo capace di misurare scientificamente l’impatto economico del cancro. Sviluppato in Italia e pubblicato sul Journal of Cancer Policy, il questionario è stato validato a livello internazionale e ora è a disposizione della comunità scientifica anche in lingua inglese per l’utilizzo nel Regno Unito.
Proffit si compone di 16 affermazioni, su cui i pazienti esprimono il proprio grado di accordo. Nove riguardano le cause delle difficoltà economiche, sette ne analizzano le conseguenze. L’idea, spiegano gli oncologi, è dare voce diretta ai malati, senza filtri da parte dei clinici o del sistema. In questo modo, i dati restituiscono una fotografia autentica della qualità della vita e del peso economico che accompagna il percorso di cura.
«Ostacoli nella presa in carico, spese per i trasporti, farmaci aggiuntivi, integratori: sono i motivi principali delle difficoltà economiche che colpiscono anche chi è seguito in un sistema sanitario pubblico», spiega Francesco Perrone, presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom). «Proffit, realizzato dai ricercatori italiani, è il primo strumento in grado di misurare le cause della crisi finanziaria generata dal cancro».
La ricerca non è solo un esercizio accademico: dietro i numeri ci sono famiglie che si indebitano per pagare un treno o una benzina in più, coppie che riducono la spesa alimentare per coprire un ticket, lavoratori che rinunciano a turni o straordinari per potersi curare. Una spirale di fragilità che, con la diagnosi, entra in casa senza preavviso e spesso peggiora con la durata delle terapie.

Il concetto di tossicità finanziaria nasce negli Stati Uniti per descrivere l’effetto di un sistema sanitario basato sull’assicurazione privata. Che oggi, però, comincia a farsi sentire anche in Paesi come l’Italia, dove la sanità è pubblica ma i costi accessori e le disuguaglianze territoriali pesano sempre di più. Distanze chilometriche dai centri oncologici, carenza di servizi di trasporto, liste d’attesa e farmaci non rimborsabili creano diseguaglianze di accesso che colpiscono i pazienti più fragili, spesso quelli con redditi bassi o impieghi precari.
Lo studio dell’Aiom offre quindi un primo strumento concreto per misurare ciò che finora era rimasto ai margini: l’impoverimento progressivo che accompagna la malattia. Sapere quanto incide e perché può aiutare a correggere le politiche di sostegno e a costruire una presa in carico che non sia solo clinica, ma anche sociale.
La sfida, ora, è trasformare i risultati in azioni. Proffit fornisce i dati, ma spetterà alle istituzioni leggere il messaggio: il cancro non si combatte solo nei reparti, ma anche nei bilanci familiari.
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