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05 Novembre 2025 - 22:46
"Chi l'ha Visto?" questa sera in collegamento da Torino
Questa sera, davanti alle telecamere di Chi l’ha Visto?, Roberta Carassai ha parlato con voce ferma e tremante allo stesso tempo. Ha detto: «Io e suo padre non siamo arrabbiati. Vogliamo solo sapere che sta bene, offrirgli il nostro aiuto». Poi ha aggiunto, guardando la telecamera: «Sento che è da qualche parte, aiutatemi a ritrovarlo».
E da quella frase – semplice, quasi sussurrata – è ripartita una storia che dura da cinque anni: la scomparsa di Alessandro Venturelli, vent’anni al momento della sparizione, svanito nel nulla da Sassuolo (Modena) il 5 dicembre 2020.
Da qualche giorno Torino è diventata il nuovo centro di una speranza che non vuole morire. Sessanta segnalazioni in poche ore, tutte da persone che giurano di aver visto un ragazzo “uguale ad Alessandro” aggirarsi tra le vie del centro, dormire sotto i portici, confondersi tra i senzatetto. E così, questa mattina, Roberta Carassai ha preso un treno per la capitale piemontese, stringendo in borsa i volantini con il volto del figlio.
«Non potevo restare ferma – ha detto –. Ho aspettato, ho verificato, ma quando le segnalazioni sono diventate sessanta ho deciso: devo cercare mio figlio».
La madre ha già controllato due dei luoghi indicati: niente. Due giovani senza fissa dimora, simili ma non lui. Ma Roberta non si arrende. Con un piccolo gruppo di volontari, sta girando per le zone dove dormono i clochard, mostrando la foto di Alessandro a chiunque incontri. «Voglio solo sapere che sta bene. Non mi interessa altro», ripete.
È la stessa frase che ripete da cinque anni, da quel pomeriggio d’inverno in cui suo figlio è uscito di casa e non è più tornato. Alessandro aveva con sé i documenti ma non il cellulare. Indossava una giacca a vento blu, una felpa con cappuccio grigia, pantaloni della tuta grigi e scarpe da ginnastica chiare. Portava sulle spalle uno zaino di pelle nero.

Alessandro Venturelli scomparso da Sassuolo 5 anni fa
Sul suo corpo, segni che lo rendono inconfondibile: una rosa tatuata sull’avambraccio sinistro, una data in numeri romani e un quadrifoglio sul polso sinistro, due fasce nere tipo bracciale sull’avambraccio destro, lobi forati e una cicatrice sul collo, all’altezza della gola. È alto circa un metro e settanta, capelli e occhi castani, viso regolare, passo leggero.
L’ultima immagine certa è un fotogramma di una telecamera di videosorveglianza nei pressi di casa, a Sassuolo, zona Rometta alta. Dopo, solo il silenzio.
Negli anni la madre ha inseguito ogni traccia: Romania, Olanda, Liguria, ora Torino. Ogni volta la stessa routine: segnalazione, viaggio, speranza, delusione. Ma anche la stessa ostinazione.
Nel frattempo ha fondato l’associazione Nostos International Italia ODV, che si occupa di persone scomparse e delle loro famiglie. “Nostos” in greco significa ritorno, e per Roberta il ritorno di Alessandro è più di un sogno: è una promessa che fa a se stessa ogni mattina.
Il caso, però, rischia di essere archiviato. La Procura di Modena ha chiesto mesi fa di chiudere il fascicolo, considerandolo un allontanamento volontario. La famiglia si è opposta. La giudice Donatella Pianezza si è riservata la decisione dopo l’udienza di luglio, ma da allora tutto tace. La richiesta di archiviazione arriva dopo una proroga concessa nell’autunno 2024 dal giudice Clò.
Cinque anni di indagini, piste, segnalazioni. Eppure il mistero resta intero.
A chi lo descrive come un ragazzo fragile, Roberta risponde con dolce fermezza: «Sì, aveva dei momenti difficili, come tutti, ma non avrebbe mai lasciato la casa senza dire nulla. Non avrebbe mai rinunciato ai suoi affetti».
I genitori sono convinti che Alessandro non si sia allontanato per scelta, ma che sia stato manipolato, condizionato o finito in un contesto da cui non riesce più a uscire. «L’ho sentito confuso, impaurito. Diceva di essere seguito. C’è qualcosa che non torna», racconta la madre.
E in effetti, gli oggetti trovati nello zaino dopo la scomparsa – un telo di plastica, un metro da sarto, del nastro adesivo – hanno sempre fatto pensare a una situazione più complessa di una fuga volontaria.
Oggi Torino è il nuovo orizzonte di una speranza testarda. Roberta si muove tra Porta Palazzo, i Murazzi, i portici di via Roma, i dormitori di fortuna, le mense dei poveri. Incontra, chiede, mostra, ascolta. «Non voglio illudermi, ma non posso non provarci», dice mentre si sistema la sciarpa sotto la pioggia.
In diretta su Chi l’ha Visto?, questa sera, ha raccontato di aver trovato solidarietà nei torinesi: «Mi fermano, mi aiutano, mi danno indicazioni. Forse non è lui, ma ogni segnalazione è una piccola luce».
Dietro di lei, l’immagine di Alessandro sullo schermo dello studio: il volto giovane di un ragazzo che sembra guardare altrove, come se cercasse un punto d’appoggio nel buio.
Sassuolo, intanto, segue tutto con il fiato sospeso. Gli amici di Alessandro, ormai adulti, condividono le notizie sui social. “Eravamo in classe insieme, era un ragazzo gentile, sempre disponibile”, scrivono. Le stesse frasi che ogni anno, a dicembre, riemergono come un eco di ciò che non si può dimenticare.
Ma l’Italia dimentica in fretta, e Roberta lo sa. Per questo continua a parlare, a cercare, a pretendere attenzione. “Un figlio non si archivia”, ripete da mesi, e quella frase è diventata uno slogan morale più che giudiziario.
Non cerca giustizia. Cerca presenza. «Non mi serve sapere chi ha sbagliato – dice –. Voglio solo vedere Alessandro, sapere che respira, che non è solo».
Torino, di notte, è piena di ombre. Roberta cammina con la foto del figlio stretta tra le mani. Si ferma davanti ai portici di piazza Carlo Felice, osserva un gruppo di giovani che dormono avvolti nelle coperte, poi si volta e riprende a camminare. La città sembra trattenerle il fiato.
Nessuno sa se davvero quel ragazzo visto più volte sia Alessandro Venturelli. Ma la madre sa che finché esiste anche solo un dubbio, vale la pena cercare.
Perché, come ha detto in diretta tv, «una madre sente quando un figlio è ancora da qualche parte».
E se stanotte qualcuno, a Torino, alzerà lo sguardo e riconoscerà quegli occhi castani, quel tatuaggio, quella cicatrice, allora forse la storia di Alessandro Venturelli, vent’anni, scomparso da Sassuolo il 5 dicembre 2020, potrà finalmente trovare una strada verso casa.
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