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04 Novembre 2025 - 22:19
A Ivrea, arrivano le “Zone 30” ma tanto i 30 all’ora non li fa nessuno: ci pensano già le buche
Adesso è ufficiale: a Ivrea si va piano. Lentissimamente. Non per scelta ecologista o per una nuova filosofia urbana, ma perché le strade sono ridotte a un campo di battaglia. Eppure, la Giunta comunale ha voluto metterci il timbro sopra. Con la delibera n. 320 del 23 ottobre 2025, il sindaco Matteo Chiantore e i suoi assessori hanno istituito nuove “Zone 30” nel capoluogo e nelle frazioni.
Il provvedimento, votato all’unanimità e dichiarato “immediatamente eseguibile”, riguarda una lunga lista di strade. Nel quartiere San Giovanni: Viale Biella, Viale Friuli e Via Don Mosetto. Nel quartiere Bellavista: Viale Kennedy e Viale Papa Giovanni XXIII. Poi tocca alle frazioni di Canton Burzio e Canton Paciot, e a una serie di vie che da anni fanno tremare sospensioni e vertebre: Via De Gasperi, Via Quarto Reggimento Alpini, Via Pavetti, Via Chabod, Via Richielmy, Via Fermi e Via Strusiglia.
La motivazione è nobile, come sempre: “migliorare la sicurezza e la qualità della vita”, “favorire la mobilità sostenibile”, “tutelare i pedoni e i ciclisti”. Peccato che i pedoni, in certe zone, non riescano nemmeno a trovare un marciapiede intero, e i ciclisti debbano pedalare in equilibrio tra una buca e un tombino, pregando di non finirci dentro. Il Comune cita il Codice della Strada e la salute pubblica, ma dimentica il particolare più evidente: la salute del manto stradale, a Ivrea, è in coma irreversibile.
La verità è che a Ivrea si rallenta prima ancora di sistemare. Le Zone 30? Una toppa sopra un asfalto sbriciolato. E non è un modo di dire. Basta farsi un giro in Via Pavetti o in Viale Kennedy per capire che i veri limiti non sono i cartelli, ma i crateri. Ogni buca è un dissuasore di velocità naturale, gratuito e auto-rigenerante dopo ogni pioggia.
Tutto in ordine, tutto legale, per carità. Peccato che in Via De Gasperi il Codice della Strada si perda tra le fenditure dell’asfalto, e in Via Richielmy il concetto stesso di “mobilità” sia diventato relativo: si procede a zigzag, con lo stesso stile di un ubriaco che tenta di non cadere.

Il sindaco Matteo Chiantore parla di sicurezza e ambiente. Ma la sicurezza, a Ivrea, sarebbe già un traguardo se si potesse camminare senza inciampare e guidare senza rischiare di spaccare un cerchione. “Zone 30? Ma qui già si va a 20, e solo nei tratti buoni!”, scherza un automobilista di Bellavista. Un altro, più rassegnato, commenta: “Almeno ora le buche avranno un cartello dedicato.”
Ivrea è diventata la città dei limiti. Non di velocità, ma di pazienza. Si limitano i cittadini, non i disagi. Si limita il traffico, non l’incuria. E mentre il Comune installa nuovi segnali stradali fiammanti, l’asfalto continua a sbriciolarsi sotto le ruote come un biscotto dimenticato al sole.
Le nuove Zone 30 arriveranno presto. Ma non cambierà nulla. Perché a Ivrea, da tempo, la velocità non si misura in chilometri orari, ma nella distanza tra una buca e l’altra.
A Ivrea hanno istituito le Zone 30. Trenta all’ora, massimo. Un obiettivo ambizioso: qui già a quindici serve la trazione integrale e una buona assicurazione sulla schiena.
Dicono che è per la sicurezza. E ci mancherebbe: tra una buca, un tombino e un rattoppo, a Ivrea la sicurezza è soprattutto quella di non arrivare mai. Il Comune parla di mobilità sostenibile, e lo è davvero: le sospensioni non la sostengono più.
È la modernità all’italiana: non si asfalta, si annuncia; non si ripara, si delibera; non si stende il bitume, si stende la retorica.
Così le strade restano com’erano, ma con un cartello nuovo e una coscienza pulita.
E mentre il sindaco spiega che tutto serve a “migliorare la qualità della vita”, gli automobilisti fanno slalom tra i crateri come in un videogioco vintage.
A Ivrea, insomma, non si corre più. Ma non per rispettare il limite: “Zona 30” non è la velocità massima.
È il numero di buche in un minuto.
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