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04 Novembre 2025 - 21:15
Curtis Sliwa
Una lunga fila si forma davanti a una scuola di Jackson Heights in una piovosa mattina di lunedì. Ombrelli aperti, voci in spagnolo, bengali, mandarino e inglese si mescolano nell’aria. Un ragazzo con il telefono mostra un video di TikTok in cui Zohran Mamdani spiega perché gli autobus dovrebbero essere gratuiti. Un uomo in cappotto scuro scuote la testa e dice: "Io voto Andrew Cuomo: ha esperienza, e non voglio esperimenti sulla pelle della città."
In una metropoli come New York, dove ogni elezione locale ha ripercussioni ben oltre i suoi confini, la corsa per la carica di sindaco è molto più di una battaglia tra due candidati. Con 8,47 milioni di abitanti (stimati tra il 2023 e il 2024), New York non è solo una città, è una quasi-nazione. Il sindaco non governa solo una metropoli, ma un impero economico e sociale, un bilancio che oscilla tra i 112 e i 116 miliardi di dollari all’anno, con politiche che toccano la casa, i trasporti, l’educazione, la sicurezza, l’immigrazione e il clima.
Eppure, dietro l’apparente routine di una scelta politica, si nasconde una città che, dopo il trauma pandemico, sta lentamente ricrescendo. Con un aumento di 87.000 residenti tra il luglio 2023 e il luglio 2024, New York si trova di nuovo a dover affrontare le sfide della domanda di servizi e dell’alloggio, mentre la sua identità si ridefinisce ogni giorno.
Il favorito nelle ultime settimane è Zohran Mamdani, 34 anni, deputato statale del Queens e membro dei Democratic Socialists of America. La sua campagna si è concentrata su tre parole chiave: affitti, trasporti, tasse. Con un passato da attivista per l'housing, Mamdani è riuscito a costruire una narrativa che unisce il suo impegno politico con l’urgenza di una metropoli che richiede risposte concrete a problemi storici.
Dall’altra parte c'è Andrew Cuomo, 67 anni, ex governatore di New York, dimessosi nel 2021 a seguito di indagini per molestie sessuali. Ora in corsa come indipendente, Cuomo punta sul ritorno a una "gestione esperta", incentrata sulla sicurezza e su un programma moderato. La sua proposta è quella di riportare ordine, con un messaggio chiaro: “New York non è un laboratorio ideologico.” Il suo obiettivo è rassicurare una città che ha paura di esperimenti radicali, ma che, al contempo, cerca soluzioni immediate ai suoi problemi.
In campo anche Curtis Sliwa, il volto dei Guardian Angels, che punta su ordine pubblico e decoro urbano. Fino a poco tempo fa, la posizione dell’attuale sindaco Eric Adams era incerta, tra un possibile ritorno come indipendente e il suo successivo ritiro dalla corsa. La sua decisione ha aggiunto incertezza nelle ultime settimane, con una narrativa politica che è stata in parte determinata dalla sua ambigua posizione.
Il vero colpo di scena arriva, però, quando Donald Trump si intromette direttamente nella corsa. Il presidente esorta i newyorkesi a "votare Andrew Cuomo" per fermare Mamdani, paventando addirittura una riduzione dei fondi federali alla città se a vincere fosse stato il democratico. Un endorsement che ha spiazzato non solo i repubblicani, ma anche lo stesso Cuomo, che si è trovato in una posizione difficile, costretto a prendere le distanze senza rinunciare ai voti di quell'elettorato.
Questo endorsement di Trump è stato una mossa strategica, pensata per fermare la crescente ondata di supporto che Mamdani stava ricevendo. Un'azione che ha scombussolato gli equilibri e messo in evidenza l'importanza che questa elezione ha assunto su scala nazionale. La posta in gioco, infatti, è altissima.
Ogni elezione a New York è, infatti, un evento che risuona oltre i suoi confini. La città, con la sua influenza nel mondo della finanza, dei media, della cultura e della diplomazia, ha sempre avuto il potere di orientare i dibattiti su temi cruciali: polizia, immigrazione, crisi abitativa, trasporto pubblico e tassazione dei grandi patrimoni. Non sorprende, quindi, che think tank, grandi donatori e attivisti si siano tuffati nella campagna, con l’obiettivo di indirizzare l’esito verso la propria visione della città e del paese.
Nel frattempo, i numeri parlano chiaro: New York ha guadagnato 87.000 residenti nell’ultimo anno, un segno che la città, pur se ancora segnata dalla pandemia, resta un magnete globale. La crescita, però, porta con sé una domanda crescente di servizi, case popolari e spazi di accoglienza. E il bilancio, che ha superato i 112 miliardi di dollari, rispecchia queste necessità urgenti.
In questo scenario, la politica locale è tornata a essere una questione centrale per la città, con l’affluenza alle urne che ha superato i 735.000 elettori nei primi giorni di voto anticipato, un dato che segna un aumento significativo rispetto al 2021. L’entusiasmo e l’impegno civico sono più forti che mai, e l’elezione del 2025 sembra essere davvero una seduta di autocoscienza collettiva, in cui ogni cittadino è chiamato a riflettere sul futuro della città.
New York è un ossimoro vivente: cosmopolita e provinciale, caotica e severa, ricchissima e povera. La corsa per il City Hall non riguarda solo la gestione quotidiana della città, ma la visione di come sarà New York nel XXI secolo. Tra l'uguaglianza come diritto universale di Mamdani e l'efficienza come condizione di opportunità diffusa di Cuomo, la posta in gioco non è solo chi guiderà la città, ma quale contratto sociale prevarrà. La città si guarda allo specchio, e il futuro si scrive oggi.
Nato a Kampala da famiglia di origine indiana, cresciuto a New York, Zohran Mamdani è il volto di una nuova generazione di progressisti metropolitani. La sua grammatica politica è semplice e per questo potente: affrontare la principale ansia urbana – il costo della vita – agendo su tre leve.
Il canale comunicativo è il secondo pezzo della strategia: video brevi, dietro le quinte di quartiere, call to action chiare. Non stupisce, dunque, che Mamdani abbia dominato il racconto digitale della corsa, trasformando concetti tecnici – capex, matching funds, RCV – in contenuti virali. Nel frattempo, la macchina più istituzionale dell’MTA ha messo in guardia: togliere il gettito da bus può pesare sui bond dell’Autorità, e l’aumento di domanda richiederebbe nuovi mezzi, depositi e autisti. Qui si gioca la credibilità dell’intero impianto.

Per Andrew Cuomo, che ha lasciato la guida dello Stato nel 2021 dopo l’inchiesta della Procura generale e il successivo accordo con il Dipartimento di Giustizia sulla gestione delle molestie nell’Executive Chamber, questa sfida è anche un referendum personale. La sua proposta è un mosaico di “ordine e crescita”: sicurezza, infrastrutture, rapporti col mondo degli affari e una promessa di realismo sui conti. Nel finale, la sponda inattesa di Trump ha cambiato la geometria della gara, convogliando su di lui una parte del voto repubblicano, mentre Cuomo cercava di non farsi “abbracciare” troppo strettamente da un sostegno politicamente costoso in città.

Il fondatore dei Guardian Angels ha battuto i borough proponendo una ricetta lineare: più agenti visibili, lotta alle occupazioni abusive, tolleranza zero per i reati di strada, difesa del piccolo commercio. Un messaggio che intercetta il malcontento in alcune zone di Queens, Brooklyn e Staten Island, ma che deve fare i conti con la scelta di Trump di “spostare” il voto utile conservatore su Cuomo.
È raro che un presidente in carica intervenga così esplicitamente su una corsa municipale. Trump lo ha fatto, bollando Mamdani come “comunista” e indicando Cuomo come “male minore”. Un gesto che parla alla base repubblicana nazionale più che all’elettore di Upper West Side, ma che ha messo il tema dei rapporti Washington–New York al centro: “se vince Mamdani, la città riceverà solo il minimo legale dei fondi federali”, ha scritto il presidente. Una minaccia dal peso incerto sul piano giuridico ma potente sul piano politico.
Alle spalle di Cuomo c’è la scia della sua uscita di scena nel 2021, quando l’indagine della Procura generale di New York e i successivi accertamenti del Dipartimento di Giustizia hanno documentato un ambiente lavorativo “ostile” per 13 donne. Cuomo respinge le accuse e parla di strumentalizzazione. Gli elettori dovranno decidere se il capitale di esperienza pesa più delle ombre.
La cifra più eloquente prima dell’apertura delle urne è il dato del voto anticipato: 735.317 check-in in nove giorni. Tradotto: la città vuole essere parte del processo, e non delegarlo alle minoranze rumorose. Sia i comitati di Mamdani(con la loro potenza di fuoco porta a porta e digitale) sia il fronte Cuomo (con l’armatura dei donatori e una rete trasversale di endorsement) hanno investito per portare nuovi elettori ai seggi. La mappa dei flussi dirà se il boom ha favorito più i quartieri progressisti o i blocchi moderati.
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