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Vuoi una casa rinuncia ai cani! La storia di Mary, la peruviana che l'amministrazione comunale di Venaria vuole lasciare per strada

Da due mesi vive senza riscaldamento insieme alla figlia e ai suoi tre cani. L’amica Teresa Amato la aiuta, ma le istituzioni le voltano le spalle: “Le hanno detto che per avere una casa doveva abbandonare gli animali. È una vergogna”.

Vuoi una casa rinuncia ai cani! La storia di Mary, la peruviana che l’Italia vuole lasciare per strada

Vuoi una casa rinuncia ai cani! La storia di Mary, la peruviana che l’Italia vuole lasciare per strada

Ha 54 anni, si chiama Mary Zarate, viene dal Perù e da vent’anni vive in Italia, a Venaria Reale. Non è un nome che trovi nei verbali comunali o nei discorsi politici: è uno di quei volti che attraversano le strade in silenzio, sperando che qualcuno si accorga di loro. Oggi Mary è in emergenza abitativa. Ha una figlia di 17 anni, tre cani che considera parte della famiglia, e un passato di violenze domestiche da cui sta cercando di liberarsi. Ma, come spesso accade, alla violenza privata si aggiunge quella pubblica: quella dell’indifferenza, delle regole interpretate a piacimento, delle porte chiuse.

Da due mesi Teresa Amato, la sua amica, la sostiene come può. La accompagna agli uffici, scrive, telefona, insiste. “Speravo di avere un aiuto in più dalle Istituzioni”, dice con amarezza. Ma aiutarla, sembra, non è così semplice. “Non si sa bene per quale motivo debba essere discriminata…”, aggiunge. E infatti i motivi si moltiplicano, cambiano forma, diventano pretesti.

Prima le hanno detto che per avere un alloggio popolare doveva rinunciare ai suoi tre cani. Uno, peraltro, è intestato al suo ex marito. Quando Mary ha detto di no, le risposte si sono fatte fredde: “Allora non possiamo aiutarla”. Da lì, una serie di incontri, commissioni, email, procedure burocratiche tanto minuziose quanto inutili. “Io mi sono messa di mezzo — racconta Teresa — per me è intollerabile questa cosa. E loro hanno cercato tutte le gabole…”.

Venaria reale

L’assessore comunale Luigi Tinozzi ha spiegato che Mary era al secondo posto in graduatoria. Poi l’hanno invitata davanti a una commissione per la casa: sei persone attorno a un tavolo, funzionari del consorzio socio-assistenziale, un impiegato dell’Ufficio Casa, perfino un vigile come commissario. Ma nessuno ha saputo spiegare il motivo di quell’incontro.

“Non si capisce perché dovesse incontrare la commissione…”, sottolinea Teresa, con la voce rotta dalla stanchezza. Il verdetto, alla fine, è stato secco: nonostante vent’anni in Italia, “non può avere la casa, perché non ha la cittadinanza e un lavoro”.

Oggi Mary vive in una stanza di fortuna, ospite di un’amica, senza riscaldamento e senza acqua calda. La figlia vive avvolta in una coperta, mentre fuori è già praticamente inverno. Il marito italiano, da cui si sta separando, la picchiava. Da quell’abitazione l’hanno sfrattata, e da allora la sua vita è diventata un limbo di domande e risposte evasive.

Il sindaco Fabio Giulivi le ha chiesto di “aspettare ad andare sui giornali”, ma sono passati due mesi e non è cambiato nulla. Solo promesse, silenzi e rinvii. “Il sindaco vorrebbe del tempo per capire…”, dicono. Ma mentre il tempo passa, Mary resta senza un tetto.

Nel frattempo Teresa Amato non si è arresa: ha coinvolto  un avvocato, convinta che ci siano tutti gli estremi per una denuncia per discriminazione, non solo nei confronti di Mary ma anche dei suoi animali, considerati un ostacolo piuttosto che una risorsa affettiva. Perché sì, nel 2025 succede ancora che la compagnia di tre cani diventi un motivo per negare un diritto.

E poi c’è la salute. Mary è anemica, ha avuto complicazioni dopo il vaccino e non può assumere ferro. Ma nessuno sembra preoccuparsene. “Gli assistenti sociali di oggi non hanno detto beh…”, racconta Teresa, con una rassegnazione che sa di rabbia. “Domani la nostra avvocata chiamerà. Ma pare che per avere una casa, se sei peruviana, devi avere un lavoro. Ma se avesse un lavoro, mica sarebbe qui a chiedere una casa…”.

Burocrazia "trappola perfetta": senza cittadinanza niente casa, senza casa niente lavoro, senza lavoro nessuna possibilità di riscatto. E nel frattempo, Mary e sua figlia restano in bilico tra la vita e la sopravvivenza, aspettando che qualcuno, in Comune o altrove, trovi il coraggio di guardarle negli occhi e dire: “Hai diritto anche tu a una casa, a un po’ di dignità, a non dover scegliere tra i tuoi cani e un tetto sopra la testa.”

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