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03 Novembre 2025 - 23:44
Fabrizio Dassano e Lucio Fabi
C’è un frammento di Canavese nelle celebrazioni di GO!2025 Nova Gorica Gorizia Capitale Europea della Culturadi domenica 9 novembre: presso la tenuta di Castelvecchio nel comune di Sagrado (GO), sarà presentato anche il libro inedito sui graffiti lasciati dai soldati della Prima Guerra mondiale nella Villa Veneta Hofer-Hohenlohe, dal titolo: “Lacrime Vive”.
Scritto da Mirella Della Valle e Lucio Fabi (Edizioni della Laguna), racconta di nomi, date, ultime parole. Messaggi d'amore e disperazione. Preghiere e bestemmie. I graffiti sono la voce diretta di chi sapeva di poter non tornare, l'urgenza di lasciare traccia prima che il nulla inghiottisse anche il ricordo.
“Lungo tutto il fronte italo-austriaco – scrive Lucio Fabi – dall’Adamello all’Adriatico, trincee e ricoveri risultano istoriati da targhe e graffiti anonimi che per il fronte dell’Isonzo risultano in gran parte censiti nel Catasto dei graffiti della grande Guerra (www.graffitidiguerra.it).”
Lucio Fabi spiega che “carceri, caserme e ospedali, luoghi di costrizione e sofferenza, sono stati da sempre luoghi in cui, chi vi soffermava, poteva lasciare un segno del suo passaggio”. Spesso l’ultimo. Sono i casi dei graffiti della Risiera di Trieste, il campo di concentramento nazi-fascista della Seconda Guerra mondiale, di Caporetto, della sacrestia di Turriaco, e di Villa Hohenlohe della Grande Guerra, quando l’edificio si trovò in prima linea come postazione avanzata e punto sanitario, e quindi poi essenziale punto logistico di retrovia dopo la presa di Gorizia, del Sabotino e del San Michele.


Il graffito
La villa settecentesca, lesionata ma non distrutta dalle bombe, venne istoriata da centinaia di segni incisi sul marmo da ufficiali e soldati di passaggio, poi ricoperti di vernice e tornati alla luce con il restauro della proprietà del 2007.
“Altri due graffiti, di data 10 e 11 agosto, quando ancora proseguiva la sesta offensiva dell’Isonzo – scrive Lucio Fabi – Gorizia era appena caduta e proprio la mattina del 10 i reparti ungheresi avevano abbandonato le trincee del vicino monte San Michele, portano a conoscere la storia anche qui triste, di un altro combattente. Si tratta di Bernardo Mercando, nato a Borgofranco d’Ivrea il 14 dicembre 1886.”
Il giovane si trovò al riparo dei muri della villa e vi incise la scritta, la testimonianza di essere lì e ancora vivo: “Mercando Bernardo, Artiglieria 1° Fortezza. Borgofranco d’Ivrea, Provincia di Torino, 10 agosto 1916.”
Ma non sopravvisse al grande massacro e morì due anni dopo, passato al 4° reggimento Artiglieria da fortezza sul fronte del Piave, nel settore del Pasubio, il 3 maggio 1918, “per infortunio sul fronte di guerra”.
L’atto di morte, conservato presso l’Archivio storico del Comune di Borgofranco d’Ivrea, è stato trovato dal sindaco Fausto Francisca lo scorso mese di giugno tramite Giovanna Ferrando e per l’interessamento dello storico Fabrizio Dassano, che ha inoltrato le notizie allo storico Lucio Fabi.
“Su quell’atto – commenta Fabrizio Dassano – vi è la nitida quanto cruda descrizione del tenente medico Luigi Rosa, incaricato della tenuta dei registri di Stato Civile presso il 28° reparto someggiato, che fu inviata all’allora sindaco di Borgofranco:”
(…) L’anno millenovecentodiciotto ed alli tre del mese maggio a ore 15 e minuti trenta, all’età di anni trentadue il soldato Mercando Bernardo del 4° reggimento Artiglieria da fortezza 670a batteria alle ore quindici e minuti trenta (…) morto in seguito a ferite multiple da scoppio accidentale di polveri al capo, agli arti, con frattura consistente del femore sinistro e consecutiva grave emorragia.”
Fu sepolto nel cimitero militare di Specchieri in Vallarsa e poi trasferito in un loculo dell’Ossario del Pasubio, che fu inaugurato nel 1926 e dove compare il suo nominativo ancora oggi, così come compare sul monumento ai caduti di Borgofranco d’Ivrea.
Aveva 32 anni ed era nato nella casa in via Gioberti 14, da Bernardo e Maria Quacchia, entrambi contadini. I testimoni di nascita furono Achille Ferrando, fabbro-ferraio, e Pietro Ravetto, falegname, come recita lo scritto sul registro dell’atto di nascita.
A Borgofranco d’Ivrea esiste tutt’ora il “Balmetto Mercando”, già attivo agli inizi del ’900 anche come rustico spaccio e oggi uno dei migliori ristoranti della zona.
Elisa Benedetto
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