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02 Novembre 2025 - 11:17
Antonio Iaria, deputato cinquestelle
Non è una nuova metropolitana, ma un tram moderno e veloce. Si chiama Linea 12 e dovrebbe attraversare Torino da nord a sud, collegando Borgo Vittoria, Lucento e Madonna di Campagna con il centro città e con piazza Carducci, passando per la zona dismessa della ex ferrovia Torino-Ceres. Un progetto di rigenerazione urbana e mobilità sostenibile che, sulla carta, prometteva di cambiare il volto della città. Ma come spesso accade a Torino, le buone idee si sono impantanate nei conti, nelle varianti e nei ritardi.
Ora, però, qualcosa si muove. Il deputato Antonino Iaria, del Movimento 5 Stelle, ha presentato un emendamento alla Legge di Bilancio per recuperare 50 milioni sulla Linea 12 e far partire i lavori “per lotti funzionali”.
In pratica si tratterebbe di cominciare dai tratti già pronti, dove progetti e autorizzazioni sono conclusi, e proseguire man mano che arrivano nuovi fondi.
«L’obiettivo è partire subito – spiega Iaria – collegando Borgo Vittoria, Lucento e Porta Palazzo e avviando la riqualificazione di via Saint Bon. Vogliamo recuperare i soldi degli extra costi senza snaturare il tracciato originario».

Per capire di cosa si parla bisogna tornare al 2021, quando il Comune di Torino approvò il progetto della nuova linea tranviaria: 5 chilometri e mezzo, 12 fermate, un investimento da 221 milioni di euro, finanziato in gran parte con fondi statali e PNRR. Doveva essere il fiore all’occhiello della mobilità elettrica cittadina: un asse portante per ridurre il traffico privato e collegare quartieri popolari e periferici con il centro. Ma a distanza di quattro anni, i binari non ci sono e i soldi non bastano più.
Il costo dell’opera è infatti lievitato di altri 53 milioni di euro a causa dell’aumento dei materiali e di complicazioni tecniche. Il Comune ha tentato di restare nei limiti di bilancio tagliando e riscrivendo parte del progetto: è sparito il tratto in galleria previsto tra piazza Manno e via Cesalpino, sostituito da un passaggio in superficie. Una scelta che ha però acceso la protesta dei residenti della Spina Reale, dove il tram rischia di passare sopra un viale alberato e pedonale, uno dei pochi spazi verdi rimasti. «Non distruggete la Spina», hanno scritto i cittadini nei cartelli esposti alle finestre.
Ecco perché Iaria ha presentato l'emendamento. Ecco perchè insiste nel dire che bisogna procedere «senza snaturare il tracciato originario»: il senso è quello di salvare l’idea iniziale, rispettando il disegno di una Torino che vuole essere sostenibile, ma senza sacrificare le sue aree vivibili. L’emendamento propone un metodo nuovo: partire da dove è tutto pronto, garantendo tempi certi, controlli periodici e trasparenza sui costi. Ogni lotto avrebbe un proprio cronoprogramma vincolante e verrebbe monitorato in Commissione Trasporti, per evitare altri ritardi o sforamenti.
L’idea dei “lotti funzionali” non è una trovata politica: è già stata usata in altre grandi opere per aggirare la lentezza della burocrazia. Permette di iniziare da subito i lavori nei tratti tecnicamente maturi, mentre le altre parti attendono i nuovi stanziamenti. È un modo per non bloccare tutto in attesa di soldi che, in tempi di tagli, potrebbero non arrivare mai.
Intanto la situazione resta in bilico. Secondo gli ultimi documenti, i cantieri della Linea 12 potrebbero partire non prima del 2027, con un completamento stimato per il 2030. Ma sono date teoriche, perché senza quei 53 milioni aggiuntivi il progetto rischia di rimanere solo sulla carta. E con esso anche la riqualificazione di via Saint Bon, l’ex trincerone ferroviario oggi invaso da erbacce e rifiuti, che il tram avrebbe dovuto trasformare in un corridoio verde e vitale.
La verità è che la Linea 12 non è solo un mezzo di trasporto: è una promessa di rinascita urbana. Un’infrastruttura che potrebbe cucire quartieri tagliati fuori, dare nuovo valore alle periferie e offrire ai torinesi un’alternativa concreta all’auto. Ma serve coraggio politico e volontà amministrativa. «Questo approccio – ribadisce Iaria – evita rinvii e riprogettazioni, riduce il rischio di definanziamento e concentra le risorse dove l’opera è pronta a partire, garantendo sostenibilità operativa e finanziaria».
L’emendamento del deputato pentastellato non è soltanto una proposta tecnica: è un tentativo di riportare concretezza in un dibattito che da troppo tempo vive di buone intenzioni e rendering. Perché a Torino, ogni volta che si parla di tram, ferrovia o metro, si finisce sempre per inciampare nei costi, nei comitati, nelle varianti, nei tagli.
Se il Parlamento accoglierà l’emendamento, i primi binari della Linea 12 potranno finalmente comparire almeno nel tratto nord, restituendo ai torinesi la sensazione che qualcosa, questa volta, si stia davvero muovendo. Se invece tutto resterà fermo, anche questa storia finirà come tante altre: un progetto bello sulla carta, abbandonato tra faldoni e promesse.
Insomma, più che una linea tranviaria, la Linea 12 è diventata un simbolo. O parte adesso, o Torino continuerà a raccontarsi come una città che sogna di muoversi, ma resta sempre ferma al capolinea.
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