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31 Ottobre 2025 - 21:55
Billie Eilish al MoMA: “Date via i vostri soldi, shorties”. E poi dona 11,5 milioni di dollari
La sala è ovattata, i calici tintinnano, l’aubergine carpet del Museum of Modern Art di New York restituisce luci soffuse e un senso di esclusività sospesa. Poi, di colpo, la voce di Billie Eilish taglia l’aria come un bisturi: «Se sei un miliardario, perché sei un miliardario? Nessun astio, però… date via i vostri soldi, shorties». Sorrisi stupiti, mormorii, qualche applauso esitante. In platea volti notissimi – da Mark Zuckerberg a George Lucas – convocati dai WSJ. Magazine Innovator Awards per celebrare l’innovazione. Eppure la parola chiave scelta da Eilish, Music Innovator 2025, non è “successo”, ma “responsabilità”. E la cifra che mette sul tavolo subito dopo non lascia scampo alle interpretazioni: 11,5 milioni di dollari, dai proventi del suo tour, destinati a sostegno di equità alimentare, giustizia climatica e riduzione dell’inquinamento.
A scandire la notizia è il padrone di casa, Stephen Colbert, che dal palco annuncia: «Billie Eilish donerà i proventi del suo “Hit Me Hard and Soft Tour” a organizzazioni e progetti dedicati a combattere la crisi climatica e a promuovere l’equità alimentare: l’importo è di 11,5 milioni di dollari». La diretta si fa cronaca globale quando, pochi minuti dopo, Eilish pronuncia l’invito ai più ricchi in sala: «Vi voglio bene, ma qui dentro ci sono persone che hanno molti più soldi di me: se siete miliardari, perché lo siete? Date via i vostri soldi». Lessico a metà tra serio e ironico, quel shorties che corre sui social e diventa virale, un colpo di frusta perfettamente assestato al cuore del parterre. Immagini e clip rimbalzano tra piattaforme e testate lifestyle; secondo alcune ricostruzioni non tutti applaudono convinti e qualcuno nota la reazione trattenuta di Zuckerberg, seduto accanto alla moglie Priscilla Chan, premiata per l’impegno filantropico. Impressioni di cronaca mondana, da maneggiare con cautela, ma che raccontano il cortocircuito tra celebrazione e chiamata alla redistribuzione.
Il contesto non è neutro: è il 29 ottobre 2025, al MoMA di New York, per un’edizione che fotografa la trasversalità dell’innovazione. In line-up Hailey Bieber (beauty), George Lucas e Mellody Hobson (design), Ben Stiller(entertainment), Spike Lee (film), Billie Eilish (music), Nadège Vanhée-Cybulski di Hermès (fashion) e la dottoressa Priscilla Chan (philanthropy). A chiudere, il dj set di Questlove. Al tavolo siedono potere economico e culturale, filantropia e industria creativa: una platea ideale per un messaggio che interroga il rapporto tra ricchezza, responsabilità sociale e impatto. Eilish sceglie la via del contrasto: usare la vetrina del successo per parlare di redistribuzione.
Non è solo retorica. L’assegno da 11,5 milioni non è un guizzo isolato. Da anni la cantautrice lavora – spesso senza clamore – per decarbonizzare il suo ecosistema musicale. Con REVERB, partner di sostenibilità dal 2019, i tour diventano laboratori di riduzione rifiuti, taglio emissioni, ingaggio dei fan, educazione ambientale. Nelle date di “Hit Me Hard and Soft”, l’Eco-Action Village offre refill d’acqua per ridurre la plastica monouso, merch in materiali riciclati o organici, opzioni plant-based a prezzi allineati nei punti ristoro, oltre al “Music Decarbonization Project”, co-fondato nel 2023, per accelerare soluzioni a zero emissioni nell’industria musicale. E già con “Happier Than Ever” i report REVERB restituivano risultati misurabili: 117.000 bottiglie di plastica monouso eliminate durante gli show, oltre 133.500 azioni ambientali dei fan nelle Eco Villages, 8,8 milioni di galloni d’acqua risparmiati grazie al catering vegetale, più di 1 milione di dollari raccolti per progetti di giustizia ambientale. Così, quando Eilish prende il microfono al MoMA, non porta solo parole, ma una filiera di pratiche e dati.
A fianco c’è spesso la madre, Maggie Baird, fondatrice di Support + Feed, no-profit che promuove diete vegetali come strumento per sicurezza alimentare e clima, attiva in 11 città USA e in partnership internazionali; un lavoro riconosciuto anche da premi ambientali. Con lei Eilish ha animato i summit “OVERHEATED” a Londra e negli Stati Uniti, spazi di confronto su moda sostenibile, pratiche “green” nella musica e azioni quotidiane ad alto impatto. È la costruzione di un modello: il palco come megafono e prototipo, dove l’artista non si limita a chiedere, ma mostra come fare.
Il dato che brucia arriva dall’esterno del MoMA: secondo il rapporto Oxfam del 20 gennaio 2025, nel solo 2024 la ricchezza dei miliardari è cresciuta di 2.000 miliardi di dollari, a un ritmo triplo rispetto all’anno precedente; il numero dei miliardari è salito a 2.769, con 204 nuovi ingressi – quasi quattro a settimana. E al passo attuale il mondo potrebbe vedere almeno cinque trilionari nel prossimo decennio. Dietro lo spettacolo dei numeri la fotografia sociale resta impietosa: la povertà estrema fatica a ridursi e crescono i dubbi che la filantropia – per quanto fondamentale – possa da sola correggere squilibri così marcati senza politiche fiscali più progressive. È una discussione che dai corridoi di Davos alle aule universitarie divide economisti, policy maker e grandi donatori.
La filantropia, infatti, è sotto esame. Anche iniziative di enorme risonanza come il Giving Pledge – l’impegno lanciato da Warren Buffett e Bill e Melinda Gates perché i super-ricchi donino almeno metà del patrimonio – mostrano un bilancio a luci e ombre quindici anni dopo: hanno firmato 256 individui, coppie o famiglie, di cui 110 miliardari statunitensi, circa il 12% dei “paperoni” USA. La velocità dell’accumulazione rende difficile “donare abbastanza in fretta” e, soprattutto, gran parte dei fondi resta parcheggiata in fondazioni private e donor-advised funds, con tempi lunghi prima di arrivare ai servizi sul campo. Un’analisi dell’Institute for Policy Studies cita un solo caso tra i viventi ad aver effettivamente mantenuto la promessa, la coppia John e Laura Arnold. In parallelo si affermano strategie di erogazione rapida: MacKenzie Scott ha superato 17 miliardi di dollari donati a oltre 2.300 organizzazioni, con bandi aperti e procedure snelle, come dimostra un’ulteriore tranche da 640 milioni a 361 no-profit nel 2024. Modelli che piacciono agli addetti ai lavori perché accorciano le filiere e sbloccano risorse sui territori. In questo scenario, la Chan Zuckerberg Initiative – creata da Priscilla Chan e Mark Zuckerberg – resta tra i casi più osservati per ambizione e scala, fin dal celebre impegno a donare il 99% delle quote Meta nel corso della vita: un annuncio di quasi dieci anni fa che ha segnato uno spartiacque simbolico nella filantropia tech.
È significativo che la spinta a “donare di più” arrivi da un’artista ventenne diventata in pochi anni icona pop planetaria e portabandiera di un’idea di successo compatibile con l’ambiente. L’industria musicale – tradizionalmente ad alta intensità di viaggi, trasporti, materiali – è oggi banco di prova per standard esportabili ad altre filiere creative: tour plastic-free, moda circolare, alimentazione plant-based nel backstage. Eilish usa i palchi come megafoni e mini-laboratori: dai filmati di sensibilizzazione proiettati in concerto ai summit “OVERHEATED” che mettono in dialogo attivisti, designer, ricercatori e artisti. La donazione annunciata al MoMA si inserisce così in una traiettoria di co-progettazione tra musica e attivismo, dove l’impatto si misura e si replica.
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La serata è, com’è tradizione, anche una sfilata di fashion statements. Eilish sceglie un completo Miu Miu blu navy, maglia grigia, cravatta-foulard e calze con garters a vista: estetica “grandpa-core” in controcanto all’iper-lusso della platea. L’abito non copre il contenuto, lo incornicia: la novità non sta nel look, ma nel lessico che una popstar porta in un salotto “alto”. Poco distante, Hailey Bieber – premiata per il beauty – legge nel successo di Rhode la grammatica dell’innovazione imprenditoriale e del valore di un brand da 1 miliardo di dollari; Spike Lee, Ben Stiller, George Lucas e Mellody Hobson raccontano traiettorie diverse, tra cinema, intrattenimento e mecenatismo. Il mix è istruttivo: la filantropia non è un continente unico. Per alcuni è leva di impatto sistemico, per altri complemento di strategia d’impresa o di reputazione. Eilish propone una terza via: attivismo operativo, misurabile, replicabile. Non la richiesta di un assegno qualsiasi, ma di un dare strategico: sostenere progetti e voci che affrontano nodi strutturali come cibo e clima.
Cosa resta, oltre il titolo virale? Un invito esplicito a trasformare la generosità in riduzione delle disuguaglianze, con un focus su clima ed equità alimentare: due pressure points che incrociano ambiente, salute, lavoro, democrazia. La conferma che, nel 2025, parlare di ricchezza estrema significa parlare anche di fisco: numeri come +2.000 miliardi in un anno e 204 nuovi miliardari disegnano la scala della sfida, che supera l’orizzonte del singolo donatore. E l’idea che l’industria culturale possa farsi laboratorio di soluzioni: tour a impatto ridotto, coinvolgimento dei fan, supply chain più pulite, partnership con soggetti tecnici come REVERB. Da qui discendono le domande aperte – per i miliardari, ma non solo. Quanto e quanto in fretta i grandi patrimoni possono donare senza irrigidirsi in burocrazie che rallentano l’impatto? I casi di erogazione rapida mostrano benefici evidenti in contesti di emergenza e marginalità. Quale equilibrio tra filantropia e tassazione serve perché l’azione privata non sostituisca ma integri le politiche pubbliche di welfare, sanità, istruzione, transizione ecologica? È il tema che attraversa i report Oxfam e i commenti di economisti come Chuck Collins: «La filantropia non basta». Come misurare l’efficacia delle donazioni? Non solo quanto si dà, ma a chi, con quali criteri, quali output e soprattutto quali outcome nel tempo. Qui il mondo dell’arte e della musica può diventare incubatore di metriche nuove, user-centered, testate su pubblici ampi e trasversali.
Al netto dei meme e del clamore social, il fotogramma del 29 ottobre al MoMA racconta una tendenza più profonda: la politicizzazione gentile della cultura pop, capace di portare nel mainstream temi complessi – disuguaglianze, clima, responsabilità – oltre i panel e dentro la conversazione pubblica. Sermone, provocazione o invito pratico, l’intervento di Billie Eilish illumina un’evidenza: nel 2025 la domanda «perché sei un miliardario?» non è più tabù nei salotti dell’innovazione. E indica una via: cominciare da sé, con numeri e pratiche verificabili, mentre si chiede ad altri di fare lo stesso. La palla passa, inevitabilmente, a chi sta dall’altra parte del microfono. Fondazioni, venture filantropici, donor-advised funds, endowment universitari: l’ecosistema dei grandi donatori è maturo per un salto di trasparenza, velocità, misurabilità. Se la cultura pop è la vetrina, policy e governance sono l’officina dove si assembla il cambiamento. Nei prossimi mesi sarà osservato con attenzione tutto il fronte che va dal Giving Pledge ai modelli “open call” alla MacKenzie Scott: basterà il soft power di un discorso virale a spostare decisioni e allocazioni? O servirà l’impulso di riforme fiscali reclamate da organizzazioni come Oxfam? La risposta, con ogni probabilità, starà in una combinazione delle due cose. In ogni caso, la serata del MoMA consegna una verità mediatica: quando una popstar di 22 anni riempie gli stadi e, al tempo stesso, fa l’audit dei propri impatti, il confine tra intrattenimento e politica pubblica si fa poroso. È lì che, verosimilmente, si giocherà una parte della partita del prossimo futuro.
A margine, una nota di metodo: video e cronaca della serata sono stati verificati su più fonti; l’elenco dei premiati, la sede e il programma sono stati incrociati con la copertura ufficiale del Wall Street Journal e con i resoconti fotografici; la donazione è stata annunciata dal palco e ripresa da media internazionali. I dati su ricchezza e disuguaglianze arrivano dal report Oxfam del 20 gennaio 2025. Le informazioni sulle pratiche di sostenibilità dei tour di Eilish sono state verificate sui materiali di REVERB e della stessa artista
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