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San Mauro, missione in Africa da ridere: la sindaca resta a casa e la cooperazione brucia soldi già al check-in

Il progetto “Tech Jeunes” finanzia un’aula informatica a Dakar. Ma metà del contributo regionale serve per il viaggio. La sindaca Giulia Guazzora rinuncia alla partenza dopo una riunione di fuoco in Comune: il biglietto, però, è già stato pagato.

San Mauro, missione da ridere: la sindaca resta a casa, quattro in Africa e la cooperazione brucia soldi già al check-in

La sindaca di San Mauro Torinese

Colpo di scena. Alla fine, questa mattina, la sindaca Giulia Guazzora non è salita sull’aereo per Dakar. Ufficialmente per “motivi familiari”. Ma in Municipio, a San Mauro Torinese, pochi ci credono.
Chi c’era racconta di una riunione di maggioranza rovente, tenuta ieri sera, durante la quale la prima cittadina sarebbe stata messa sotto accusa dai suoi stessi alleati. Il tema? Proprio quel viaggio in Africa che ha fatto infuriare mezzo Consiglio comunale e lasciato perplessi persino alcuni tra i fedelissimi della Giunta.

Solo in Italia, infatti, si può chiedere un finanziamento per l’Africa e finire col finanziare un viaggio in Africa. È successo a San Mauro Torinese, dove con il progetto “Tech Jeunes” il Comune si è aggiudicato 15 mila euro dal bando regionale “Piemonte e Africa Sub-sahariana 2024”.

Sulla carta, un’iniziativa nobile: creare un’aula informatica nella scuola primaria Liberté 1 di Dakar per favorire l’inclusione digitale dei giovani senegalesi.
Nella realtà, però, quella che doveva essere una missione di cooperazione si è trasformata in una settimana di trasferta per cinque persone, costata oltre seimila euro, cioè quasi la metà del contributo regionale. 

I magnifici cinque sono ufficialmente indicati nella determina comunale: la sindaca Giulia Guazzora, l’assessora alla Cooperazione Daisy Miatton, il funzionario comunale Gesuino Lobino, il presidente dell’associazione Africa QuiCherif Nama Aidara Ndiaye e il direttore del Coordinamento Comuni per la Pace Edoardo Daneo. Cinque persone, sette giorni, seimila euro. Nessuno di loro è un informatico, ma tutti in partenza per “verificare l’avvio della collaborazione istituzionale”.

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Il problema è che non esisteva un programma.
Nessuna agenda, nessuna relazione preparatoria, nessun itinerario ufficiale. Solo un grande, generico riferimento a una “missione in Senegal”.
A leggere le carte, più che un progetto di cooperazione sembra un pacchetto vacanze travestito da impegno umanitario.

Il documento parla di “missione istituzionale”, ma nella sostanza sembra un viaggio premio.
“La delegazione – si legge – sarà composta da cinque persone.” 

Punto. Non una parola sui risultati attesi, nessuna analisi d’impatto, nessun cronoprogramma.
Il Comune ha già disposto il trasferimento dei fondi all’associazione Africa Qui, individuata come soggetto attuatore del progetto. La Regione Piemonte ha approvato la spesa. Tutto formalmente corretto, tutto perfettamente timbrato e protocollato.
Solo che, per ora, l’unico effetto tangibile è che qualcuno va in Africa con soldi pubblici a fare qualcosa che nessuno sa bene cosa sia.

La cifra per l’aula informatica – quella vera – è di 3.510 euro. Cinque computer, una stampante, un videoproiettore e una connessione internet per un anno. In pratica, costa meno del viaggio dei benefattori. È la cooperazione 4.0: due euro di solidarietà per ogni euro di vacanza.
Il progetto prevede anche una serata di “scambio interculturale” a San Mauro, con concerto di musica subsahariana e corner di street food senegalese e piemontese. Forse per abituarsi ai sapori locali, o forse per rendere più digeribile l’operazione.

A scoprire il tutto sono stati, l’altro ieri, i consiglieri Paola Antonetto e Roberto Pilone, con un accesso agli atti. Il segretario generale Laura Fasano ha trasmesso tutta la documentazione: bando, domanda, determine, notifiche. E le carte parlano chiaro: il Comune di San Mauro coordinerà i partner “per aumentare la sensibilità comune rispetto agli obiettivi dello sviluppo sostenibile”.
Un linguaggio burocratico che serve solo a rendere accettabile l’inaccettabile.

Il paradosso è che il progetto si chiama “Tech Jeunes”, ma di tecnologico non ha nulla. Non un codice, non un software, non un piano tecnico. Solo voli, parole e un’aula ancora da realizzare.
In un Paese dove per far funzionare un computer servono due determine e una missione esplorativa, forse c’era da aspettarselo. E in fondo non è neppure colpa loro: in Italia la cooperazione è sempre stata una buona occasione per fare turismo morale. Si parte per “costruire ponti tra le culture” e si torna con la valigia piena di souvenir.

“Mi sarei aspettata - aveva commentato la consigliera comunale Paola Antonetto - che in un progetto di cooperazione da 15 mila euro almeno 10 o 12 mila andassero davvero al Senegal. Non c’è scritto da nessuna parte che dovevano partire in cinque. Dell’Amministrazione poteva andarci una persona sola, e invece ci vanno in tre, portandosi pure il funzionario. Perché? Qual è il suo ruolo? Sa installare i computer? E poi, se uno parte per sette giorni senza sapere cosa deve fare, come fa a sapere che gli servono proprio sette giorni e non due o quindici? È una presa in giro”.

E sì, una presa in giro lo è. Perché quando si chiede come sia possibile spendere seimila euro in una settimana e chiamarla cooperazione, la risposta è sempre la stessa: “lo prevede il bando”. Come se bastasse un timbro per trasformare un viaggio istituzionale in un gesto di solidarietà.

A rendere la vicenda più paradossale, c’è il biglietto della sindaca Guazzora, già acquistato prima della rinuncia alla partenza. Resta da capire se verrà rimborsato o meno: in entrambi i casi, sarà un problema.
Se non dovesse essere rimborsato, una parte del finanziamento destinato alla cooperazione sarà andata bruciata già al check-in. La verità? Se davvero si voleva aiutare i ragazzi di Dakar, bastava comprare i computer e spedirli.
Invece a San Mauro avevano deciso di consegnarli di persona. Cinque persone, sette giorni, seimila euro.
Erano in cinque e sono partiti in quattro.
E qualcuno, tra un volo mancato e una missione “istituzionale”, ha già perso di vista la destinazione.

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