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29 Ottobre 2025 - 23:01
Ponte sullo Stretto: bloccato il sogno, restano i traghetti (e le promesse di Salvini)
Sullo Stretto il vento soffia, i traghetti fanno la spola come sempre tra Messina e Reggio Calabria, e i pendolari osservano il mare che si increspa. A Roma, invece, l’aria è ferma: in una stanza ovattata della Corte dei Conti cala il gelo sul sogno ultradecennale del Ponte sullo Stretto. La notizia arriva asciutta come una PEC: “non ammesso al visto di legittimità”. Tradotto: la Sezione centrale di controllo sugli atti di Governo ha detto no alla Delibera Cipess n. 41/2025, quella che avrebbe dovuto sancire, tra squilli di tromba e nastri tricolori immaginari, l’avvio definitivo del progetto e lo stanziamento dei fondi FSC. Per le motivazioni ufficiali bisognerà attendere fino a trenta giorni, ma il contraccolpo politico è immediato. Matteo Salvini grida al “grave danno per il Paese” e promette che “si andrà avanti”. L’opposizione, invece, sorride amara: i conti – e non solo quelli economici – non tornano.
Del resto, il “cartellino giallo” era già arrivato a fine settembre, quando la Corte dei Conti, in un documento di sei pagine, aveva chiesto al Governo una serie di spiegazioni. Non su dettagli irrilevanti, ma su punti che fanno tremare le fondamenta del megaprogetto: l’urgenza della procedura, i costi in crescita, le stime di traffico su cui si regge il Piano economico-finanziario e persino la selezione della società di consulenza. In quell’occasione, dal Ministero delle Infrastrutture si era parlato di “interlocuzione fisiologica”, un modo elegante per dire “tutto sotto controllo”. La società Stretto di Messina aveva rassicurato che non si trattava di una bocciatura, ma solo di qualche “chiarimento”. Oggi, con il no della Corte, si scopre che quella “interlocuzione” non è bastata: il Ponte, almeno per ora, resta sospeso. Ma non sull’acqua: sulla burocrazia.
La delibera Cipess n. 41/2025, datata 6 agosto, era il tassello che avrebbe dovuto completare la cornice del cosiddetto decreto Ponte (D.L. 35/2023). L’obiettivo dichiarato era approvare il progetto definitivo, assegnare le risorse del Fondo Sviluppo e Coesione e rendere l’atto pienamente operativo. Senza il visto della Corte dei Conti, però, la delibera resta lettera morta: non produce effetti, non libera fondi, non apre cantieri. Tutto fermo, come un rendering rimasto sul desktop del Ministero.
Il MIT, d’estate, aveva parlato di “cronoprogramma serrato”: cantieri preliminari entro fine 2025 e apertura al traffico nel 2032. Ora quel calendario serve più per un calendario dell’Avvento che per un piano lavori. E infatti, il diniego della Corte ha acceso il solito scontro politico. Giorgia Meloni parla di “ennesima invasione della giurisdizione nelle scelte del Governo” e accusa la Corte di voler fare politica, lamentandosi persino di rilievi “capziosi”, come l’invio di atti voluminosi tramite link. Salvini rincara la dose: “una scelta politica, un danno per l’Italia”. Per lui, il Ponte non solo si farà, ma lo vuole pure l’Europa, che secondo il ministro lo considera generatore di “migliaia di posti di lavoro”. Dall’altra parte, Angelo Bonelli esulta: “è una vittoria dello Stato di diritto”. Insomma, da un lato il Ponte come simbolo dell’orgoglio nazionale, dall’altro come monumento al velleitarismo infrastrutturale.


Il nodo, però, è sempre quello: i soldi. Il costo complessivo dell’opera resta fissato a 13,5 miliardi di euro, più o meno quanto dichiarato negli ultimi due anni. Le coperture, a detta del Governo, provengono da bilancio statale, quote FSC centrali e regionali e un aumento di capitale della società Stretto di Messina. Tutto in ordine, dicono loro. Ma la Corte non è dello stesso parere e ha chiesto lumi sul Piano economico-finanziario, sulle previsioni di traffico e sul rispetto dei vincoli europei in materia di appalti. C’è un punto delicato: il famoso limite del 50% oltre il quale bisogna bandire una nuova gara. E secondo indiscrezioni, le “controdeduzioni” non sarebbero state abbastanza convincenti.
La partita ora si gioca sui possibili rimedi. Senza il visto della Corte, la delibera non è efficace e non può produrre effetti. Restano in teoria tre strade, tutte tortuose: la registrazione con riserva, che però comporta una responsabilità politica diretta; il ricorso o deferimento alle Sezioni riunite, con tempi imprevedibili; oppure una nuova delibera corretta, che recepisca i rilievi. Insomma, un labirinto giuridico degno di Dedalo, con l’unica differenza che qui il Minotauro è il cronoprogramma dei lavori.
Nel frattempo, il contratto firmato in agosto 2025 tra Stretto di Messina ed Eurolink (consorzio guidato da Webuild) resta appeso a un filo. Eppure era stato presentato come un “atto storico”: penali milionarie per tutelare l’interesse pubblico in caso di stop, cauzione da 650 milioni e penali fino al 5% dei lavori non eseguiti in caso di recesso da parte dello Stato. Tutto molto solenne, ma tutto subordinato – guarda un po’ – alla registrazione della delibera Cipess e alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Che, al momento, non avverranno.
Sul fronte dei numeri, la storia non è meno intricata. Il solo “corpo ponte” costerebbe fino a 10,6 miliardi, mentre il resto serve per collegamenti stradali e ferroviari. Il Piano economico-finanziario si regge su pedaggi, trasferimenti pubblici e previsioni di traffico che, se dovessero rivelarsi troppo ottimistiche, rischiano di trasformare il Ponte in un costoso miraggio. Le stime parlano di pedaggi tra 4 e 7 euro a passaggio, con la rassicurazione che sarebbe meno del traghetto. Peccato che, per ora, l’unica certezza sia che i traghetti continuano a viaggiare e il Ponte continua a restare… teorico.
Tutto nasce dal “decreto Ponte” del 2023, quello che riattivò la società Stretto di Messina S.p.A., rispolverò gli atti con il contraente generale e rilanciò un progetto che sembrava destinato agli archivi del futurismo italiano. La Delibera Cipess del 6 agosto avrebbe dovuto trasformare i rendering in cemento. Ma la Corte dei Conti, con un colpo di penna, ha rimesso tutto in discussione.
Insomma, tra chi sogna di attraversare lo Stretto in auto guardando l’Etna e chi continua a prendere il traghetto con il caffè in mano, la verità è che il Ponte resta, ancora una volta, un simbolo perfetto dell’Italia: progettato, finanziato, annunciato… e poi bloccato da una firma che non arriva.
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