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Venaria, rottura nella maggioranza: Barbara Virga si sfila e vota da indipendente. “Sono la pecora nera del sistema”

La consigliera comunale annuncia le dimissioni dal gruppo Noi Moderati e la libertà di voto fino alle elezioni

Venaria, rottura nella maggioranza: Barbara Virga si sfila e vota da indipendente. “Sono la pecora nera del sistema”

Venaria, rottura nella maggioranza: Barbara Virga si sfila e vota da indipendente. “Sono la pecora nera del sistema”

Non è una fuga, ma - a suo dire - quasi una liberazione. Con un video asciutto diffuso sui social, Barbara Virga annuncia le sue dimissioni dal gruppo Noi Moderati e la scelta di votare “in autonomia” da qui alle elezioni della prossima primavera. Non farà cadere la maggioranza che sostiene Fabio Giulivi, ma è chiaro che la distanza politica si è ormai trasformata in distanza morale.
Un atto che non è solo amministrativo: è un gesto simbolico, un messaggio a una città che lei considera tradita nei fatti e svuotata nelle priorità.

Il superfluo ha tolto il posto all’essenziale”: la frase, scritta nel comunicato e ribadita nel video, è il cuore della sua accusa. In cinque anni, secondo Virga, Venaria è diventata più trascurata, meno viva, meno capace di rispondere ai bisogni concreti dei cittadini. E non lo dice da oppositrice, ma da protagonista di quella stagione che nel 2020 portò Giulivi alla vittoria, con una campagna elettorale che lei stessa definisce “vincente e costruita anche grazie al mio contributo politico e professionale”.
Oggi quel patto civico, secondo Virga, si è spezzato. “Le esigenze dei cittadini hanno lasciato spazio a velleità di protagonismo”, scrive. Ed è lì che il civismo ha smesso di essere una pratica collettiva per diventare un’etichetta di comodo.

La consigliera, che da dieci anni siede in Consiglio comunale, ripercorre un percorso segnato da battaglie dure — dall’acquisizione dei beni confiscati alla mafia al lavoro costante nei quartieri — e da una disillusione crescente. “Mi sono sentita spesso come il Grillo Parlante di fronte a Pinocchio”, confessa, amara. E aggiunge: “E sappiamo che fine fa il grillo nella storia.”
È un’immagine che dice molto più di cento righe di analisi: Virga non si ritrae per stanchezza, ma per incompatibilità. Con un sistema politico che, a suo dire, si è chiuso in un gioco di potere e di poltrone, dimenticando la città reale.

Nel lungo comunicato, l’ex coordinatrice locale di Noi Moderati racconta anche episodi che aprono uno squarcio sulla fragilità della maggioranza. “A dicembre scorso sono dovuta rientrare di corsa dalla Svizzera per tenere a galla il sindaco, che aveva perso due quinti della propria lista civica”, scrive, svelando uno dei momenti più tesi della legislatura. Un retroscena che lascia intendere quanto precario fosse — e resti — l’equilibrio politico intorno a Giulivi.
Virga rivendica di aver sostenuto l’Amministrazione “per senso di responsabilità”, ma ora dice basta: “Devo tornare a riflettere da civico puro, che è la mia dimensione naturale”.

Da qui la decisione di dimettersi anche dal ruolo di coordinatrice della zona Ovest di Noi Moderati, incarico accettato solo pochi mesi fa. “Avevo creduto che quella fosse la forza più vicina al civismo — spiega — ma oggi capisco che non posso più appartenere a nessun simbolo”.
Dietro le righe si intravede anche un’altra considerazione: il partito, osserva Virga, “ha congelato il simbolo per ragioni più nazionali che territoriali”. In altre parole, le dinamiche romane si sono mangiate la dimensione locale, e chi fa politica per i cittadini si ritrova stritolato tra le strategie dei vertici e l’indifferenza del territorio.

Nonostante tutto, la consigliera garantisce continuità istituzionale: “Per senso di responsabilità manterrò la presenza necessaria al numero legale del Consiglio comunale per evitare un commissariamento”. Ma precisa: “Voterò in assoluta libertà”.
Non è una minaccia, ma una postura: né con, né contro, semplicemente coerente con sé stessa.
E qui il messaggio politico si fa personale. “Non mi sono mai sentita un vero politico nel senso che si dà oggi al termine”, scrive. “Io in politica ci sono entrata per caso, da cittadina indignata dopo un’aggressione subita da un politico infastidito da una mia inchiesta.”
Da allora — aggiunge — ha provato a essere “una giornalista in prestito alla collettività”, non una professionista della carriera, ma della coerenza. È una dichiarazione d’intenti, ma anche un atto d’accusa verso un sistema che, secondo lei, premia la fedeltà ai partiti più che quella ai cittadini.

Nel comunicato c’è anche spazio per una riflessione identitaria, quasi biografica: “Per senso di responsabilità verso la città continuerò a fare il mio dovere fino all’ultimo giorno di mandato”, ma non più “allineata a logiche di partito o coalizione”.
E poi quella frase che suona come un epitaffio politico ma anche come una rivendicazione di libertà: “Per i cittadini rappresento la mosca bianca, ma per il sistema sono la pecora nera. Di questo ho preso atto serenamente.”
È l’ammissione di una solitudine consapevole, non subita. Il riconoscimento che il civismo vero, quando si scontra con il potere, diventa eresia.

Il riferimento a Rossella O’Hara nel finale — “Domani è un altro giorno” — non è un vezzo letterario, ma una finestra aperta sul futuro. Perché nel frattempo, il suo gruppo civico, Venaria & Futuro, la spinge verso un passo che lei ancora non conferma ma nemmeno esclude: la candidatura a sindaco.
“Ci rifletterò seriamente”, scrive, lasciando intendere che il tempo del silenzio è finito, ma non quello dell’impegno.

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