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27 Ottobre 2025 - 23:46
Carlo Calenda
Una porta di legno si richiude alle spalle di un consigliere comunale mentre, sotto i portici di Palazzo Santini, i telefoni trillano all’unisono con la stessa notizia: a Lucca il nuovo volto di Azione si chiama Elvio Cecchini. Pochi minuti dopo, un’email parte verso Roma. È quella di Samuele Pierantoni, segretario provinciale del partito, che annuncia le sue dimissioni. «Nomina gravissima», scrive, fotografando in due parole la frattura che, in poche ore, ridisegna la scena politica lucchese. Tre anni fa, Carlo Calenda arringava la piazza a fianco del centrosinistra, alla vigilia del ballottaggio tra Francesco Raspini e Mario Pardini. Oggi, il suo partito nomina commissario cittadino un consigliere che siede nella maggioranza di Pardini, eletto nel 2022 grazie a un apparentamento con l’ex leader di Casapound, Fabio Barsanti. Una parabola che a molti appare come una svolta di campo e che riporta al centro la domanda che accompagna Azione da mesi: dov’è oggi il confine del suo “centro riformista”?
La direzione nazionale del partito ha affidato il ruolo di commissario comunale a Elvio Cecchini, consigliere di maggioranza e capogruppo della lista civica che porta il suo nome. Il suo incarico istituzionale – “verifica e attuazione del Piano operativo” – lo colloca al cuore della macchina urbanistica lucchese. Quando la notizia si diffonde, tra il 23 e il 27 ottobre, le reazioni non si fanno attendere: Pierantoni lascia, denunciando l’incoerenza rispetto alla linea del 2022, quando Calenda aveva sostenuto apertamente il centrosinistra. «Nel 2022 Cecchini era iscritto ad Azione e fu deferito dopo l’apparentamento con Pardini e Barsanti. Non so cosa sia cambiato», scrive Pierantoni nella sua lettera. Dietro la miccia, c’è la polvere di una vecchia ferita: l’apparentamento del 2022 che ribaltò il ballottaggio. Al primo turno, Raspini era avanti con il 42,65%; Pardini lo superò al secondo, vincendo con il 51,0% dopo l’accordo con Barsanti (9,46%) e Cecchini (2,96%). Quell’alleanza – giudicata allora “innaturale” da Calenda – è oggi la stessa su cui il partito fonda la sua nuova struttura cittadina.
La mossa lucchese non arriva isolata. In Toscana, l’autunno 2025 è un domino di commissariamenti: Marco Remaschisi è dimesso da segretario regionale in polemica con il campo largo Pd–M5S, e pochi giorni dopo Calenda ha nominato Giulio Cesare Sottanelli commissario regionale. Un segnale di “centralizzazione” che tocca anche le province, dove i quadri locali vengono sostituiti da figure considerate più in linea con la direzione nazionale. Il caso lucchese, dunque, è più di un’anomalia locale: è il riflesso di una linea politica che rifiuta l’alleanza col Pd, si allontana dai 5 Stelle e tenta di occupare lo spazio del centro di governo, anche quando questo si colloca – come a Lucca – dentro una maggioranza di centrodestra.
Elvio Cecchini, architetto e volto noto della città, è un consigliere comunale con un passato da candidato sindaco. Nel 2022 il suo apparentamento con Pardini gli valse un seggio in Consiglio e un ruolo operativo sulla pianificazione urbanistica. Non è assessore, ma ha mani sul “Piano operativo”, il documento che detta le regole per sviluppo e trasformazioni urbane: un potere discreto ma reale. Con la nomina a commissario di Azione, la linea tra partito e amministrazione si assottiglia: un esponente della maggioranza di destra guida ora la sezione locale del partito che, tre anni fa, marciava con Calenda a sinistra del Pd. A complicare ulteriormente la trama c’è Fabio Barsanti, oggi vicesindaco con deleghe pesanti – sport, edilizia sportiva, frazioni, protezione civile, patrimonio – e un passato da leader di Casapound. Il suo nome è legato a doppio filo al 2022: senza il suo apparentamento, Pardini non sarebbe diventato sindaco. Per questo, la nomina di Cecchini ha un significato che va oltre la città: se Barsanti rappresenta la destra identitaria, e Cecchini oggi è commissario di Azione, il segnale politico è inequivocabile. Per Pierantoni e molti iscritti locali, si tratta di una “collaborazione a destra” mascherata da pragmatismo amministrativo.
Da Roma, la decisione è letta come parte di un disegno più ampio: ridisegnare il posizionamento del partito in vista del 2026, quando in Toscana si voterà in diversi comuni chiave. Nelle parole dei dirigenti vicini a Calenda, l’obiettivo sarebbe rafforzare la presenza territoriale, superando gli schemi tradizionali e costruendo ponti con le amministrazioni “riformiste”, a prescindere dalla loro etichetta politica. Ma non tutti ci credono. Per molti militanti, la nomina di Cecchini segna una contraddizione frontale con la linea di tre anni fa. Nel 2022, Azione sosteneva il centrosinistra, escludendo alleanze con l’estrema destra; oggi, accredita un commissario che governa insieme a chi di quella destra è simbolo. La stampa parla di “svolta a destra”, ma la verità – come spesso accade – è più complessa: è il tentativo di Calenda di costruire un centro che conti, anche a costo di sporcarsi le mani. Un azzardo che potrebbe pagare o esplodere.
Sul piano amministrativo, la nomina di Cecchini potrebbe rafforzare i legami tra Azione e la giunta Pardini, soprattutto nei dossier urbanistici e nei progetti di rigenerazione. Sul piano politico, invece, rischia di spaccare definitivamente il partito locale, già provato dai commissariamenti e dalle dimissioni a catena. Nel Pd lucchese si parla apertamente di “capitolazione morale”: il partito di Calenda, dicono, ha perso la bussola e la memoria delle sue stesse battaglie. Dall’altra parte, i sostenitori della mossa parlano di “pragmatismo” e “superamento degli steccati ideologici”.

C’è chi, nel partito, difende la scelta come mossa strategica per radicare Azione in territori dove il Pd è indebolito. E c’è chi, invece, la vede come un corto circuito identitario, una “giravolta” che smentisce il riformismo liberale in nome della sopravvivenza elettorale. La differenza, come sempre, la faranno i risultati. Se Cecchini riuscirà a incidere sui dossier cittadini – urbanistica, rigenerazione, partecipate – la sua nomina potrà essere letta come segno di maturità politica. Se invece prevarrà la sensazione di incoerenza, resterà come una delle pagine più controverse nella storia recente di Azione. Alla fine, tutto si riduce a una domanda antica quanto la politica: contano di più le parole o i fatti?A Lucca, Calenda ha scelto i fatti – o almeno, chi li gestisce. Ma la risposta, come sempre, arriverà dalle urne.
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