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Via della Scrofa, il giorno prima: retroscena e veleni sulla multa a Report

Un incontro “di libri” tra Bocchino e Ghiglia alla vigilia della sanzione. Il ruolo del presidente Stanzione, il peso degli uffici, le reazioni di Ranucci e le domande aperte sull’indipendenza delle Autorità

Via della Scrofa, il giorno prima: retroscena e veleni sulla multa a Report

Italo Bocchino

La porta si chiude piano, ma dietro quel gesto banale si consuma una scena che vale più di un indirizzo. È via della Scrofa, quella lingua di asfalto che da decenni unisce e separa il cuore della destra italiana: da una parte la Fondazione Alleanza Nazionale, dall’altra la sede di Fratelli d’Italia. È qui che, nel tardo pomeriggio del 22 ottobre 2025, entra il "piemontesissimo" Agostino Ghiglia, il membro più discusso del Garante per la protezione dei dati personali, per incontrare Italo Bocchino. Il giorno dopo, il 23 ottobre, lo stesso Garante vota la sanzione da 150.000 euro alla Rai per la puntata di Report sull’audio privato tra Gennaro Sangiuliano e Federica Corsini. Una coincidenza che non passa inosservata, accende i riflettori e scuote i palazzi della politica. E riapre, con forza, la questione dell’indipendenza delle Autorità di garanzia.

Secondo il racconto di Italo Bocchino, direttore del quotidiano Secolo d’Italia e figura storica della destra, l’incontro con Ghiglia si è svolto nel suo ufficio, all’interno della Fondazione Alleanza Nazionale. «Abbiamo parlato solo di libri», spiega, chiarendo che la conversazione avrebbe riguardato le presentazioni editoriali dei rispettivi volumi a Torino e Roma. Bocchino assicura inoltre di non essere a conoscenza del fatto che il giorno seguente fosse previsto il voto sulla sanzione a Report, e si affretta a precisare: «Sono amico di Sigfrido Ranucci, anche se non condivido tutto ciò che fa».

Agostino Ghiglia, dal canto suo, non nega la visita in via della Scrofa. La rivendica, anzi. Sostiene di aver agito con «assoluta trasparenza», di aver solo «incrociato Arianna Meloni nel corridoio» e di aver scambiato «poche parole di cortesia». Ricorda le sue origini nella destra e il percorso che lo ha portato a sedere in un’autorità indipendente, ma tiene a sottolineare che questo «non compromette l’imparzialità delle decisioni». E aggiunge: «Non vedo Sangiuliano da almeno dieci anni».

Agostino Ghiglia

Agostino Ghiglia

Il 23 ottobre, il giorno dopo quell’incontro, la Rai riceve la sanzione da 150.000 euro. Nel comunicato ufficiale del Garante si parla di violazioni del Codice della privacy, del Gdpr e delle Regole deontologiche del giornalismo, in relazione alla puntata di Report andata in onda l’8 dicembre 2024, quando fu trasmesso l’audio tra Sangiuliano e la moglie. L’istruttoria era partita proprio in quei giorni di dicembre, e la decisione è arrivata dopo dieci mesi di lavoro. Di fronte alle accuse di condizionamento politico, il Garante replica con una nota: «L’Autorità agisce in assoluta indipendenza e trasparenza».

Ma la bufera non si placa. Dalla sede del Parlamento europeo di Strasburgo, Sigfrido Ranucci parla di «solidarietà bipartisan ipocrita» e denuncia che «qualcuno sta usando il Garante come un’arma per punire Report e mandare un messaggio ad altre redazioni». Chiede un intervento del Garante europeo della privacy, e l’Autorità italiana risponde con toni durissimi: «Accuse gravissime e infondate».

Il caso esplode definitivamente quando Report, nella prima puntata della nuova stagione, manda in onda il video dell’ingresso di Ghiglia in via della Scrofa, la sera prima del voto. Le immagini bastano a riaccendere le polemiche sull’opportunità dell’incontro. Federica Corsini, moglie di Sangiuliano, respinge con decisione ogni allusione politica e parla di «fatti oggettivi», non di pressioni.

A rendere il quadro più scivoloso è però Italo Bocchino, che fornisce una sua versione del voto. Secondo lui, l’orientamento alla sanzione era già «messo nero su bianco dagli uffici», e la «componente leghista» del Collegio avrebbe annunciato in anticipo il proprio sì. La decisione finale, dice, sarebbe dipesa dal voto del presidente Pasquale Stanzione, giurista di area centrosinistra eletto nel 2020, «il cui voto vale doppio». Di conseguenza, conclude Bocchino, «la decisione va attribuita al Pd».

Un’interpretazione politica che si scontra con i fatti formali. La composizione del Collegio del Garante è fissata dal Parlamento dal 14 luglio 2020: presidente Pasquale Stanzione, vicepresidente Ginevra Cerrina Feroni, componenti Agostino Ghiglia e Guido Scorza

Nel funzionamento del Garante, come per molti organi collegiali, in caso di parità il voto del presidente è dirimente. Le fonti pubbliche aperte indicano che «il voto [del presidente] prevale in caso di parità», formula comunemente definita come voto “che vale doppio” solo in senso giornalistico. Non risulta dagli atti pubblici che il 23 ottobre vi sia stata effettivamente una parità; l’affermazione di Bocchino è dunque una lettura politica, non un dato formale sullo specifico scrutinio.

Il punto critico: opportunità e percezione di indipendenza

Il nodo politico non è soltanto se la sanzione fosse dovuta – tema che riguarda l’interpretazione di necessità, pertinenza e proporzionalità in presenza di un interesse pubblico – ma se sia stata garantita la massima distanza da contesti potenzialmente idonei a generare un conflitto d’interessi percepito. Il video dell’ingresso di Ghiglia in via della Scrofa la sera prima della decisione, pur non provando alcuna interferenza, solleva un problema di opportunità istituzionale: per un componente di un’Autorità indipendente, frequentare – seppur per ragioni private o professionali – ambienti direttamente collegati alla maggioranza di governo alla vigilia di un voto su una questione di alto rilievo politico-mediatico espone l’Autorità a un rischio reputazionale. Di qui la miccia che accende la lettura “politica” del provvedimento.

Nel giro di 72 ore, la vicenda diventa un caso nazionale: oltre alla trasmissione di Report, ci sono le immagini della partecipazione di Ranucci a iniziative pubbliche e sindacali, con appelli alla libertà di stampa, alla stretta contro le querele temerarie e al contrasto delle intimidazioni. La contrapposizione con il Garante si irrigidisce, mentre la trasmissione promette nuovi approfondimenti sull’operato dell’Ufficio dell’Autorità.

Il Garante per la protezione dei dati personali è un’Autorità amministrativa indipendente con quattro membri eletti dal Parlamento (due dalla Camera, due dal Senato), in carica per sette anni non rinnovabili. I componenti eleggono al loro interno il presidente e il vicepresidente. Il Collegio del settennato 2020-2027 è stato eletto il 14 luglio 2020: presidente Stanzione, vice Cerrina Feroni, componenti Ghiglia e Scorza. La prassi generale prevede che, in caso di parità, il voto del presidente sia prevalente.

Le domande che restano

  1. Opportunità: è compatibile, per un membro di Autorità indipendenti, frequentare sedi di partito alla vigilia di decisioni sensibili? Anche un incontro su temi editoriali può risultare inopportuno se collocato temporalmente a ridosso di un voto di grande impatto.
  2. Trasparenza: il Garante pubblicherà il dettaglio dei voti nominali o un resoconto della discussione collegiale (quando non coperto da riservatezza) per consolidare la percezione di indipendenza?
  3. Diritto di cronaca vs privacy: fino a che punto un audio domestico che lambisce un tema di interesse pubblico può essere diffuso? Le Regole deontologiche chiedono una prova rigorosa della «essenzialità dell’informazione» e della pertinenza rispetto all’interesse pubblico. In casi borderline, la linea divisoria è sottile e spesso rimessa al giudizio delle Autorità e dei tribunali. 
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