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26 Ottobre 2025 - 10:44
Pecco Bagnaia
C’è chi dice che la fortuna sia cieca. Ma nel caso di Pecco Bagnaia, viene il sospetto che la sfortuna ci veda benissimo. Con tanto di casco, visiera abbassata e una Desmosedici GP25 che ogni tanto decide di piantarsi nel momento meno opportuno. Dopo un 2024 da protagonista, il 2025 del torinese è diventato una stagione da psicanalisi: genio, velocità, cuore… e poi improvvisamente il nulla.
A Sepang, lo scenario è stato perfetto per una rinascita. Bagnaia parte male, finisce in Q1, ma come i veri campioni sforna una prestazione da manuale: pole position conquistata a morsi, giro dopo giro, con una freddezza da bisturi. Poi, sabato, nella Sprint Race, la vittoria: pulita, chirurgica, senza errori. Tutti a dire “ecco il vecchio Pecco”. Il pubblico in visibilio, la squadra che si abbraccia, i tifosi che si illudono di nuovo.
E invece, come in una maledizione da romanzo gotico, la domenica si trasforma nel solito incubo. Mentre corre per il podio, la Ducati lo tradisce: gomma posteriore a terra, addio sogni di gloria. Il ritiro è un pugno nello stomaco. Pecco, che fino a quel momento stava domando la gara, si ritrova ai box con lo sguardo perso nel vuoto. A quel punto non serve neppure arrabbiarsi: la sfiga è diventata un’abitudine, quasi una compagna di viaggio.

Certo, il 2025 non è tutto nero. Ci sono stati momenti di pura magia. In Giappone, Bagnaia ha dominato come ai vecchi tempi: pole, sprint vinta e una moto finalmente cucita addosso. Ma poi, come se qualcuno lassù si divertisse a cambiare i copioni, arriva la caduta, il guasto, il weekend storto. È un’altalena continua. E lui, da campione qual è, invece di abbattersi, trova pure il modo di filosofeggiare: «Le difficoltà aiutano a crescere, mettono in dubbio il tuo valore, e ti costringono a migliorarti», ha detto. Parole che suonano come una preghiera per chi crede ancora che la costanza tornerà a essere la sua arma segreta.
Ma a Borgo Panigale, la pazienza comincia a scarseggiare. Dal box Ducati filtrano malumori: «La pazienza sta finendo», ha ammesso qualcuno del team. Tradotto: il talento non basta più, servono risultati. Pecco lo sa, e ogni volta che indossa la tuta sembra caricarsi di tutto quel peso – del passato glorioso, delle aspettative, della pressione di chi ti ricorda che sei un doppio campione del mondo.
In classifica, le cifre raccontano una battaglia all’ultimo respiro: terzo posto, appaiato con Marco Bezzecchi, separato da pochi punti e da un destino opposto. Mentre l’amico-rivale cresce gara dopo gara, Pecco alterna le vette alla ghiaia. E a due GP dalla fine – Portimão e Valencia – il margine è così sottile che basta una curva storta per buttare via tutto.
Eppure, nonostante la malasorte, non c’è dubbio: quando la moto funziona, Bagnaia è ancora il più forte di tutti. La classe non si discute, la velocità nemmeno. È la continuità che manca, quella maledetta costanza che trasforma un talento in leggenda. Ma come si fa a essere costanti quando il destino ti cambia la gomma a tre giri dalla fine?
Così il 2025 rischia di passare alla storia come l’anno della “sfiga tecnica”. Non una crisi di pilota, ma una crisi di fiducia reciproca tra uomo e macchina. Una sorta di amore tossico tra Pecco e la sua Ducati: si amano, si odiano, si rompono, si riprendono. Un rapporto che lascia segni, ma anche speranze. Perché se il campione torinese riuscirà a piegare anche la sfortuna, allora non ci sarà più nessuno capace di fermarlo.
E nel frattempo, gli appassionati continuano a tifare, sospesi tra applausi e bestemmie. Perché con Pecco è così: o lo ami o ti fa impazzire. Ma una cosa è certa – quando corre, corre anche il cuore di tutti noi.
Dietro le sfortune di Bagnaia c’è una moto nervosa, imprevedibile, più vicina a una belva da domare che a un bolide perfettamente ingegnerizzato. Il doppio campione del mondo lo sa bene: la Desmosedici GP25 è il suo peggior avversario.
C’è un mistero che aleggia nei box di Borgo Panigale. Non riguarda la potenza, né la velocità. La Ducati Desmosedici GP25 è un missile, lo sanno tutti. Il problema, semmai, è che il missile non sempre obbedisce ai comandi di Pecco Bagnaia. A volte vola, altre si impunta. E così, nel 2025, la moto più temuta del paddock è diventata anche la più capricciosa.
Gli ingegneri la chiamano “evoluzione”, i tifosi la chiamano “sfiga tecnica”. Ma il risultato non cambia: una stagione a corrente alternata, con prestazioni da fenomeno e ritiri inspiegabili. A Sepang, Bagnaia ha dimostrato di essere ancora il miglior interprete del suo mezzo: è partito dalla Q1, ha fatto la pole, ha vinto la Sprint. Tutto perfetto fino a quando, in gara, la gomma posteriore ha deciso di salutare il gruppo. Addio podio, addio punti. È l’emblema di un anno in cui ogni volta che Pecco tocca il cielo, qualcosa lo tira giù.
Secondo i tecnici Ducati, il problema principale non è tanto la velocità quanto la stabilità e la gestione elettronica della potenza. La GP25 spinge come una furia, ma è anche più rigida e difficile da “leggere” per chi, come Bagnaia, basa tutto sul controllo e sulla sensibilità in curva. “La moto non risponde come dovrebbe”, avrebbe confidato ai box dopo la caduta di Austin. La nuova generazione di motori e mappature sembra penalizzare proprio chi ha uno stile più pulito, più “ragionato”.
Mentre altri piloti Ducati – come Bezzecchi o Martín – riescono a cavarsela grazie a una guida più aggressiva, Pecco si ritrova spesso a lottare con una moto che non sente sua. Una moto che, paradossalmente, dovrebbe essere cucita su di lui. E invece è diventata un abito stretto, scomodo, che lo costringe a cambiare stile, rischiare di più e commettere errori che fino a due anni fa non avrebbe mai fatto.
C’è poi la questione mentale. Bagnaia lo ha ammesso senza nascondersi: “Questo periodo mi mette alla prova, ma mi aiuta a capire molte cose di me stesso”. Tradotto, significa che la fiducia è fragile. E quando la fiducia vacilla, ogni vibrazione della moto diventa un incubo. Gli psicologi sportivi parlano di “spirale del dubbio”: inizi a chiederti se sei tu il problema, e finisci per perdere quella naturalezza che distingue il campione dal semplice pilota.
E non aiuta sapere che in Ducati la pazienza comincia a finire. Il team principal, dopo l’ennesima gara storta, ha dichiarato: “Ho perso la pazienza anch’io”. Una frase che pesa come un macigno su un due volte campione del mondo che, fino a ieri, era il volto perfetto della casa di Borgo Panigale. Oggi, invece, Bagnaia si trova in bilico tra la gloria e la tempesta.
Sul piano tecnico, gli analisti parlano di una moto troppo sofisticata, dove l’elettronica ha preso il sopravvento. La potenza è diventata ingestibile nei tratti caldi delle piste asiatiche, le gomme si surriscaldano più facilmente, e la gestione del consumo è un rebus. A Sepang, la foratura è stata la punta dell’iceberg: un problema isolato, sì, ma simbolico. Come se la GP25 avesse deciso di ricordare a tutti che non c’è ingegnere al mondo capace di domare il caso.
Eppure, dietro la frustrazione, si nasconde ancora un Pecco Bagnaia integro, caparbio, lucido. Non urla, non accusa, non cerca alibi. Si rimette il casco, analizza i dati, e prova di nuovo. Come se ogni volta credesse che la sfortuna, alla fine, si stancherà anche lei. E magari succederà proprio così: basta che la GP25 smetta di comportarsi come una diva e torni a fare la moto.
Perché quando Pecco e la Ducati si capiscono, non c’è pista, pilota o destino che tenga. Ma finché la sintonia non torna, ogni gara rischia di trasformarsi in una roulette. E Pecco, purtroppo, continua a pescare il numero sbagliato.
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