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Cronaca
24 Ottobre 2025 - 10:27
Gli allevatori del Torinese lanciano l’allarme: i lupi non temono più nulla. Non solo pecore o capre, ma anche animali molto più grandi, come vacche, cavalli e perfino asini. In diversi comuni della provincia si moltiplicano gli attacchi ai capi al pascolo, anche in pianura, e non più soltanto negli alpeggi di alta montagna. L’ultimo episodio, che ha scosso il mondo agricolo, arriva da Frossasco, dove una famiglia di lupi ha aggredito di notte una mandria di bovini lasciata libera al pascolo, ferendo gravemente tre mucche.
Un episodio che, secondo Coldiretti Torino, non è isolato ma fa parte di un trend preoccupante.
“Fino a poco tempo fa – osserva Bruno Mecca Cici, presidente di Coldiretti Torino – si riteneva che il lupo, che pesa 25 o 30 chili, non avesse la forza di attaccare una mucca adulta. Invece, prima sono iniziati i vitelli, poi le manze, e adesso anche i bovini adulti. Parliamo di animali che per un allevatore rappresentano un mese di lavoro e di reddito. Una mucca di razza Piemontese o di una razza alpina da latte non è solo un capo d’allevamento, ma un patrimonio. E come se un lavoratore dipendente non percepisse lo stipendio. Di fronte a questo scempio non possiamo più stare a guardare”.
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Il danno, infatti, non è solo economico ma anche morale. Molti allevatori si dicono stremati, pronti a rinunciare alla monticazione. “Ogni anno – continua Mecca Cici – arrivano nei nostri uffici allevatori disperati, che dicono di non farcela più. Alcuni non vogliono più salire in montagna con mucche, pecore o capre. E qualcuno ha già mollato. Ma se spariscono i margari, sparisce anche l’agricoltura in montagna. Il pascolo è l’unico modo per produrre cibo in ambiente alpino. E se non si può più pascolare nemmeno in pianura, il problema diventa dell’intero territorio, anche delle città”.
Per Coldiretti Torino il pascolo all’aperto non è solo una tradizione antica, ma un presidio ambientale e una pratica di benessere animale. “In nome del benessere animale – ricordano dall’associazione – l’Europa impone corsi di formazione e regole rigide per la gestione delle stalle, ma nessuno interviene sulla presenza dei lupi, che rende impossibile quello che davvero sarebbe il miglior benessere per gli animali: il pascolo libero”.
Da qui la richiesta di un intervento concreto. Coldiretti chiede alla Regione Piemonte di fare finalmente la propria parte, non solo garantendo risarcimenti più rapidi e congrui per gli allevatori colpiti, ma soprattutto avviando un vero Piano di gestione e controllo del lupo. “Vogliamo sapere – aggiunge Mecca Cici – a che punto è il decreto attuativo regionale che dovrebbe recepire la scelta europea e nazionale di avviare piani di controllo. La Conferenza Stato-Regioni ha già dato il via libera e l’ISPRA ha indicato i numeri per ogni regione. Poi, improvvisamente, il tema del lupo è scomparso dall’agenda politica. È venuto il momento di smettere di rimandare e di avviare un piano articolato per province e aree locali”.
Intanto, gli esperti spiegano che gli attacchi più violenti, come quello di Frossasco, si concentrano in questo periodo dell’anno, quando le famiglie di lupi addestrano i cuccioli alle tecniche di caccia. È il cosiddetto fenomeno del “surplus killing”: predazioni multiple e indiscriminate che lasciano dietro di sé carcasse non divorate, vittime di una furia che ha più a che fare con l’istinto di dominio che con la fame.
Le immagini raccolte nelle campagne torinesi testimoniano la crudeltà e la frequenza crescente di queste incursioni. Ormai non è raro imbattersi in branchi composti da cinque o sei individui che si spingono sempre più in basso, fino alle aree collinari e pianeggianti. In alcuni casi, singoli esemplari in dispersione sono stati segnalati persino nei pressi di zone urbane, alla ricerca di nuovi territori non ancora occupati.
Un quadro che conferma quanto l’equilibrio fra uomo e natura, in Piemonte, sia oggi in crisi profonda. Gli allevatori non chiedono l’eliminazione del lupo, ma un piano serio e controllato che garantisca la convivenza possibile tra chi lavora la terra e un predatore che, senza controllo, rischia di far scomparire secoli di agricoltura di montagna.
Gli attacchi dei lupi non si fermano più ai pascoli d’alta quota. In provincia di Torino, il predatore simbolo delle montagne si spinge sempre più verso la pianura, e gli allevatori non nascondono la paura: pecore sbranate, vitelli scomparsi, mandrie in fuga.
Secondo i dati della Regione Piemonte, nel 2024 sono state 172 le aziende agricole che hanno chiesto un risarcimento per danni da predazione da lupo e altri grandi carnivori. Tutte le domande sono state accolte, per un importo complessivo di oltre 444 mila euro, di cui 42 provenienti solo dalla provincia di Torino, per un totale di 59 mila euro. Numeri che fotografano un’emergenza silenziosa ma concreta, che non riguarda più soltanto la montagna, ma anche la collina e la pianura.
Uno degli episodi più recenti è avvenuto a Ciconio, nel Canavese, dove sei pecore sono state sbranate in un allevamento di pianura. Una scena che, fino a qualche anno fa, sarebbe sembrata impensabile: i lupi, spinti dalla crescita demografica e dalla ricerca di nuovi territori, non si fermano più ai confini naturali delle valli alpine.
Il problema, spiegano gli esperti, non è solo economico. Ogni capo perso rappresenta un colpo al cuore di chi vive di agricoltura, ma anche un rischio per l’intero ecosistema rurale. Il pascolo all’aperto, infatti, è una pratica che tutela l’ambiente, mantiene vive le montagne e garantisce il benessere degli animali. Ma con i branchi che si spingono fin quasi alle porte dei centri abitati, molti margari rinunciano a salire in alpeggio o a lasciare liberi i loro animali.
E intanto, il fenomeno cresce. Le immagini raccolte dagli allevatori mostrano branchi sempre più numerosi, spesso composti da cinque o sei individui, capaci di colpire in modo fulmineo. Alcuni esemplari solitari sono stati avvistati nelle Valli di Lanzo, in Alto Canavese e in altre zone di pianura, segno che il territorio è ormai completamente colonizzato.
Gli esperti dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) parlano di un equilibrio difficile: la popolazione dei lupi cresce a ritmo costante, mentre la disponibilità di prede selvatiche – come caprioli e cinghiali – non basta più. Per questo, i predatori si spingono verso greggi e mandrie domestiche. Ma per gli allevatori, la convivenza rischia di diventare insostenibile.
“La Regione deve intervenire – chiedono da Coldiretti –. Servono più risorse per le difese attive e passive, risarcimenti rapidi e un Piano di controllo del lupo, previsto a livello europeo ma ancora fermo in Piemonte. La Conferenza Stato-Regioni ha già dato il via libera e l’ISPRA ha indicato i numeri per ogni territorio, ma il tema è scomparso dall’agenda politica regionale”.
Nel frattempo, le campagne torinesi continuano a fare i conti con un fenomeno che non è più confinato ai boschi. E mentre gli allevatori contano i capi persi, il lupo torna a essere protagonista di una storia antica quanto il mondo: quella del difficile equilibrio tra natura e uomo, tra libertà selvaggia e sopravvivenza di chi la terra la vive ogni giorno.
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