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Un prete mite e rivoluzionario: Don Silvano Cola, da Lanzo al mondo, sulla strada della santità

È nato a Camerino ma è cresciuto a Lanzo Torinese, dove ancora vivono i suoi familiari e dove imparò a guardare la vita con gli occhi della fede. Oggi, il Vescovo di Frascati Stefano Russo ha aperto il processo di beatificazione di don Silvano Cola, sacerdote dal cuore ardente che seppe unire spiritualità e psicologia, fede e umanità. Seguì più di 25 mila sacerdoti e diaconi, costruì ponti dentro la Chiesa e scrisse pagine che continuano a illuminare il mondo.

Un prete mite e rivoluzionario: Don Silvano Cola, da Lanzo al mondo, sulla strada della santità

Un prete mite e rivoluzionario: Don Silvano Cola, da Lanzo al mondo, sulla strada della santità

Era nato a Camerino nel 1928, ma è a Lanzo Torinese che il piccolo Silvano Cola crebbe, respirando quella fede semplice e concreta che avrebbe poi segnato tutta la sua vita. In quella cittadina che ancora oggi ricorda la sua figura con affetto, vivono i suoi familiari, tra cui il nipote Paolo, da sempre impegnato nel mondo dell’associazionismo. E proprio da Lanzo, dove tutto ebbe inizio, arriva ora la notizia che il Vescovo di Frascati, monsignor Stefano Russo, ha ufficialmente aperto il Processo di Beatificazione e Canonizzazione del sacerdote torinese morto nel 2007 a Grottaferrata. Un atto che riconosce non solo una lunga vita di fede e di servizio, ma una fama di santità che da anni ha varcato i confini italiani.

Ordinato sacerdote nel 1950, a ventidue anni, don Silvano Cola fu un prete di grande intelligenza e profonda umanità. Nei primi anni di ministero si dedicò ai giovani in difficoltà, lavorando alla Città dei Ragazzi di Torino, dove imparò che la vera pastorale nasce dall’ascolto, dal rispetto e dalla condivisione. Ma la sua vita non fu priva di crisi: attraversò momenti di dubbio, in cui arrivò a mettere in discussione la propria vocazione. Fu allora che l’incontro con la spiritualità dell’unità proposta dal Movimento dei Focolari lo cambiò radicalmente. In quella visione di Chiesa fraterna, di comunione reale tra le persone, trovò la risposta a tutte le sue inquietudini. Da quel momento, la sua esistenza prese una direzione precisa: diventare costruttore di unità.

don silvano cola

Nell’editto con cui monsignor Russo ha annunciato l’apertura del processo di beatificazione, il vescovo lo definisce “sacerdote dal cuore ardente, costruttore di unità e innovatore”. E in effetti, don Silvano incarnò una visione moderna del sacerdozio, capace di intrecciare la profondità spirituale con una comprensione psicologica dell’uomo, la teologia con la vita quotidiana. Studiò psicologia, patristica e filosofia, tradusse testi antichi e pubblicò decine di libri, molti dei quali tradotti in varie lingue. Fu anche il primo biografo della Venerabile Maria Orsola Bussone, la giovane del Movimento dei Focolari morta nel 1970 a 16 anni in fama di santità. Il suo libro contribuì a far conoscere quella storia luminosa in tutto il mondo: in Cecoslovacchia, in Germania, in Portogallo, in Inghilterra.

Negli anni, don Cola divenne un punto di riferimento per migliaia di sacerdoti. Si stima che abbia seguito e accompagnato oltre 25 mila preti e diaconi permanenti in tutto il mondo, portando ovunque la sua visione di fraternità. Fu tra i fondatori e animatori della diramazione sacerdotale dell’Opera di Maria, la branca del Movimento dei Focolari dedicata ai presbiteri e ai diaconi permanenti. Il suo lavoro fu tanto intenso quanto discreto: amava dire che “la comunione salva te e salva tutti”, convinto che il ministero sacerdotale non dovesse mai diventare una solitudine ma un cammino condiviso.

Il suo modo di essere prete colpiva per la mitezza. Non imponeva, ma orientava. Non cercava di convincere, ma di accompagnare. Per questo era amato da tutti: da chi credeva e da chi non credeva, da chi viveva dentro la Chiesa e da chi ne stava ai margini. Aveva una naturale capacità di entrare nel cuore delle persone, di comprenderle, di aiutarle a trovare la loro strada senza mai giudicare. Era, come hanno ricordato molti dei suoi confratelli, una trasparenza viva del Vangelo.

Il suo nome è legato anche a numerosi sacerdoti del Canavese e delle Valli di Lanzo: don Pierino Rogliardi di Mathi, don Enrico e Giovanni Coccolo di Cafasse, don Luigi Tarquini, don Marco Rattalino già a Varisella e Monasterolo, don Osvaldo Maddaleno, don Sergio Fedrigo di Venaria. Tutti lo hanno considerato un amico, un fratello, un punto di riferimento spirituale. Con monsignor Vincenzo Chiarle, storico parroco di Vallo Torinese, don Silvano condivise un legame di profonda amicizia, un sodalizio umano e spirituale che si tradusse anche in scelte pastorali coraggiose. Fu lui ad accompagnare i primi passi del Movimento Parrocchiale dell’Opera di Maria e a sostenere con il suo “benestare” la costruzione del Centro parrocchiale di Vallo, un progetto che sembrava impossibile e che invece, grazie alla fiducia reciproca, si trasformò in una concreta opera di comunità.

La sua influenza non si limitò al Piemonte. Negli anni Ottanta e Novanta, don Cola fu chiamato spesso a Roma e in varie diocesi d’Europa per tenere incontri, conferenze e ritiri spirituali per sacerdoti. Era apprezzato non solo per la profondità del suo pensiero, ma per il suo linguaggio semplice, diretto, accessibile anche ai laici. Collaborò con la rivista Città Nuova, dove scrisse di spiritualità e di teologia “popolare”, una teologia che parlava di vita vissuta, non di astratte teorie.

Morì il 17 febbraio 2007 a Grottaferrata, nel Lazio, a 79 anni. Negli ultimi anni aveva lavorato instancabilmente al dialogo all’interno della Chiesa, favorendo la comunione tra movimenti ecclesiali e nuove comunità, un tema che lo appassionava e che aveva sempre guidato la sua azione pastorale. La sua morte lasciò un vuoto profondo, ma la sua eredità continuò a vivere nei tanti sacerdoti e laici che aveva formato e accompagnato.

Oggi, a distanza di quasi vent’anni, la sua fama di santità non solo non si è affievolita, ma si è diffusa nel mondo. Dall’Italia all’America Latina, fino all’Europa dell’Est, il suo nome è legato alla costruzione di una Chiesa più fraterna, più umana, più vicina alle persone. Per Lanzo, che lo vide crescere e partire, è motivo di orgoglio e di commozione. Non è solo la storia di un sacerdote, ma quella di un uomo che seppe guardare oltre i confini, che credette nella potenza del dialogo e che fece dell’unità la sua missione.

Oggi, nel cammino verso la santità, don Silvano Cola torna idealmente a casa. A Lanzo, dove ogni strada, ogni volto, ogni campanile conserva ancora un pezzo del suo sorriso mite e della sua fede ardente. E mentre la Chiesa avvia ufficialmente il processo che potrebbe portarlo agli altari, molti lo considerano già un santo: un prete che non ha cercato gloria, ma ha scelto di essere luce per gli altri.

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