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Dallo scarto alla luce: il viaggio del biogas e la rinascita dell’energia

A Cuorgnè, l’ingegnere Donato Stabile guida il pubblico in un viaggio tra scienza, natura e coscienza energetica: dal rifiuto alla rinascita, la lezione poetica e scientifica del biogas come simbolo di equilibrio tra uomo e terra

Dallo scarto alla luce: il viaggio del biogas e la rinascita dell’energia.

Nella suggestiva Sala Conferenze Trinità di Cuorgnè, l’atmosfera era quella delle grandi occasioni. Lì, di fronte a un pubblico attento e curioso, l’ingegnere Donato Stabile, docente e profondo conoscitore dei sistemi energetici, ha condotto un viaggio affascinante tra scienza, natura e filosofia dell’energia. Il suo intervento, organizzato dall’Unitre di Cuorgnè e introdotto dalla presidente Maria Calvi, ha rappresentato il seguito ideale di un ciclo iniziato lo scorso anno, dedicato al valore e al significato dell’energia nella vita dell’uomo. Questa volta, il focus si è spostato su due forze simboliche della modernità: il biogas, emblema della rigenerazione naturale, e l’energia nucleare, sintesi della potenza tecnologica.

Con il suo tono pacato ma vibrante di passione, Stabile ha spiegato come il biogas rappresenti la più tangibile dimostrazione che la natura non spreca nulla. È, ha detto, l’arte di trasformare lo scarto in risorsa, di restituire vita a ciò che sembrava destinato alla fine. Il cuore di questo processo si chiama digestione anaerobica: un meccanismo tanto antico quanto straordinario, oggi governato dalla tecnologia, che consente di ottenere metano biologico da materiali organici di scarto come liquami, residui vegetali e rifiuti alimentari. Dentro i digestori, grandi serbatoi chiusi e riscaldati a circa quaranta gradi, miliardi di microrganismi invisibili lavorano in silenzio, nutrendosi della materia organica e trasformandola in biogas, una miscela di metano e anidride carbonica che diventa nuova energia.

Nel descrivere quel processo, Stabile ha parlato con il linguaggio limpido di chi conosce a fondo la materia ma non ha bisogno di tecnicismi per affascinare. Ha mostrato come, attraverso un equilibrio delicato di reazioni e di vita microbica, ciò che nasce come scarto diventi una fonte preziosa di energia rinnovabile. Il gas grezzo viene poi purificato, liberato da impurità e umidità, e può essere impiegato per produrre simultaneamente elettricità e calore, o trasformato in biometano, identico al metano fossile ma completamente sostenibile.

Il calore stesso che alimenta il processo non va perduto: può riscaldare serre, abitazioni o allevamenti, creando una circolarità virtuosa in cui nulla si disperde. E quando tutto sembra finito, ciò che rimane nel digestore, il cosiddetto digestato, si rivela un’altra ricchezza: un fertilizzante naturale che restituisce al terreno i nutrienti originari, migliorando la struttura del suolo e riducendo la necessità di concimi chimici. È, in fondo, un ciclo perfetto: ciò che nasce dalla terra ritorna alla terra, in una danza continua tra materia e vita.

“Il digestore è come uno stomaco collettivo”, ha detto Stabile con un sorriso, “digerisce la vita, la trasforma e la restituisce sotto forma di energia.” Una metafora semplice e potente, capace di far comprendere che ogni impianto è, in un certo senso, un organismo vivente: va nutrito con equilibrio, controllato con cura e mantenuto in salute giorno dopo giorno.

Dal punto di vista ambientale ed economico, il biogas è molto più di una soluzione tecnica: è una rivoluzione silenziosa che restituisce dignità alla terra e futuro alle aziende agricole. Permette di ridurre i costi di smaltimento e di energia, abbattere le emissioni, valorizzare i rifiuti e creare autonomia produttiva. Ogni impianto diventa così un piccolo laboratorio di sostenibilità, un luogo dove la scienza incontra il buon senso contadino, dove la tecnologia non domina la natura, ma la accompagna. È anche una leva di comunità: grazie al biogas possono nascere vere e proprie comunità energetiche rurali, in cui agricoltori, cittadini e imprese condividono l’energia prodotta, trasformando l’autosufficienza in solidarietà.

L’ingegnere ha insistito su un punto cruciale: la vera sfida del futuro non sarà quella di produrre di più, ma di produrre meglio, in armonia con i cicli naturali. L’energia, ha ricordato, non è solo un bene materiale, ma una presenza viva, quasi spirituale, che attraversa la vita in ogni sua forma. È la sostanza invisibile che tiene unito il mondo, il soffio che muove l’universo, la voce silenziosa che vibra dentro la materia. Nel ciclo del biogas, l’essere umano impara ad ascoltare questa voce, a comprendere che nulla è davvero rifiuto, perché ogni fine contiene già un nuovo inizio.

Nel buio del digestore, miliardi di esseri invisibili compiono un piccolo miracolo quotidiano: la decomposizione che genera luce, il silenzio che diventa energia, la morte che si trasfigura in vita. Ogni molecola di metano che sale verso la fiamma è una rinascita, un atto d’amore tra la terra e il cielo. L’uomo, con la sua intelligenza, non fa altro che partecipare a questo respiro cosmico, riconoscendo che l’energia non è dominio ma relazione, non possesso ma partecipazione.

Quando impariamo a custodirla, a rispettarla e a restituirla, entriamo nel suo ritmo sacro. E allora tutto ritorna, tutto si rinnova, tutto trova un senso nell’equilibrio del mondo. Forse la vera rivoluzione non è nella tecnologia, ma nella coscienza: nel riconoscere che ogni scarto contiene un seme di luce, e che anche l’ombra può essere principio di vita.

E in questo, ha concluso Stabile, si incontrano il contadino e lo scienziato, l’ingegnere e il poeta: tutti uniti dallo stesso gesto antico e necessario, quello di trasformare la materia in armonia, lo scarto in speranza, l’energia in vita che continua.

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