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Piano Regolatore di Chivasso nel mirino: gli ex sindaci all'attacco. "Se non era per le minoranze non avevano neanche i numeri per approvarlo"

Centro storico bloccato, periferie in espansione: il gruppo Liberamente Democratici di Claudia Buo chiede un piano vero, partecipato e trasparente

Piano Regolatore di Chivasso nel mirino: gli ex sindaci all'attacco. "Se non era per le minoranze non avevano neanche i numeri per approvarlo"

Piano Regolatore di Chivasso nel mirino: gli ex sindaci all'attacco. "Se non era per le minoranze non avevano neanche i numeri per approvarlo"

Venerdì pomeriggio, nella sede di Liberamente Democratici in via Roma, la capogruppo Claudia Buo ha presentato insieme agli ex sindaci Renato Cambursano e Libero Ciuffreda un dossier che somiglia più a un atto d’accusa che a una semplice analisi tecnica.

Sul tavolo, le cartine della nuova variante del Piano Regolatore Generale Comunale, adottata a ottobre in Consiglio dall'amministrazione del sindaco Claudio Castello.

Sul volto dei presenti, la stessa domanda che circola da settimane sotto i portici di via Torino e intorno a Palazzo Santa Chiara: ma davvero Chivasso aveva bisogno di consumare ancora suolo?

La risposta, per Buo e per chi l’ha preceduta alla guida della città, è netta: no. E dietro quel “no” c’è una ricostruzione minuziosa, fatta di numeri, date, omissioni e incongruenze. Un “no” che si traduce in un’accusa: l’amministrazione ha approvato una variante urbanistica opaca, incoerente e priva di visione, spacciandola per sviluppo sostenibile.

Il racconto parte da un episodio apparentemente tecnico ma politicamente significativo: la seduta del 7 ottobre, quando il Consiglio comunale è riuscito ad approvare l’adozione del progetto preliminare solo grazie all’astensione dell’opposizione. La maggioranza, racconta Buo, non aveva i numeri per deliberare, mancavano consiglieri, il presidente del Consiglio, perfino il presidente della commissione “Uso e assetto del territorio”.

Con otto voti — dice — non sarebbero riusciti neppure a tenere aperta la seduta. Siamo rimasti in aula per senso di responsabilità verso la città. Altrimenti, il piano sarebbe saltato.” Come dire: se non ci credono nemmeno loro, quelli della maggioranza, dobbiamo crederci noi nella nuova variante del Piano Regolatore Generale?

La capogruppo ricostruisce l’iter: dicembre 2024, la prima versione del piano; trenta giorni per le osservazioni, proprio durante le festività natalizie; sessanta osservazioni arrivate, tra cui quelle presentate da Liberamente Democratici. “Abbiamo lavorato anche durante le vacanze per inviare osservazioni puntuali. Ma a gennaio nessuno ci ha detto cosa fosse stato accolto o respinto. Solo un elenco di titoli, senza motivazioni. Trasparenza zero.” Poi la nuova versione, portata in aula il 7 ottobre “in ritardo di una settimana perché — commenta Buo — quando si lavora con leggerezza, ci si perde dei pezzi”.

Il nodo della trasparenza diventa il cuore politico della conferenza e delle accuse di Liberamente Democratici.

Si riempiono la bocca di partecipazione, ma convocano incontri pubblici alle quattro del pomeriggio, senza avvisare i quartieri interessati. Non si lavora così su un piano regolatore. Non con quattro conferenze online e 500 pagine di documenti consegnati cinque giorni prima del Consiglio.” A fine riunione, Cambursano chiuderà il cerchio: “Un piano partecipato non si scrive su internet. Si scrive andando nei quartieri, frazione per frazione, borgata per borgata.”

Eppure, al di là del metodo, al centro della critica resta il consumo di suolo. È la pietra angolare del discorso di Buo, sostenuta dai dati tecnici contenuti nel documento distribuito ai giornalisti. “Ci raccontano di un piano che riduce l’impatto ambientale. In realtà, aumenta le aree edificabili, sia industriali che residenziali.” Il caso emblematico è la nuova NP1, zona industriale a nord della ferrovia per Aosta, al confine con la discarica. “Un’area infelice, priva di infrastrutture, dove — spiega Buo — si parla di nuovi insediamenti produttivi, ma la Chiond non ha più un metro libero: ha venduto tutto. Allora perché prevedere altro terreno? E soprattutto, chi ci andrà a costruire? Forse solo impianti fotovoltaici.

L’ex deputato Cambursano alza la voce: “Quei terreni erano stati urbanizzati con fondi europei e soldi della Fondazione CRT. Li avevamo attrezzati per attrarre industrie, non per fare campi di pannelli solari. E oggi vengono venduti come agricoli a dodici euro al metro quadrato. È uno scandalo.

Un momento della conferenza stampa

La Regione Piemonte e la Città Metropolitana — ricorda Buo — hanno espresso pareri molto chiari: “Invitano il Comune a verificare l’effettiva esigenza di nuove aree di espansione, considerata la presenza di lotti non ancora utilizzati.” Eppure, il piano va avanti nella direzione opposta. “Non solo non hanno ridotto le previsioni, ma hanno persino ampliato alcune zone.” La NP1, formalmente ridotta in superficie rispetto alla versione di dicembre, è stata “compensata” da una nuova DP1, poco più a nord, che allarga ulteriormente il perimetro industriale.

Dopo l’industria, il dossier passa all’edilizia residenziale. “Qui — spiega Buo — la contraddizione è ancora più evidente. Il piano vigente del 2004 è stato attuato solo al 57%, e un altro 18% è in corso di realizzazione. Resterebbe un quarto ancora disponibile. Allora perché costruire altro?” La risposta, dice, non esiste. O peggio, “è scritta tra le righe: giustificano i nuovi quartieri parlando di ‘ricucitura urbana’, come se un boschetto piantato ai margini bastasse a sanare vent’anni di pianificazione sbilenca”.

Le nuove aree, indicate con le sigle NR2, NR3 e NR5, sorgono a ridosso di zone agricole e del cosiddetto “polo logistico”. “Ma il polo logistico — commenta Buo — non c’è. Non esiste. È un fantasma usato per aggirare le norme acustiche e giustificare nuovi lotti. Eppure, la stessa Città Metropolitana scrive che quelle zone dovrebbero restare verdi di protezione.”

Liberamente Democratici smonta un’altra contraddizione del piano: i numeri sulla popolazione. “La città perde abitanti. Siamo scesi sotto i 26 mila. Ma il piano prevede tremila residenti in più. Perché? Su quali basi? Perché qualcuno pensa che la carta basti a invertire il calo demografico?”.

E mostra le tabelle ufficiali: tra la versione di dicembre e quella di ottobre, la superficie edificabile aumenta ma gli abitanti previsti diminuiscono, passando da 834 a 472 nei soli piani esecutivi convenzionati. “Forse — ipotizza Ciuffreda — per restare sotto la soglia dei 30 mila abitanti. Una scelta che evita di far salire Chivasso di fascia, con tutti gli obblighi e i vantaggi che ciò comporterebbe: più consiglieri, un direttore generale, un segretario di livello superiore.

Cambursano annuisce: “Se vuoi costruire una città che cresce, punta almeno a 30.001 abitanti, non a 29.999. Invece, qui si gioca al ribasso.” Il paradosso, aggiunge, è che nel piano provinciale Chivasso è classificata come “comune con fabbisogno abitativo sociale”, non residenziale generale. “Significa case popolari, non nuove villette. Ma qualcuno ha preferito leggere solo la prima metà della frase.

Il discorso si sposta sul centro storico, tema caro ai Liberamente. “ — spiega Donatella Bodrino, architetto già candidata in Liberamente — le nuove regole bloccano ogni incentivo alla rigenerazione. Gli edifici costruiti dagli anni Cinquanta in poi, quelli che il piano chiama ‘di frattura’, vengono congelati: niente sopraelevazioni, niente ampliamenti, solo manutenzione. Chi vuole ristrutturare un sottotetto non può più alzarlo di un metro, ma solo di sessanta centimetri. Così si scoraggia chi vuole investire in centro e si spinge a costruire fuori. È consumo di suolo indiretto, ma reale.

“Ogni volta che si limita l’intervento sull’esistente, si favorisce la nuova edificazione. Si toglie valore al patrimonio urbano e lo si spinge verso la periferia.”

Ciuffreda allarga la prospettiva. “Il problema non è solo edilizio, è di visione. Siamo a quindici minuti da Torino, una città universitaria. Potremmo attrarre studenti, creare residenze universitarie, far vivere Chivasso di giorno e di notte. Invece continuiamo a costruire capannoni e fotovoltaico. Una città dormitorio anche per chi non ci dorme.” E rilancia una proposta: trasformare l’area destinata all’edilizia sociale in alloggi per studenti universitari, un progetto da offrire al Politecnico e all’Università di Torino. “Sarebbe un segnale di futuro, non l’ennesima recita burocratica.

Dietro le parole degli ex sindaci si intravede un filo rosso: la disillusione verso un’amministrazione che confonde la forma con la sostanza. Buo lo dice esplicitamente: “Non basta vincere bandi di forestazione e piantare alberi per parlare di città verde. Bisogna pensare a come quei luoghi verranno vissuti. Altrimenti restano fondali di propaganda.

Quando la discussione tocca il tema dei servizi, il tono si fa ancora più severo. L’ospedale, la stazione, le scuole. “Sul nuovo polo liceale abbiamo perso un treno — dice Buo — e sulla stazione di porta hanno preferito non scrivere nulla, neanche una previsione sulla carta. Se non lo metti nel piano regolatore, non esiste. Tutto il resto sono promesse.

Cambursano aggiunge una stoccata: “Hanno persino tolto la previsione del boschetto di mitigazione in alcune aree residenziali. Eppure lo avevano sbandierato come esempio di sensibilità ambientale. Poi sparito.

L’impressione generale, ascoltando i tre, è che il nuovo piano non sia un progetto di città ma un collage di istanze particolari, come dimostra il caso dei lotti di completamento: “Da 25 sono diventati 35. E in tre casi l’indice edificatorio è stato alzato da 0,15 a 0,20. Perché? Chi ha chiesto quell’aumento? Perché proprio lì? Nessuno lo dice. Eppure, la trasparenza era il loro mantra.”

Quando Buo cita le osservazioni della Regione e della Città Metropolitana, si capisce che la battaglia non è solo politica ma anche giuridica. “Gli enti superiori ci danno ragione su molti punti. Ma il Comune è andato dritto. Ora abbiamo sessanta giorni per presentare nuove osservazioni e lo faremo, punto per punto, con le carte in mano.”

Le osservazioni devono essere presentate a Palazzo Santa Chiara entro il 12 dicembre 2025

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