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18 Ottobre 2025 - 17:28
Quando la droga timbra il cartellino: il Canavese dice basta
Le dipendenze non si annunciano, non bussano alla porta dell’azienda né chiedono il permesso di entrare. Si insinuano piano, dietro un comportamento che cambia, una distrazione in più, un calo di concentrazione, un infortunio evitabile. Per anni le imprese hanno fatto finta di non vedere, pensando che il problema fosse “personale”, esterno, lontano. Ma oggi quella distanza non esiste più.
A ricordarlo è Confindustria Canavese, che con il contributo della Camera di Commercio di Torino e la collaborazione di Dianova, lancia un progetto dal titolo eloquente: “Dipendenze: attutire il loro impatto sociale ed economico nelle aziende”. Un’iniziativa che vuole cambiare prospettiva e portare il tema dentro i luoghi di lavoro, dove spesso i segnali del disagio si manifestano per primi, ma vengono ignorati o sottovalutati.
Il progetto è stato presentato il 16 ottobre 2025 alla presenza di rappresentanti istituzionali, stakeholder e imprese del territorio. È la prima volta che nel Canavese — terra di fabbriche, di laboratori artigiani e di una tradizione produttiva che affonda le radici nell’esperienza olivettiana — si affronta in modo così diretto un tema che intreccia salute, economia e dignità del lavoro. Perché le dipendenze non sono soltanto un problema sanitario: sono un macigno sociale che pesa sulle persone, sulle famiglie, sulle comunità e persino sui bilanci aziendali.
Quando un lavoratore cade nella spirale dell’alcol, della droga o del gioco d’azzardo, a pagarne il prezzo non è solo lui. L’impresa perde efficienza, cresce l’assenteismo, si deteriora il clima interno, aumenta il rischio di incidenti e cala la produttività. A tutto questo si aggiungono le nuove forme di dipendenza, più subdole ma altrettanto distruttive: l’uso eccessivo di tecnologie, i social network, i farmaci, fino agli attaccamenti relazionali tossici. È un universo vasto e in continuo mutamento, che chiede strumenti nuovi e approcci integrati.
Per questo Confindustria Canavese ha scelto di agire. Non con slogan, ma con un piano di lavoro concreto, costruito insieme a chi di dipendenze se ne occupa ogni giorno: Dianova, realtà del terzo settore che da oltre quarant’anni si dedica alla cura e alla prevenzione delle dipendenze, con cinque comunità terapeutiche distribuite in Italia e una rete internazionale riconosciuta dall’ECOSOC delle Nazioni Unite e dall’UNESCO. Una collaborazione che unisce il rigore scientifico e psicologico di Dianova alla capacità organizzativa e alla rete d’impresa di Confindustria.
Il progetto pilota, dal titolo “Insieme Cresciamo in Azienda”, si rivolge a un primo gruppo di sei imprese del territorio, selezionate tramite una call pubblica. L’obiettivo è costruire un modello replicabile in tutta la Città Metropolitana di Torino e oltre. Le aziende partecipanti intraprenderanno un percorso di analisi, formazione e misurazione dell’impatto. Tutto partirà da una tavola rotonda con i responsabili delle risorse umane e gli imprenditori, seguita da una ricognizione interna condotta da Dianova attraverso questionari anonimi, per capire quanto e come il tema delle dipendenze sia percepito nei diversi contesti lavorativi.
Poi arriverà la fase più delicata e importante: quella della formazione. I dirigenti e i responsabili di reparto saranno formati per imparare a riconoscere i segnali di disagio, intervenire in modo tempestivo ma rispettoso, evitare discriminazioni e violazioni della privacy, e soprattutto conoscere i servizi a cui rivolgersi. Un approccio che non colpevolizza, ma accompagna. Infine, una valutazione d’impatto misurerà il cambiamento culturale e organizzativo prodotto nelle aziende coinvolte.
Parallelamente, il progetto prevede l’attivazione di uno sportello di supporto per le imprese associate e i loro dipendenti, attivo su appuntamento per tutta la durata dell’iniziativa, e di un corso di prevenzione “Insieme Cresciamo a Scuola”, dedicato agli insegnanti delle scuole secondarie, per riconoscere e gestire precocemente i comportamenti a rischio tra gli studenti. A conclusione, un seminario pubblico restituirà i risultati e le testimonianze raccolte.
“Consapevole della rilevanza di questo fenomeno, ritengo importante impegnarsi direttamente nella promozione di un modello virtuoso che possa essere replicato non solo nel Canavese, ma anche in altre zone della Città Metropolitana e oltre”, ha dichiarato Paolo Conta, presidente di Confindustria Canavese. “Un modello che, partendo dal nostro territorio, possa diventare riferimento per molte realtà produttive, contribuendo a rafforzare la componente sociale della sostenibilità oggi fondamentale per la competitività delle imprese”.
Gli ha fatto eco Renato Pocaterra, direttore generale di Dianova: “Questo progetto rappresenta un’iniziativa pionieristica che porta il tema delle dipendenze fuori dai luoghi comuni e dentro i luoghi di vita e di lavoro. Le dipendenze non sono solo un problema individuale, ma una sfida sociale che tocca il benessere delle persone, delle famiglie e delle comunità. Conoscere, prevenire e saper gestire questi fenomeni è essenziale per costruire ambienti di lavoro più consapevoli e solidali”.
Il coinvolgimento della Camera di Commercio di Torino completa il quadro, portando la forza delle istituzioni economiche a sostegno di una causa che riguarda la sostenibilità vera, quella che mette le persone al centro. È un modo per dire che il benessere non è un costo, ma un investimento.
Nel Canavese, questa alleanza tra impresa e solidarietà assume un significato speciale. È la terra che ha conosciuto l’utopia concreta di Adriano Olivetti, l’idea che la fabbrica debba essere non solo luogo di produzione, ma di emancipazione e dignità. Oggi, con questo progetto, quella visione si rinnova: non più la fabbrica come comunità ideale, ma come spazio che riconosce la fragilità e la trasforma in forza.
Le aziende interessate possono candidarsi per partecipare al progetto scrivendo alla referente Elisa Torchia (elisa.torchia@confindustriacanavese.it) di Confindustria Canavese. Sarà un’occasione per costruire insieme un modello che unisce impresa, salute e responsabilità sociale, dimostrando che la competitività vera nasce dove c’è umanità.
Perché, in fondo, non c’è crescita economica senza crescita delle persone. E riconoscere una fragilità, in azienda come nella vita, è il primo passo per renderla una risorsa.
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