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18 Ottobre 2025 - 16:22
Mauro Durbano
Ha letto il nostro articolo e ha deciso di chiamarci. Aveva promesso di inviarci tutta la documentazione. Poi l’abbiamo vista finire su altri giornali, quelli che non avevano dato la notizia ma si sono prestati per l’arringa difensiva. Stavamo aspettando pure quella, ma nulla. Pazienza!
In sintesi però qualcosa Mauro Durbano, presidente del Parco Nazionale del Gran Paradiso e assessore comunale di Ceresole Reale, ce la dice. Su tutte una precisazione: «Il nuovo edificio non è all’interno del Parco».
Il dito è puntato sul PalaCeresole, il progetto da mezzo milione di euro che prevede la costruzione di un palazzetto polivalente nel piccolo borgo montano di appena 151 abitanti, proprio di fronte all’ex Hotel Ciarforon, gioiello ottocentesco progettato da Carlo Ceppi, oggi in rovina.
Durbano ci spiega che la nuova struttura, finanziata con fondi della Presidenza del Consiglio dei Ministri nell’ambito del Nucleo Resilienza e Coesione, sorgerà «a valle del centro abitato, in una zona già urbanizzata e compatibile con il piano regolatore».
«È importante chiarire questo aspetto – aggiunge – perché si è diffusa l’idea, completamente errata, che si stia costruendo dentro l’area protetta».
Eppure, anche se la riga sulla cartina lo colloca appena “fuori”, resta il paradosso: Ceresole Reale è uno dei comuni del Parco Nazionale del Gran Paradiso, il più antico d’Italia.
E che proprio il presidente del Parco si ritrovi a difendere la nascita di un palazzetto sportivo ai margini del Parco stesso è, quantomeno, una curiosa coincidenza.
Il progetto, dal nome altisonante di “PalaCeresole” – per non chiamarlo più semplicemente “cubo di cemento travestito da palazzetto” – è stato approvato con delibera comunale il 21 agosto 2025.
Una decisione presa in fretta e furia dal sindaco Alex Giovannini, dall’assessore Mauro Durbano e dall’assessora Viktorija Juskeviciute.
Tutti d’accordo nel dire sì a un edificio “per eventi sportivi, turistici e culturali” in un paese dove, ironia della sorte, ci sono già quattro strutture abbandonate e inutilizzate: il Palamila, il salone del Grand Hotel, quello dell’ufficio turistico e la Ca’ del Meist.
Ma guai a restaurare ciò che c’è: meglio costruire da zero, con i soldi degli altri.
E i soldi, guarda caso, arrivano da Roma: mezzo milione di euro del Fondo Nucleo Resilienza e Coesione, nato per “valorizzare il patrimonio sportivo” e “promuovere le attività nei territori montani”.
Così, mentre si chiudono ospedali, si tagliano scuole e si spengono speranze, un pezzo di paradiso si prepara a diventare un parcheggio di cemento armato.
La relazione tecnica porta la firma dell’architetto Miriana Cristina Forno, dello studio Arco Engineering di Caravaggio.
La Soprintendenza? Parere favorevole, e in tempi record.
Il Parco del Gran Paradiso e la Regione Piemonte? Stesso copione: timbri, applausi e via libera. Tutto liscio, tutto “sostenibile”.
Secondo Durbano, non c’è nulla di scandaloso: «Non si tratta di un blocco di cemento, ma di una struttura sobria che si sposa con l’ambiente». Un edificio, assicura, «realizzato con materiali naturali come legno e pietra, con un impatto visivo contenuto e una forte attenzione all’efficienza energetica».
Tradotto: sarà pur cemento, ma “gentile”. Sobrio, elegante, quasi ecologico.
«Nessuno ha fatto le cose di nascosto», ribadisce poi il presidente. «L’iter è stato chiaro e condiviso fin dall’inizio, con il coinvolgimento del Parco, del Comune e degli enti di tutela ambientale».
Eppure, tra i cittadini il malcontento cresce.
Molti parlano di una vera e propria ferita al paesaggio: «Verranno abbattuti alberi, sparirà l’area verde dove si fermavano i turisti per ammirare il lago e le tre Levanne, per godersi il fresco sotto i larici e tirare due calci a un pallone. Tutto questo non ci sarà più, perché l’area pic-nic sarà cancellata per far posto al cemento e ai parcheggi».
Una visione condivisa anche da Italia Nostra, che ha annunciato un esposto: «Un cubo di cemento in un luogo incantevole, un insensato dispendio di denaro pubblico che non ha nulla a che fare con la montagna».
Durbano, però, minimizza: «Al massimo tre piante...», ci dice.
Tre, secondo lui. Ma per chi conosce quel prato, tre alberi sono l’anima di un paesaggio.
Epperò la polemica non è una questione di coordinate geografiche o di conti botanici, ma di coerenza.
Perché resta il fatto che chi dovrebbe proteggere il Parco sta sostenendo un progetto che altera la prospettiva di uno dei luoghi più belli e fotografati del Piemonte.
E mentre a Roma si parla di “valorizzazione delle aree interne”, qui si costruisce l’ennesima cattedrale nel deserto, finanziata con fondi pubblici e benedetta da chi dovrebbe dire no.
Mauro Durbano, nominato nel 2023 dal ministro Gilberto Pichetto Fratin, rivendica la bontà del progetto e la trasparenza dell’iter. Ma a molti, dentro e fuori Ceresole, questa doppia veste – quella di amministratore comunale e di presidente del Parco – continua a sembrare una contraddizione vivente.
E così, mentre le carte parlano di efficienza energetica, di materiali naturali e di sinergie istituzionali, sul prato che costeggia il lago presto compariranno i primi picchetti del cantiere. Là dove i turisti si fermavano per respirare aria pura, presto si ergerà una struttura “sobria” ma sempre di cemento.
A Ceresole Reale, nel Parco del Gran Paradiso, hanno inventato un nuovo ossimoro: il cemento sobrio.
Che poi, a sentirli, sembra quasi una nuova filosofia di vita: colare, ma con misura; devastare, ma con garbo.
Mauro Durbano, presidente del Parco e assessore comunale, ci ha telefonato per spiegare che il PalaCeresole, mezzo milione di euro di Fondo Resilienza e Coesione, «non è dentro il Parco».
No, certo. È solo davanti, accanto, sopra, sotto, nei dintorni. È solo in uno dei comuni del Parco, ai suoi margini, con vista lago e ruspe comprese nel panorama. Come dire: "non è adulterio, è vicinanza spirituale". Oppure: "non è un tradimento, è una relazione di confine".
Il progetto è “sobrio”, garantisce Durbano.
«Legno e pietra, impatto visivo contenuto, efficienza energetica».
Un palazzetto “naturale”, quasi una betulla con l’ascensore.
E se uno osa dire che è un blocco di cemento, gli rispondono che è cemento bio.
Il nome è PalaCeresole, e anche qui il genio linguistico è tutto italiano: a forza di “pale”, la montagna la spianiamo davvero.
Nascerà davanti all’ex Hotel Ciarforon, capolavoro ottocentesco di Carlo Ceppi, lasciato a marcire.
Perché restaurare è difficile, costruire è più moderno, e il cemento – si sa – asciuga in fretta, molto più della memoria.
Tutti hanno detto sì: Comune, Regione, Parco, Soprintendenza.
In tempi record, ça va sans dire.
Una sinfonia amministrativa così armoniosa che nemmeno Mozart avrebbe osato.
Un cittadino ci racconta che verranno abbattuti alberi, cancellata l’area pic-nic, e che il prato dove si fermavano i turisti per guardare le Levanne diventerà un parcheggio.
Durbano replica: «Al massimo tre piante».
Tre. Ma per chi ama la montagna, tre alberi sono come tre silenzi in una messa funebre.
Il paradosso resta: un presidente del Parco che difende un progetto al confine del Parco, e che dice che non è nel Parco.
Un giro di parole talmente perfetto che potrebbe essere il titolo del prossimo bando ministeriale: “Sviluppo sostenibile al di là del confine morale”.
E così, tra carte bollate, pareri favorevoli e sorrisi istituzionali, il Gran Paradiso rischia di diventare il Gran Paradosso.
Ma niente paura: sarà un paradosso sobrio, con materiali naturali e impatto visivo contenuto.
E quando il cemento avrà finito di asciugare, potremo dire con orgoglio che il paradiso non è perduto.
È solo fuori dai confini.
Commenti all'articolo
Sovietico Eporediese
18 Ottobre 2025 - 23:59
Un presidente di un parco naturale che se ne frega altamente dell'ambiente e delle piante e vuole costruire un edificio di cemento e "legno e pietre".. sì certo e magari il legno è quello delle piante distrutte e le pietre delle rocce spaccate artificialmente apposta per fare sto schifo. La cura del territorio alla Destra fa schifo. Traditori della Patria.
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