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17 Ottobre 2025 - 00:24
Matteo Chiantore, Elena Piastra, Loredana Devietti e Claudio Castello
Una volta c’erano i cantonieri. Qualcuno se li ricorda. Ce n’era uno per Comune, e nei centri più grandi – Ivrea, Chivasso, Settimo e Ciriè – erano anche una dozzina. Li chiamavano la squadra tecnica. Ogni mattina, presto, si ritrovavano con il sindaco o con l’assessore ai lavori pubblici, ricevevano i compiti e partivano. Poi, uno alla volta, sono scomparsi. “Fanno troppa mutua… vogliono fare gli impiegati…”, dicevano. E così, spariti i cantonieri, sono sparite anche le manutenzioni: nei Comuni grandi, in quelli piccoli e pure lungo le strade provinciali.
Oggi si fanno gli appalti. Si fanno le gare. Tutto passa dall’ufficio tecnico, che per prepararle ha bisogno di personale, carte, relazioni, tempi. Ma un buco solo non basta: sarebbe antieconomico. Ce ne vogliono almeno venti. E allora si aspetta. Si fa il progetto, poi la gara, poi l’appalto. Nel frattempo, mentre si sistemano quelle venti buche che costano l’ira di Dio tra progetti, gare e carte bollate, se ne aprono altre trenta. Si finisce col rincorrere i crateri, in una giostra senza fine che costa più di quanto renda. Altro che mutua....
C’erano una volta anche i vigili urbani. Ciascun Comune aveva il suo. Giravano per le strade, controllavano, facevano presenza. Non facevano multe. Bastava uno sguardo. Grazie a loro i sindaci si occupavano seriamente di "sicurezza". Oggi? Nei piccoli Comuni non ci sono più, e nelle città li hanno trasformati in messi comunali o, se si preferisce, in commessi. Altro che pattugliamenti e controlli: tutti in ufficio, a protocollare, a gestire la corrispondenza agli ordini dell’Ufficio Tributi.
C’è stato un tempo in cui i sindaci si occupavano di raccolta rifiuti. Erano decisori, non spettatori. Sceglievano la discarica più conveniente, poi li hanno obbligati ad andare in quella più vicina. Poi sono arrivati i consorzi obbligatori, le municipalizzate, SCS, Seta. Tutti i pensieri – e tutte le responsabilità – passati ad altri.
C’è stato un tempo in cui i sindaci gestivano anche l’acqua. Ogni anno un pezzo di acquedotto da rifare con mutui della Cassa Depositi e Prestiti, una tubatura da sostituire, un pozzo da pulire. Poi è arrivata Smat, e anche l’acqua è diventata affare altrui. Anche in questo caso, si è finito per gestire solo le emergenze: al diavolo le manutenzioni ordinarie.
C’è stato un tempo in cui i sindaci si occupavano di assistenza sociale. Poi sono arrivati i consorzi obbligatori tra Comuni – In.Re.Te, Ciss, Unione Net – e anche di questo hanno smesso di occuparsi.
Infine, la sanità. C’è stato un tempo in cui la governavano davvero. A Ivrea, Fiorenzo Grijuela passava ogni tanto in ospedale per verificare che tutto funzionasse come doveva. Era il tempo delle Ussl. Poi sono arrivate le aziende sanitarie, le Asl, e ai sindaci hanno detto che potevano “indirizzare”, “controllare” tramite la Conferenza dei Sindaci. Peccato che, finita l’era dei sindaci che facevano i sindaci, nessuno si sia più convinto che la sanità fosse ancora una cosa che li riguardasse. Le riunioni, un tempo frequenti, hanno cominciato a diradarsi: due, massimo tre all’anno, con ordini del giorno concordati col direttore generale. E ça va sans dire, se il controllore si mette d’accordo col controllato, non è una cosa seria: è una presa per il culo.
E allora la domanda è inevitabile: quando i sindaci torneranno a fare i sindaci?
È vero, le funzioni sono state delegate, spezzettate, disperse. Ma il controllo, quello no: quello resta. Resta la possibilità di protestare, di sbattere i pugni sul tavolo, di far sentire la propria voce. Ancor più in ambito sanitario, dove ci sarebbero ancora margini per far valere le poche competenze rimaste.
E invece? Negli ultimi tre anni, nonostante inchieste, indagini, concorsi truccati, appalti “a peso”, il presidente della Conferenza dei Sindaci dell’Asl To4 – che da statuto è il sindaco di Ivrea, Matteo Chiantore – non ha mai sentito il bisogno di convocarla. Mai. Né lui, né uno degli altri sindaci “importanti” del territorio.
La verità è che i sindaci hanno smesso di fare i sindaci, a volte a loro insaputa. Passano le giornate a inseguire bandi regionali e fondi governativi, a capire se piove qualche soldo su qualche progetto, anche quando un progetto non ce l’hanno. Partecipano a convegni, s'inventano feste, fanno cultura, inaugurano panchine colorate, tagliano nastri e sorridono ai fotografi.
Del sindaco di una volta – quello che si sporcava le mani di asfalto e di fango – non è rimasta traccia.
Salvo che nel bilancio comunale, dove un tempo comparivano cifre ridicole chiamate “indennità”, e oggi, invece, stipendi veri e propri, che continuano però a chiamarsi indennità.
Questi i motivi per cui chi scrive e racconta da 40 anni che cosa succede nell'amministrazione della cosa pubblica, i sindaci di oggi non li capisce e, soprattutto, non li giustifica più...
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