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15 Ottobre 2025 - 11:54
Il sindaco di Leini difende il toro fuggito dal macello per le vie del paese: “Merita di vivere”
C’è un toro che ha corso per salvarsi la vita, e un sindaco che ha deciso di difenderlo. Succede a Leini, alle porte di Torino, dove lunedì mattina un bovino è riuscito a fuggire dal macello e a trasformare un normale giorno feriale in una storia degna di un film di frontiera. Una fuga vera, disperata, lunga ore, tra strade, giardini e cortili, inseguito da carabinieri, veterinari e cowboys piemontesi. Alla fine il toro è stato catturato e riportato indietro. Ma da quel momento non è più un semplice animale da carne: è diventato un simbolo. E ora, per lui, il sindaco Luca Torella chiede la grazia.
La vicenda, a tratti surreale, comincia all’alba di lunedì 13 ottobre. L’animale, spaventato e confuso, riesce a sfuggire al controllo del personale di un macello locale. Scappa lungo via Carlo Alberto, attraversa piazza Ricciolio, poi si infila in via San Francesco al Campo. Colpisce alcune auto, travolge due operai in un cantiere, entra nei giardini delle villette. È grande, forte, e in preda al panico. I veterinari tentano più volte di sedarlo, ma i dardi non fanno effetto. Il toro continua a correre, come se sapesse che fermarsi significherebbe morire.
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Serve un intervento fuori dal comune. Viene chiamato Matteo Giardo, allevatore e addestratore esperto di monta western, titolare del centro GM Performance Horses. Lui e il suo team arrivano a cavallo, come nel Far West, con corde, selle e lazi. Seguono l’animale da lontano, lo studiano, aspettano il momento giusto. Quando il toro imbocca un campo aperto alla periferia sud di Leini, Giardo lancia il lazo e lo blocca con un colpo secco e preciso. I suoi uomini stringono la corda, i veterinari riescono finalmente a intervenire. L’animale viene sedato e caricato su un mezzo speciale. La fuga finisce così, tra gli applausi e i cellulari dei residenti che filmano la scena increduli. «Sembrava di essere nel Far West», racconta un testimone. E in effetti lo era, ma con una morale tutta piemontese: quella del rispetto, anche quando arriva troppo tardi.
Nei giorni successivi, però, qualcosa cambia. Sui social e nelle chiacchiere da bar, la paura lascia spazio alla simpatia per quel toro ribelle. In molti lo chiamano già “il toro di Leini”, come fosse un personaggio. In molti, moltissimi, scrivono che meriterebbe di essere salvato. Che quella corsa, in fondo, era un atto di vita. Che dopo aver ingannato il destino per qualche ora, non dovrebbe finire comunque nel sangue. E così, mentre i post si moltiplicano, il sindaco Torella decide di intervenire.
Lo fa con una lettera ufficiale indirizzata all’azienda proprietaria dell’animale, che lui stesso pubblica su Facebook. «In molti hanno visto in quella fuga il tentativo estremo di salvarsi la vita», scrive. «E in molti, in moltissimi, vorrebbero sapere che quel tentativo è stato coronato da successo». Torella non può imporre nulla, ma può proporre: chiede al macello di risparmiare la vita del toro e, se necessario, promette la collaborazione del Comune per trovargli una nuova sistemazione. Poi aggiunge un passaggio che, nella sua sincerità, è quasi disarmante: «Una decisione che vada in tal senso non potrebbe che ingenerare un moto di simpatia nei confronti della vostra attività, nonché una grande pubblicità del tutto gratuita».
In tempi in cui la politica locale si riduce spesso a delibere e bilanci, un gesto così umano colpisce. Non tanto per il valore simbolico, ma per la spontaneità con cui un sindaco decide di esporsi per un animale, raccogliendo un sentimento collettivo che va oltre la cronaca. Non è solo una lettera, è una presa di posizione: la vita, anche quella di un toro, non è solo materia economica o procedura. È un bene da difendere, soprattutto quando ha già dimostrato di volere resistere.
La notizia rimbalza ovunque. Qualcuno ironizza, qualcun altro applaude. Ma nel paese, più che il sarcasmo, prevale una forma di orgoglio. Quasi tutti, a Leini, sperano che quel toro abbia davvero salva la vita. Che venga affidato a un rifugio, o che possa vivere in un pascolo, libero, com’era stato per quelle ore di corsa. Perché in fondo, dietro la storia del toro, c’è il riflesso di qualcosa che riguarda tutti: la paura di essere condannati da un destino già scritto e il desiderio di ribellarsi, anche solo per un giorno.
Il Comune intanto si dice disponibile a facilitare un’eventuale adozione o sistemazione alternativa. Il sindaco, nel suo post, non nasconde l’ottimismo: “Confido che si possa concretizzare un tale proposito”, conclude. Parole misurate, ma dense di speranza.
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