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Consigliere comunale di Chivasso vittima di un profilo fake: «Segnalatelo subito!». La denuncia alla Polizia Postale

Sempre più casi di furti d’identità digitale in Italia: da politici a influencer, nessuno escluso

Consigliere comunale di Chivasso vittima di un profilo fake: «Segnalatelo subito!». La denuncia alla Polizia Postale

Consigliere comunale di Chivasso vittima di un profilo fake: «Segnalatelo subito!». La denuncia alla Polizia Postale

È bastato un video, pubblicato con tono indignato ma pacato, per scoperchiare un’altra piccola vergogna della rete.

Matteo Doria, consigliere comunale di Amo Chivasso e le sue Frazioni, si è ritrovato vittima di un furto d’identità digitale. “ATTENZIONE!! È STATO CREATO UN PROFILO SU INSTAGRAM FAKE A MIO NOME! Non accettatelo e segnalatelo per favore!” ha scritto sui social, mentre nel video — diventato subito virale tra i suoi contatti — mostrava l’account falso nato a sua insaputa, con tanto di foto e nome copiati dal suo profilo autentico.

Nel video, Doria parla a braccio, visibilmente infastidito: «Qualche buontempone, chiamiamolo così, ha realizzato un profilo utilizzando il mio volto, una mia foto e il mio nome. Sta aggiungendo tanti dei miei amici reali, uno dopo l’altro. È una cosa gravissima». Nel suo profilo originale centinaia di post, campagne elettorali, amici e momenti privati: “Quello vero è questo. Tutto il resto è falso.”

L’account fasullo, spiega, è quasi vuoto: nessun post, pochi follower, ma un’attività frenetica di richieste di follow a decine di persone della sua cerchia. «Ringrazio chi mi ha segnalato la cosa — aggiunge Doria — ma vi prego: non accettate richieste da quel profilo e segnalatelo subito a Instagram. Ho già fatto denuncia alla Polizia Postale».

Il consigliere, che da anni utilizza i social come spazio di confronto con i cittadini, parla di “azione riprovevole” e di “furto di identità” come di un gesto “schifoso e becero”: «Rubare la faccia, il nome e la storia a una persona è un atto vile. Non sappiamo con quali scopi sia stato creato questo profilo, ma è evidente che chi lo gestisce punta a confondere, danneggiare, manipolare».

Dietro le parole indignate di Doria si intravede un fenomeno più ampio, che ormai non risparmia nessuno: la clonazione dei profili social. In Italia, i casi si moltiplicano ogni giorno. Politici, giornalisti, professionisti, influencer, perfino persone comuni finiscono nel mirino di chi crea falsi account per truffare, diffamare o semplicemente generare confusione.

Secondo i dati dell’Osservatorio Cybersecurity 2025, oltre il 60% degli utenti italiani dichiara di aver ricevuto almeno una volta una richiesta d’amicizia o un messaggio da un profilo sospetto che imitava qualcuno di conosciuto. In un caso su tre, dietro il falso account si nasconde un tentativo di phishing, ovvero il furto di dati personali o bancari. Ma esistono anche versioni più sottili e insidiose: profili “clone” che fingono di essere un personaggio pubblico per diffondere notizie manipolate o raccogliere consensi fasulli.

Basta un’immagine profilo rubata, un nome copiato, qualche amico in comune e il gioco è fatto. In pochi minuti si può creare un’identità verosimile, capace di ingannare chiunque. Gli algoritmi di Meta e delle altre piattaforme faticano a bloccare tutto in tempo reale, e così la segnalazione collettiva — come chiede Doria — resta l’unica arma davvero efficace per fermare la diffusione.

Negli ultimi mesi non sono mancate storie eclatanti. A inizio anno, un falso profilo a nome della ministra Elly Schlein aveva diffuso post inventati su temi politici, generando migliaia di condivisioni prima di essere oscurato. Ancora più grave il caso dell’imprenditrice digitale Chiara Ferragni, clonata decine di volte da truffatori che promettevano “regali” e “premi” in cambio di dati personali. In alcuni casi, persino i volti di medici o avvocati sono stati rubati per sponsorizzare prodotti mai autorizzati.

Il furto d’identità digitale non è solo un fastidio. È un reato previsto dall’articolo 494 del Codice Penale — “sostituzione di persona” — punibile fino a un anno di reclusione. Ma la rete corre più veloce delle aule di tribunale. La rimozione di un profilo falso può richiedere giorni o settimane, tempo sufficiente per diffondere disinformazione o colpire la reputazione di qualcuno.

Per questo Doria, nel suo video, insiste sul bisogno di leggi più severe: «Spero che le punizioni diventino sempre più dure per questi delinquenti». Parole che risuonano anche oltre Chivasso, perché raccontano un disagio ormai collettivo: la sensazione che la nostra identità digitale sia sempre più fragile, esposta, vulnerabile.

Il confine tra reale e virtuale si assottiglia ogni giorno. I social, nati per “connettere”, si trasformano in strumenti di manipolazione se finiti in mani sbagliate. Oggi basta una copia digitale del nostro volto per creare una realtà parallela. Domani, con l’intelligenza artificiale, i rischi si moltiplicheranno: già esistono deepfake in grado di imitare voce e gesti con una precisione inquietante.

Doria, che usa Facebook e Instagram per raccontare battaglie politiche e iniziative sul territorio, è perfettamente consapevole di questa fragilità. Il suo appello — “stiamo uniti, combattiamo i ladri di identità” — non è solo difensivo, ma civico. Un invito a restare vigili, a non abbassare la guardia, a proteggere la credibilità di ciascuno in un mondo dove tutto può essere copiato.

La solidarietà arrivata in poche ore sotto il suo post dimostra che, nonostante tutto, c’è ancora una comunità capace di reagire. E forse è proprio questo il messaggio più importante: contro la disinformazione e i furti d’identità non bastano gli algoritmi. Serve coscienza collettiva.

Perché ogni profilo falso nasce da un silenzio vero: quello di chi non segnala, non verifica, non si accorge. E allora la battaglia di Matteo Doria diventa, in piccolo, una battaglia di tutti. Per difendere il proprio nome, la propria faccia, la propria verità. Anche quando passa da uno schermo.

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