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Scandalo Asl To4: la sindaca del giorno dopo e il ruolo della Conferenza dei sindaci

Due anni di indagini, silenzi e inerzia politica: come la "cricca" ha svuotato la sanità pubblica dell'Asl To4

Elena Piastra

Elena Piastra

Due anni di indagini, intercettazioni, avvisi, rinvii, fughe di notizie, e silenzio. Poi, quando la Procura di Ivrea chiude le indagini sull’Asl To4, quando i magistrati mettono nero su bianco che per anni si è giocato a Monopoli con la sanità pubblica, ecco finalmente arrivare un comunicato del Comune di Settimo Torinese, la città amministrata dalla sindaca Elena Piastra, la più grande di tutte, la più importante di tutte. Non ne sono arrivati altri. Solo il suo che, giustamente, si preoccupa non solo come sindaca, ma anche come socia di SAAPA la società che ha in mano il controllo dell'ospedale di Settimo....

Un comunicato ponderato, istituzionale, infiocchettato come si deve: “Il Comune esprime piena fiducia nella magistratura e si considera parte lesa”.
Ah, ecco. Parte lesa. Da chi, esattamente? Dalla “cricca” o dalla propria assenza in tutti questi anni?

La verità è che i sindaci potrebbero fare ma non fanno. Se ne fottono. Si sono ridotti a spettatori del disastro, pronti a spuntare la casella “solidarietà” solo quando le manette tintinnano in lontananza. Eppure la legge qualche potere glielo dà.  Esiste una Conferenza dei Sindaci dell’Asl To4. E’ presieduta dal sindaco di Ivrea Matteo Chiantore. E’ un organo politico di controllo e indirizzo. Ma negli ultimi due anni — sì, due anni — da quando si è cominciato a parlare di questa indagine non si è sentito un beh.
Non un ordine del giorno, non una richiesta di chiarimenti, non un “che succede?”.
Si riunisce solo per fare la passerella di fine stagione, approvare il bilancio e assegnare al direttore generale il “premio di risultato” — risultato che, guarda caso, è quello che si è autoimposto. 
Nel pubblico, è sempre la stessa storia: decidi tu gli obiettivi, li raggiungi tu, ti ringrazi tu. E gli altri applaudono.

Glielo hanno dato pure al direttore Stefano Scarpetta, tutti gli anni, senza "banfare"

Quante volte ha partecipato la sindaca di Settimo Torinese a questa conferenza? Una volta forse due. Assente. Sempre assente. A volte presente con qualche delegato….

La verità è che un tempo i sindaci facevano i sindaci. Si occupavano delle strade e dei marciapiedi con i cantonieri che poi sono spariti perchè è meglio fare “appalti” e “progetti”. Si occupavano dell’acqua, poi è arrivata Smat. Dei rifiuti, poi sono arrivate SCS, Seta e consorzi vari. Del sociale, poi sono arrivati i consorzi obbligatori: Ciss, In.Rete, Unione Net. Della sanità con le Ussl, poi sono arrivate le Asl, le aziende, i direttori generali, i manager con la cravatta e la valigetta piena di curriculum.
E la politica si è arresa, contenta di non decidere più nulla, di non rispondere più a nessuno e il bello, anzi no, il brutto è che un tempo avevano una semplice “indennità” oggi l’indennità è un vero e proprio stipendio, anzi più di un normale stipendio…

Solo bravi a inaugurare “panchine”, a progettare il futuro, a farsi fotografare nei cantieri. Sempre indaffarati, anche sui social...

La verità è che dovrebbero cominciare a occuparsi delle cose di cui si occupavano. Battendo i pugni sul tavolo tutti i santi giorni, ma non lo fanno....

La verità è che oggi gli ospedali si svuotano al pomeriggio, i medici non danno disponibilità ai CUP ma fanno visite private con il POS sul tavolo, e chi alza la voce viene zittito.
Qualcuno, come l’ex commissario della città della salute di Torino Thomas Schael, ci ha provato a cambiare aria.

Risultato: mandato via.
Perché la sanità non tollera chi controlla, preferisce chi firma.
E infatti Schael aveva osato bloccare il bilancio per conti che non tornavano tra pubblico e privato. Apriti cielo.

E così arriviamo a oggi, alla chiusura di un’inchiesta che definire devastante è poco.
Trentotto indagati, dirigenti, primari, infermieri e imprenditori, un sistema di favori, promozioni e appalti pilotati.
Una donna al centro di tutto, Carla Fasson, che – secondo la Procura – decideva chi doveva vincere e chi doveva sparire.
Un direttore generale, Stefano Scarpetta, che la copriva.
Primari che timbravano al golf, infermieri che lasciavano i pazienti sedati per dormire.
Un quadro che avrebbe dovuto far saltare sulla sedia tutti gli amministratori comunali già due anni fa.
E invece no.
Ora, quando il castello è crollato, arriva la nota del Comune di Settimo Torinese.

Ci dicono che “si riservano di intraprendere ogni iniziativa per tutelare la comunità”.
Che tenerezza. Come se la comunità non avesse già pagato, in pazienti trascurati, concorsi truccati e milioni di euro evaporati in appalti.
Il Comune, come altri, è “parte lesa”, sì. Ma lesa soprattutto dalla propria inerzia.
Dall’idea che il potere sia sempre altrove, che la colpa sia sempre di qualcun altro, che basti un comunicato per salvarsi l’anima.

L'ospedale di Settimo Torinese

La verità, per quanto amara, è questa: la sanità non è più un servizio pubblico, è un condominio gestito dai primari, con i politici a fare da portinai.
E i cittadini, come sempre, restano fuori dal cancello, in coda per una visita che non arriverà mai, o arriverà il giorno di Natale, giusto in tempo per morire con educazione.

Insomma, la nota del Comune arriva dopo.
Dopo gli scandali, dopo gli abusi, dopo gli appalti, dopo le intercettazioni, dopo tutto.
Arriva quando non serve più a nulla, se non a dire: “Noi non c’eravamo”.
E purtroppo, è vero. Non c’erano.

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