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09 Ottobre 2025 - 22:22
Altro che presentazione. Quello andato in scena nel Salone dei Duemila delle Officine ICO non è stato un semplice incontro pubblico, ma un vero e proprio spettacolo teatrale. Con tanto di palco, luci, applausi e otto protagonisti – pardon, “ambasciatori” – che hanno interpretato, ciascuno a modo suo, le parole chiave del nuovo Piano di Gestione 2025-2030 del sito “Ivrea, città industriale del XX secolo”, riconosciuto dall’UNESCO nel 2018.
Un’idea brillante, certamente originale, che porta la firma del sindaco Matteo Chiantore, grande appassionato di teatro. E in effetti, per una sera, la sua città patrimonio mondiale si è trasformata in un palcoscenico. L’urbanistica è diventata “scenografia”, le parole d’ordine sono diventate “copione” e il Piano, più che un documento amministrativo, è apparso come un monologo collettivo, recitato con convinzione davanti a un pubblico partecipe e indulgente.
Il nuovo Piano di Gestione – quello vero, quello scritto – è il frutto della collaborazione tra la Città di Ivrea e la Fondazione Santagata per l’Economia della Cultura ETS, finanziato dal Ministero della Cultura grazie alla legge 77 del 2006, che prevede misure speciali per la tutela dei siti italiani iscritti nella Lista del Patrimonio Mondiale. Si tratta di un aggiornamento del piano elaborato nel 2017 in sede di candidatura, ora rinnovato per il quinquennio 2025–2030.
Un documento che l’UNESCO impone e che la città, per la prima volta, ha voluto “interpretare” – nel senso teatrale del termine – rendendolo oggetto di una narrazione collettiva.
A condurre l’evento è stato Filippo Ghisi, Site Manager del sito UNESCO, affiancato dal sindaco Chiantore, che nel suo intervento ha voluto sottolineare l’importanza del processo partecipativo: «Abbiamo raccolto indicazioni preziose da cittadini e realtà del territorio. Il Piano è uno strumento di ascolto e di costruzione condivisa». E fin qui nulla da obiettare. Il problema, semmai, è che tra ascolto e risultati concreti spesso passa un tempo infinito, come ben sanno gli eporediesi abituati a vedere la loro “città industriale del XX secolo” più celebrata nei convegni che visitata dai turisti.
La serata è stata scandita da otto interventi, ciascuno introdotto da una parola chiave. Una trovata scenica efficace, se non altro per dare ritmo alla narrazione.
Marco Peroni, narratore e performer, ha inaugurato la serie con “Narrazione”, ricordando che senza un racconto condiviso non esiste identità.
Enrica Zanetto, proprietaria di una residenza olivettiana, ha portato la parola “Cura”, spiegando quanto sia impegnativo vivere e mantenere un luogo che è patrimonio di tutti.
Poi è salito sul palco Francesco Comotto, assessore all’Urbanistica, che ha scelto “Salvaguardia”, parlando di come il nuovo Piano Regolatore dovrà intrecciarsi con le linee guida UNESCO e il Piano Paesaggistico Regionale.
Marcella Turchetti, dell’Archivio Storico Olivetti, ha presentato “Conoscenza”, richiamando il valore della memoria come fondamento per la crescita culturale.
Gianfranco Ferlito, in rappresentanza dell’Associazione Spille d’Oro Olivetti, ha scelto “Appartenenza”, testimoniando quel senso di identità ancora fortissimo tra gli ex dipendenti della fabbrica.
Poi è toccato a Emma Stievano, studentessa del Liceo “Carlo Botta”, che con la parola “Comunità” ha rappresentato le nuove generazioni e la loro idea di futuro.
Dal mondo delle imprese sono arrivate le ultime due parole: “Sviluppo”, portata da Barbara Gallo, fondatrice di Ortindoor, e “Spazi”, scelta da Stefano Soliano di CNext Hub, che ha ricordato come gli ambienti olivettiani oggi ospitino nuove attività e progetti di innovazione.
Una carrellata di interventi ben orchestrati, ognuno con la propria enfasi, ognuno perfettamente in linea con lo spirito dell’iniziativa. Tanto che Filippo Ghisi ha definito l’esperimento un successo: «La metodologia adottata ha mostrato il forte desiderio di partecipazione di chi vive il sito UNESCO. Le testimonianze sono state autentiche e coinvolgenti».
E non c’è dubbio che lo siano state. Ma dopo la rappresentazione, quando si spengono le luci e resta la realtà, la domanda inevitabile è sempre la stessa: e adesso?
Perché un Piano di Gestione, per quanto ben scritto, partecipato e scenografico, non basta da solo a far decollare un sito UNESCO. Non basta dire “valorizziamo il patrimonio” o “favoriamo la conoscenza”. Serve altro. Servono idee, progetti concreti, strategie turistiche. Servono percorsi, itinerari, guide, esperienze capaci di attrarre visitatori e di farli restare più di un pomeriggio. Serve un modo nuovo per raccontare Ivrea, non solo come reliquia industriale ma come città viva, dove innovazione e cultura si incontrano davvero.
Oggi Ivrea è patrimonio dell’umanità, ma non ancora meta turistica. I numeri parlano chiaro: i flussi sono modesti, i visitatori spesso di passaggio, la comunicazione poco incisiva. Il Piano, in teoria, dovrebbe servire proprio a colmare questa distanza tra riconoscimento e fruizione. Ma finché non arriveranno progetti che parlano il linguaggio dei turisti – e non solo quello delle delibere – resteremo fermi alla scena. E la scena, per quanto ben recitata, resta pur sempre finzione.
Insomma, la città industriale del Novecento ora ha il suo copione per il futuro. Ma il copione, da solo, non fa lo spettacolo. Servono registi con visione, interpreti con coraggio e – soprattutto – un pubblico disposto a tornare. Magari non solo per assistere alla prossima conferenza, ma per scoprire davvero Ivrea.
A Ivrea hanno presentato il nuovo Piano di Gestione del sito UNESCO. Ma non l’hanno presentato: l’hanno messo in scena. Otto ambasciatori, ognuno con una parola chiave, e il sindaco Matteo Chiantore in regia, perché — dicono — lui sì che ne sa di teatro.
E allora via: Narrazione, Cura, Appartenenza, Sviluppo. Manca solo Sipario.
Una serata perfetta: applausi, luci, retorica. Tutto tranne i turisti. Che, per la cronaca, non erano né in sala e in città se ne vedono ma non così tanti. Forse arriveranno al prossimo atto, quando il Piano diventerà “pianista” e comincerà a suonare davvero.
Per ora ci accontentiamo del copione. Ivrea è sempre più un sito UNESCO e sempre meno un posto da visitare. È patrimonio dell’umanità, ma frequentato dall’amministrazione. È industriale, ma senza produzione. È città, ma solo quando c’è un convegno.
Insomma: il Piano c’è. Manca il turismo, ma quello, si sa, non si scrive. Si attrae.
E in questo, più che un Piano, servirebbe un colpo di scena.
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