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Il paese dice addio allo scuolabus: “Solo sette bambini, non conviene più”. Ma i genitori non ci stanno

Il Comune spiega: troppi costi e pochi utenti. Le famiglie: “Ma le tariffe le avete alzate voi”

Il paese dice addio allo scuolabus: “Solo sette bambini, non conviene più”. Ma i genitori non ci stanno

Il paese dice addio allo scuolabus: “Solo sette bambini, non conviene più”. Ma i genitori non ci stanno

La decisione è arrivata dopo mesi di tentativi, discussioni e numeri che non tornavano più. Il Comune ha scelto di eliminare il servizio di trasporto scolastico, quello stesso scuolabus che per anni ha portato a scuola i bambini delle frazioni e delle zone più lontane. Una scelta “non a cuor leggero”, ha detto il sindaco Alessandro Lajolo, ma inevitabile. Eppure, la parola che aleggia tra i genitori è un’altra: rinuncia.

Perché dietro le cifre, ci sono abitudini quotidiane, turni di lavoro, orari da incastrare. E famiglie che, da un giorno all’altro, si ritrovano a chiedersi come far arrivare i figli a scuola.

Il Comune, in un incontro con alcuni genitori in Municpio, ha spiegato che il servizio era ormai insostenibile economicamente. Da anni non possiede un proprio scuolabus, ma si appoggia a ditte esterne. Il costo era di circa 50 mila euro l’anno; poi, soppressa la corsa di andata e lasciata solo quella di ritorno, si era scesi a 30 mila. Ma nel frattempo il contributo regionale era calato, “tornando a una spesa eccessiva”, come l’ha definita l’amministrazione.

Il problema, però, non è solo nei conti. È anche nei numeri degli utenti: solo sette bambini trasportati nell’ultimo anno scolastico. Sette. E questo, per un Comune di poco più di 1.700 abitanti, significa che il servizio non si regge più.

Alessandro Lajolo sindaco di Rocca Canavese

Ma come si è arrivati a sette iscritti? La risposta è semplice, e brucia: le tariffe.
Fino a qualche anno fa il costo per le famiglie era di 120 euro l’anno. Comprendeva anche il servizio di pre-scuola gratuito. Poi, nel 2022, la cifra è salita a 150 euro. E da inizio 2023 è esplosa a 350 euro annui, più altri 150 euro per il pre-scuola. In tutto, 500 euro l’anno per bambino.
Una somma che ha fatto la selezione naturale: chi poteva, ha rinunciato. Chi non poteva, ha stretto i denti.

“Con queste cifre – hanno spiegato i genitori – molti hanno preferito accompagnare i figli in macchina, o organizzarsi tra vicini”.
Il paradosso è evidente: più il servizio costa, meno viene usato; meno viene usato, più costa mantenerlo. E così, alla fine, si chiude.

Il Comune, dal canto suo, non ha escluso di valutare l’acquisto di un mezzo proprio, ma anche qui gli ostacoli sono tanti. Uno scuolabus, oggi, deve rispettare norme complicate: seggiolini per età diverse, requisiti tecnici, sicurezza, assicurazioni. Tutto questo fa lievitare il prezzo. E anche se i soldi si trovassero, manca chi lo guida.
Tra i dipendenti comunali nessuno ha la patente richiesta, e assumere nuovo personale non è possibile: la pianta organica è piena. Resterebbe l’opzione dell’autista esterno, ma – parole del Comune – “sarebbe troppo oneroso”.

Risultato: l’autobus non c’è, e anche se ci fosse, non ci sarebbe chi lo guida.

Durante l’incontro, alcuni genitori hanno chiesto se fosse possibile appoggiarsi ad associazioni locali, come l’AIB, che in passato accompagnava gli anziani al mercato. Ma l’amministrazione ha chiarito: “Il Comune non può avanzare richieste dirette. Le famiglie interessate devono accordarsi privatamente con le associazioni”.

Altri hanno proposto di chiedere una collaborazione ai Comuni vicini. Barbania e Levone, per esempio, condividono lo stesso pullman per la scuola secondaria. Perché Rocca no? Il sindaco, in riunione, ha provato a chiamare il collega di Barbania. La risposta è arrivata in diretta: “Non è possibile”.

Resterebbe il Provibus, il servizio a chiamata in convenzione con la Regione. Ma anche qui le maglie sono strette. Il Provibus copre solo alcune fasce orarie – 8:30-12:30 e 14:30-17:30 – e non tutti i giorni. Alcune uscite scolastiche, come il martedì o il venerdì, restano scoperte.
I costi, inoltre, cambiano: 1,60 euro a corsa in orario convenzionato, circa 6 euro fuori orario. Per un bambino che fa due corse al giorno, cinque giorni la settimana, la spesa diventerebbe rapidamente proibitiva.

Il Comune si è detto disponibile a chiedere deroghe perché il pullman arrivi davanti alla scuola in via Madonna della Neve, invece che in piazza Osella. Ma, si è capito, sarebbe un palliativo.

Un’altra richiesta dei genitori riguarda la sicurezza dell’attraversamento pedonale davanti alla scuola, tra via Levone e via Madonna della Neve. Prima i bambini venivano prelevati direttamente dal cancello dallo scuolabus. Ora dovranno attraversare la strada per raggiungere i mezzi privati.
Anche qui, il Comune ha risposto di no: manca il personale. Il vigile urbano non è sempre presente e non ci sono volontari. Per ottenerli, dovrebbe muoversi la scuola.

Si è parlato anche di un questionario diffuso l’estate scorsa da un gruppo di genitori, per capire quanti avrebbero voluto riattivare il servizio.
Dal questionario erano emerse 22 famiglie interessate, a fronte delle sette abbonate dell’anno scorso.
Per l’amministrazione, però, il questionario “non era funzionale”, perché non prevedeva un aspetto economico. Ma i genitori hanno chiarito: “Lo scopo non era discutere i costi, ma chiedere un incontro”.

Eppure, 22 potenziali utenti non sono pochi, in un paese come Rocca. È la dimostrazione che il bisogno c’è, ma il prezzo lo ha soffocato.

Sul tavolo resta l’ipotesi di un contributo ministeriale: una richiesta di finanziamento al Ministero dell’Istruzione, destinata alle famiglie residenti fuori dal centro paese. Il contributo dovrebbe essere “proporzionale” al numero degli utenti. Tradotto: più bambini interessati, più alto il rimborso.
Ma, come hanno notato alcuni genitori, non basterà. Il rischio è che diventi una toppa: qualche decina di euro in più, ma nessun pullman in meno.

Il Comune ha concluso la riunione con parole di impegno e prudenza: “Valuteremo qualsiasi soluzione compatibile con le risorse disponibili”.
Tradotto: nessuna promessa, ma neppure una chiusura totale.

Resta però una sensazione diffusa tra le famiglie: quella di essere state lasciate sole.
Lo scuolabus non era solo un mezzo di trasporto. Era un servizio pubblico nel senso più vero: collettivo, paritario, quotidiano.
La sua scomparsa racconta molto più di un taglio di bilancio. Racconta un paese che, poco a poco, si ritira nei propri confini, lasciando scoperti proprio i più piccoli.

E allora sì, il Comune avrà fatto i suoi conti. Ma qualcuno, tra i genitori, si domanda se ha fatto anche i conti con la realtà.

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