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Italia senz'acqua, Italia sott'acqua: l'emergenza idrica tra siccità, inquinamento e alluvioni

Dati Legambiente: 142 siccità, 179 emergenze, acque inquinate al 30%. Europa chiede piani di resilienza

Italia senz'acqua

Italia senz'acqua, Italia sott'acqua: l'emergenza idrica tra siccità, inquinamento e alluvioni

Quando l’acqua manca, l’Italia si ferma; quando arriva tutta insieme, distrugge. E quando scorre, spesso è contaminata. È questa la radiografia impietosa che emerge dal nuovo rapporto dell’Osservatorio Città Clima di Legambiente, un documento che racconta non solo l’urgenza ambientale, ma anche la fragilità economica e sociale di un Paese incapace di gestire il proprio bene più prezioso.

Negli ultimi otto anni, in Italia si sono registrati 142 episodi di siccità prolungata, con pesanti ripercussioni sull’agricoltura, sull’allevamento e sulla distribuzione di acqua potabile. Non si tratta più di eventi eccezionali, ma di un fenomeno ormai strutturale: secondo la Banca Centrale Europea, solo nel 2025 la siccità costerà all’Italia quasi 7 miliardi di euro, una cifra destinata a più che raddoppiare entro il 2029. Il Nord, tradizionalmente più ricco di riserve idriche, non è risparmiato: i bacini del Po e dell’Adige registrano cali costanti, e intere zone agricole si trovano costrette a ridurre le semine o abbandonare i raccolti.

All’altro estremo, però, ci sono i fenomeni di piena e le frane che devastano interi territori. Dal 2013 al 2022 la Protezione Civile ha contato 179 emergenze idrogeologiche, con danni per oltre 15 miliardi di euro, a cui vanno aggiunte le alluvioni del 2023 in Emilia-Romagna, Toscana e Marche. Una ciclicità che smentisce l’idea di “evento straordinario” e conferma la vulnerabilità del suolo italiano, dove cementificazione e mancanza di manutenzione amplificano ogni rischio.

A complicare il quadro, c’è l’acqua che non si vede: quella che scorre contaminata. Il 30% dei corsi d’acqua superficiali e il 27% delle falde sotterranee risultano inquinati. Nitrati, pesticidi, scarichi urbani e industriali pesano come una condanna silenziosa. Tra i nemici più insidiosi ci sono i Pfas, le sostanze chimiche perfluoroalchiliche che resistono ai processi di depurazione e si accumulano nei tessuti umani e animali. Una minaccia che in regioni come Veneto e Piemonte è già diventata emergenza sanitaria.

Il vero paradosso, però, è nella gestione delle risorse. In Italia gli acquedotti disperdono circa il 40% dell’acqua potabile immessa in rete: un dato tra i peggiori d’Europa. Significa che, per ogni litro distribuito, quasi mezzo si perde in tubature obsolete e reti colabrodo. A questo si sommano anni di ritardi nei piani di prevenzione e una dipendenza cronica dagli interventi d’urgenza, che finiscono per costare più delle manutenzioni ordinarie.

Legambiente chiede di superare la logica dell’emergenza, proponendo un piano strutturale basato su cinque pilastri: riduzione dei consumi, ammodernamento delle reti idriche, bando totale ai Pfas, sostegno all’agricoltura sostenibile e aggiornamento degli impianti di depurazione e fognatura. “La vera sicurezza idrica – avverte l’associazione – non consiste nel costruire più dighe, ma nel ridurre sprechi e contaminazioni”.

Anche l’Unione Europea ha alzato l’asticella. Con la nuova Strategia per la resilienza idrica approvata a giugno, Bruxelles ha chiesto agli Stati membri di fissare obiettivi misurabili e legare i finanziamenti a risultati concreti. Per l’Italia, significa cambiare rotta: coordinare le politiche di tutela con quelle di prevenzione idrogeologica e introdurre criteri di efficienza e trasparenza nella gestione delle risorse.

Dietro i numeri, però, si nasconde una verità più profonda: l’acqua è diventata una questione politica. Le crisi idriche non colpiscono solo l’ambiente, ma anche l’economia e la coesione sociale. Ogni raccolto perduto, ogni quartiere allagato, ogni rete in perdita pesa sul bilancio del Paese e mina la fiducia dei cittadini.

Serve un piano nazionale dell’acqua, coordinato, stabile e finanziato in modo adeguato. Serve che l’acqua torni a essere una priorità, non un’emergenza stagionale. Perché la sicurezza idrica non si misura con i metri cubi nei serbatoi, ma con la capacità di usarla, conservarla e difenderla. E oggi, più che mai, l’Italia sembra aver dimenticato quanto sia fragile il suo equilibrio tra sete e tempesta.

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