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04 Ottobre 2025 - 19:15
Un gesto simbolico, un ordine del giorno respinto, tre consiglieri che abbandonano l’aula e una catena di comunicati stampa dai toni duri. Il Consiglio comunale del 30 settembre di Borgaro Torinese si è trasformato in uno degli episodi più tesi della recente vita politica borgarese.
Il tema è quello del conflitto in corso in Medio Oriente, ma il riflesso più evidente si è manifestato nel dibattito locale tra la maggioranza e il gruppo consiliare di minoranza Uniti per Cambiare, che ha presentato un ordine del giorno a sostegno del popolo palestinese.
La seduta si è interrotta bruscamente con l’abbandono dell’aula da parte dei consiglieri di minoranza,Elisa Cibrario Romanin, Luigi Spinelli e Mattia Stievano, a seguito del rigetto del loro documento da parte della maggioranza. La dinamica ha successivamente prodotto un intenso scambio di comunicati stampa tra i due gruppi.
Nel corso della seduta, Uniti per Cambiare ha introdotto un gesto dal forte valore simbolico: la consegna alla Presidenza del Consiglio di due bandiere, una palestinese e una israeliana, piegate a triangolo, in segno di lutto per le vittime del conflitto. Il gesto è stato accompagnato dalla lettura di un documento.
A seguito del respingimento dell’ordine del giorno presentato dal gruppo, i consiglieri di minoranza hanno lasciato l’aula.
“La Palestina non è una bandiera da sventolare quando conviene – aveva affermato Elisa Cibrario Romanin – è il volto di un popolo che resiste, che soffre e che merita giustizia”.
Roberta di Siena durante l'ultimo consiglio comunale
Il gesto di protesta, ha spiegato il gruppo, era anche una reazione a quella che definisce “mancanza di trasparenza istituzionale” nel confronto.
Nei giorni successivi, la maggioranza, tramite la capogruppo Roberta Di Siena, ha diffuso un comunicato che esprime una critica diretta al gruppo di minoranza. Il titolo scelto è netto: “Uniti per Cambiare, divisi nei fatti: più politicanti che politici”.
Nel testo, la maggioranza sostiene che il comportamento di Uniti per Cambiare durante il Consiglio dimostri una mancanza di coesione interna. In particolare, si fa riferimento a un episodio precedente, legato alla richiesta di un minuto di silenzio per la figura pubblica statunitense Charlie Kirk, formulata da un altro gruppo di opposizione. In quell’occasione, Di Siena ha commentato: “Spinelli fuori dall’aula, Cibrario e Stievano dentro. Un segnale inequivocabile di disaccordo interno”.
La maggioranza definisce inoltre il comportamento del gruppo durante il Consiglio del 30 settembre come poco collaborativo: “Spinelli ha monopolizzato gli interventi del suo gruppo, arrivando persino a suggerire ai colleghi cosa dire. Un atteggiamento che, più che rafforzare la posizione del gruppo, ha messo in luce una leadership improvvisata e poco condivisa”, prosegue la Di Siena secondo cui il gruppo di minoranza starebbe cercando visibilità politica a scapito del confronto istituzionale. La maggioranza rivendica invece compattezza e rigore nel rispetto delle procedure consiliari.
Il 4 ottobre è arrivata la risposta ufficiale di Uniti per Cambiare, che rigetta in blocco le accuse della maggioranza. Il gruppo definisce il comunicato di Di Siena un “esercizio di retorica stanca” e afferma che l’uscita dall’aula sia stata motivata da “una gestione autoritaria del confronto”.
Nel testo, dai toni marcatamente critici, la minoranza contesta la decisione della maggioranza di non modificare l’ordine del giorno proposto, mantenendo al suo interno il simbolo della lista civica del sindaco Gambino, anziché quello istituzionale della Città.
Pur avendo deciso di votare comunque a favore del documento della maggioranza, Uniti per Cambiare ha scelto di lasciare l’aula per protestare contro “l’imposizione di una linea politica non condivisa e non aperta al dialogo”, affermano i consiglieri.
Il gruppo rivendica la coerenza del proprio gesto, respinge le accuse di divisioni interne e definisce le osservazioni sul ruolo di Spinelli come tentativi di “delegittimazione personale”.
Quello che si è consumato in Consiglio comunale il 30 settembre non è solo un disaccordo su un ordine del giorno, ma l’emergere di un confronto politico che da tempo sembra attraversare la dialettica tra maggioranza e minoranza.
La maggioranza rivendica compattezza e metodo; la minoranza denuncia chiusura e una visione troppo rigida del confronto. Entrambe le parti, pur partendo da motivazioni differenti, dichiarano di agire nel rispetto delle istituzioni e della città.
A fare da sfondo resta la questione più ampia: fino a che punto temi di respiro internazionale possano e debbano entrare nella sede del Consiglio comunale, e in che modo si possano trattare in un contesto dove le differenze politiche locali, pur legittime, rischiano di sovrapporsi a questioni globali che richiederebbero attenzione, equilibrio e dialogo.
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