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Parto immersivo, Torino sperimenta la realtà virtuale: così il dolore si trasforma in relax

Dopo le Molinette, un altro ospedale torinese adotta la tecnologia immersiva per ridurre ansia e sofferenza delle pazienti

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Parto immersivo, Torino sperimenta la realtà virtuale: così il dolore si trasforma in relax

Non più soltanto farmaci, anestetici e analgesici. Oggi la battaglia contro il dolore passa anche attraverso la tecnologia. A Torino, dopo le prime esperienze alle Molinette, dove i pazienti sottoposti a interventi mini-invasivi di urologia hanno potuto affrontare la procedura con il supporto di un visore di realtà immersiva, la sperimentazione si estende al Martini. Qui, nella Struttura Complessa di Ostetricia e Ginecologia, le donne in travaglio o sottoposte a interventi in anestesia spinale possono contare su un visore Oculus, donato dall’Ente del Terzo Settore “Sogno-Ets”.

L’idea è semplice, ma rivoluzionaria: controllare il dolore distraendo la mente, modulando le sensazioni attraverso stimoli visivi e sonori positivi. La realtà virtuale diventa così uno strumento non farmacologico che integra metodi già adottati in sala parto, come l’uso dell’acqua, i massaggi, la cromoterapia, l’aromaterapia o la musica. L’innovazione risiede nella possibilità di immergere la paziente in un ambiente personalizzato, che può essere un paesaggio naturale, una dimensione ludica con giochi interattivi o esercizi di rilassamento guidati.

La scienza conferma che non si tratta di suggestione. La cosiddetta “teoria del gate control” spiega come il cervello, quando impegnato da stimoli sensoriali coinvolgenti, riduca la trasmissione dei segnali dolorifici. Studi clinici hanno già dimostrato che la realtà virtuale immersiva riesce a diminuire la percezione del dolore e dell’ansia, migliorando l’esperienza assistenziale complessiva. In alcuni casi gli effetti sono stati paragonati a quelli degli oppioidi, senza però i rischi e gli effetti collaterali legati ai farmaci.

Il travaglio del parto rappresenta un banco di prova significativo. Dolore, stress e ansia si intrecciano, alimentando un circolo vizioso che spesso intensifica la sofferenza. La realtà immersiva interviene proprio su questo meccanismo, offrendo una distrazione efficace e riducendo il peso psicologico della situazione. Un importante studio randomizzato condotto nel 2020 ha dimostrato una riduzione del dolore percepito fino al 52%, un risultato che ha acceso l’interesse della comunità scientifica internazionale.

Non è un caso che la Food and Drug Administration statunitense abbia già approvato l’uso della realtà virtuale per il trattamento del dolore cronico lombare. In Europa, diversi centri hanno iniziato a sperimentare la tecnologia in ambito pediatrico, oncologico e fisiatrico, con risultati incoraggianti. Il Martini, con questa iniziativa, si colloca dunque in una rete di esperienze che stanno ridisegnando il confine tra tecnologia e medicina.

Il dispositivo non trova applicazione solo in sala parto. Può essere utilizzato anche in occasione di interventi in anestesia spinale, dove la paziente è cosciente e può avvertire ansia o disagio, o nel post-operatorio, per gestire il dolore durante la fase di recupero. La versatilità del sistema, unita alla sua facilità di utilizzo, lo rende un alleato prezioso in diversi contesti clinici.

L’impatto psicologico non è secondario. Molte pazienti, soprattutto al primo parto o di fronte a procedure invasive, affrontano l’esperienza con livelli elevati di ansia. Ridurre questo carico emotivo non significa solo migliorare la percezione soggettiva, ma anche favorire un decorso più regolare e una migliore risposta fisiologica. La medicina, in questo caso, abbraccia un approccio olistico, che considera non soltanto il sintomo ma l’intera esperienza della persona.

L’aspetto più interessante è la capacità della realtà virtuale di inserirsi in un panorama di cure complementari già consolidate. Acqua, luci, aromi e musica hanno da tempo un ruolo riconosciuto nell’alleviare la sofferenza in travaglio. L’Oculus aggiunge un livello in più: quello dell’immersione totale in un ambiente alternativo, che allontana la mente dal contesto ospedaliero. L’effetto è quello di un viaggio in una dimensione parallela, dove il dolore perde parte della sua intensità.

Certo, non si tratta di sostituire le terapie farmacologiche quando necessarie, ma di affiancarle. La prospettiva è quella di un modello di cura sempre più personalizzato, che integra strumenti tradizionali e nuove tecnologie per offrire il massimo beneficio.

L’esperienza torinese si inserisce in una tendenza più ampia che vede la realtà virtuale affermarsi come supporto in diversi campi della sanità. Dalla fisioterapia alla riabilitazione neurologica, fino alle cure palliative, la possibilità di modulare la percezione sensoriale si sta rivelando una risorsa potente. Se il Martini rappresenta oggi un esempio pionieristico in ginecologia e ostetricia, è probabile che nei prossimi anni il modello venga replicato in altri ospedali italiani.

Torino, ancora una volta, si dimostra terreno fertile per l’innovazione sanitaria. Dopo le Molinette, anche il Martini entra in questa nuova frontiera, con un progetto che combina ricerca scientifica, tecnologia e attenzione al benessere della persona. Un passo che conferma come la medicina del futuro non sarà solo più tecnologica, ma anche più attenta all’esperienza soggettiva dei pazienti.

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