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Lavori sul ponte sul Po, pochi operai e semafori ignorati: la replica della Città Metropolitana di Torino. "Automobilisti indisciplinati!". E la ditta verrà richiamata

Dopo la lettera del sindaco Castelli di Verrua Savoia, la replica dell'ente che spiega le responsabilità su caos e ritardi nei lavori

Lavori sul ponte sul Po, pochi operai e semafori ignorati: la replica della Città Metropolitana di Torino. "Automobilisti indisciplinati!". E la ditta verrà richiamata

Lavori sul ponte sul Po, pochi operai e semafori ignorati: la replica della Città Metropolitana di Torino. "Automobilisti indisciplinati!". E la ditta verrà richiamata

Sul ponte tra Verrua Savoia e Crescentino non basta la pazienza. Ci vuole fede. Perché mentre le istituzioni rassicurano, i cittadini imprecano. E alla fine, se il traffico non scorre, la colpa non è del progetto, né della gestione del cantiere, bensì – parole loro – degli automobilisti indisciplinati e della ditta che non ha mandato abbastanza uomini a lavorare.

Et voilà, Città Metropolitana di Torino spiega così il perché il cantiere sul ponte più antico del Po ad oggi sta riservando più dolori che gioie (tradotto: più disagi che altro). I problemi non starebbero nel disegno dell’opera o nelle scelte fatte in conferenza dei servizi, ma nel “comportamento incivile” di chi guida e nella lentezza di chi dovrebbe eseguire i lavori.

Il cantiere è partito a inizio giugno con la solita scenografia istituzionale: conferenza stampa sopra e sotto le arcate del ponte, sorrisi e promesse solenni.

L’intervento, finanziato dalla Città Metropolitana di Torino con il supporto della Regione e della Soprintendenza, vale sei milioni di euro: consolidamento delle pile, rinforzo delle spalle, ampliamento della carreggiata e una pista ciclabile da sbandierare come simbolo di mobilità sostenibile. Tempi previsti: diciotto mesi. Se tutto fila liscio, il “nuovo” ponte dovrebbe arrivare sotto l’albero di Natale 2026. Ma in realtà sinora sembra che di liscio stia filando ben poco.

A denunciare le prime falle, dopo nemmeno quattro mesi, non sono stati comitati o post indignati sui social. A prendere carta e penna (anzi, tastiera e PEC) è stato il sindaco di Verrua Savoia, Mauro Castelli, che il 9 settembre ha scritto ufficialmente alla Città Metropolitana.

Il problema? Il semaforo che regola il senso unico alternato non viene rispettato. Troppi automobilisti lo ignorano, creando disordine e rischi quotidiani. Le telecamere ci sono, ma non multano: riprendono soltanto. Così chi ha la precedenza resta fermo a guardare altri passare col rosso. Castelli non si limita a descrivere il caos: propone soluzioni. Un secondo semaforo sincronizzato, in particolare per gestire la svolta a sinistra verso Brusasco, e una richiesta altrettanto chiara: accelerare i lavori. Turni doppi, visto che il clima a settembre ancora lo consentiva. Perché l’autunno è alle porte e l’inverno non aspetta.

Il 30 settembre arriva la replica firmata dall’ingegner Matteo Tizzani, dirigente della Direzione Viabilità 1 e R.U.P. dell’opera. Tono istituzionale, linguaggio tecnico, ma la sostanza è questa: nessuna criticità urgente, i disservizi dipendono soprattutto da chi non rispetta il semaforo.

I tecnici hanno fatto “numerosi sopralluoghi”, ma non hanno trovato motivi per interventi immediati. Le difficoltà di deflusso? In gran parte “riconducibili alle infrazioni semaforiche sulla S.P. 107”. Tradotto: la colpa non è dell’impianto, ma degli automobilisti. Certo, qualcosa si farà: la ditta ha dato disponibilità a verificare la fattibilità del raddoppio della lanterna semaforica sulla S.P. 111 di Sulpiano. Ma non si parla di sanzioni, né di telecamere attive: solo di luci in più.

Il sindaco Castelli aveva sollecitato più velocità.

La risposta? La Città Metropolitana ammette che la ditta esecutrice è stata convocata per un aggiornamento e per chiedere un incremento delle maestranze.

Tradotto: finora il cantiere è andato avanti con troppi pochi operai. Un mea culpa? Non proprio. Più un passaggio burocratico: la responsabilità dello scarso ritmo non ricade sugli enti che hanno progettato e gestito l’appalto, ma su chi esegue. Tant'è.

La lettera della Città Metropolitana contiene anche un’ammissione che pesa. In origine, l’opera era stata pensata con il ponte completamente chiuso, previa rimozione dei sottoservizi. Una scelta che avrebbe garantito tempi più rapidi. Poi, in sede di conferenza dei servizi, si è deciso diversamente: mantenere il collegamento tra le due sponde del Po, sacrificando però la velocità. Una scelta “di contemperamento” con le esigenze dei Comuni e del C.C.A.M. Risultato: più complessità operative, più disagi per l’utenza e un cantiere che si trascinerà fino a fine 2026.

Oggi, spiegano i tecnici, siamo nella fase più difficile: il semaforo a tre vie. Una volta superata, resteranno due sole direttrici di marcia e sarà possibile introdurre sistemi di rilevazione traffico per regolare meglio i flussi. Insomma, bisogna resistere. Ma quante volte i cittadini si sono sentiti dire: “Un po’ di pazienza e tutto andrà meglio”?

Alla fine resta una domanda semplice: si riuscirà davvero a rispettare i tempi e garantire l’incolumità di chi ogni giorno attraversa il Po? 

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