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La voce degli animali

Stortino è morto. Ciao Stortino

Il gattino “storto”, malato e tenace, ha smesso di lottare. Resta l’amore di chi lo ha accolto e la lezione che ha lasciato: la vita, anche spezzata, merita sempre di essere vissuta.

Spina e Stortino, gatti fragili e invincibili: la vita che non si arrende

Spina e la sua mamma umana

La notizia è arrivata all’improvviso, come uno schiaffo che brucia anche quando già sapevi che sarebbe arrivato. Stortino è morto. Lo chiamavano così, con quell’affetto che solo i nomi storti e buffi sanno portare dentro di sé. Era gracile, fragile, segnato da una malattia che non gli dava tregua. Ma era vivo. Ostinatamente vivo. Fino a ieri.

Chi lo ha visto crescere, giorno dopo giorno, sa che la sua vita era stata tutta una corsa contro il tempo e contro un destino che sembrava scritto. Aveva la testa che non stava mai ferma, i polmoni che tossivano la fatica di ogni respiro, le zampe che inciampavano. Un corpo ribelle, che sembrava volerlo tradire a ogni passo. Ma lui non lo sapeva, e per questo vinceva. Ogni giorno. Perché Stortino non conosceva la parola arrendersi.

Quando era arrivato in quella casa, la sua compagna di destino, Spina, già regnava con i suoi movimenti incerti e la sua voglia di vita. Anche lei segnata dal virus che aveva portato via la madre e i fratellini. Anche lei “neurologica”, come la definiscono i veterinari. Due gatti storti, due anime piene. Due creature che la vita aveva spezzato, e che invece avevano deciso di vivere lo stesso, di trasformare le cadute in nuove partenze.

Spina e Stortino erano diventati inseparabili. Lei mostrava come si fa a salire, anche quando le zampe non obbediscono. Lui la guardava e imparava. Lei correva storta, cadeva e si rialzava. Lui la imitava, trasformando l’impossibile in conquista. Insieme, riempivano quella casa di una vitalità ostinata, quasi sfrontata. Insieme, mostravano che la felicità non sta nella perfezione, ma nel provare ancora, sempre, anche quando tutto sembra dire il contrario.

spina

Spina

stortino

StorTino

Accanto a loro c’era la mamma umana. Una donna che aveva cambiato vita per salvarne una più fragile della sua. Aveva rinunciato a un lavoro, a un futuro lontano, a tutto quello che sembrava scritto per lei, perché non poteva lasciare sola Spina. Poi era arrivato anche Stortino, e l’amore aveva raddoppiato il peso e il dono della responsabilità. Era stata lei a trasformare quella casa in un rifugio, un porto sicuro per due creature segnate ma luminose. Ogni giorno fatto di cure, farmaci, veglie. Ma anche di carezze, di baci senza riserve, di abbracci che dicevano: “qui sei al sicuro, qui sei amato”.

Oggi quella casa piange. Spina resta sola, con il suo passo storto e fiero, con la forza di chi deve andare avanti anche quando il cuore si spezza. La mamma resta con il vuoto che solo chi perde un figlio – perché di questo si tratta, al di là delle definizioni – può conoscere. Ma resta anche una traccia profonda, impossibile da cancellare. Stortino, piccolo guerriero dal corpo fragile, ha lasciato dietro di sé una lezione più grande di tante vite lunghe e fortunate.

Forse adesso corre davvero diritto, senza inciampi. Forse respira senza dolore. Forse ha ritrovato i fratellini perduti di Spina, Sultanina e Chicco, e insieme corrono in quella vigna da cui tutto era cominciato. Forse guarda dall’alto, con quella testardaggine che lo ha sempre reso più forte della sua malattia, e sorride alla sorellina rimasta, a quell’umana che lo ha amato oltre ogni misura.

Quello che è certo è che chi lo ha conosciuto non dimenticherà mai. Perché Stortino non era soltanto un gattino malato. Era un simbolo. Era la prova che la vita vale la pena di essere vissuta, sempre, anche quando sembra storta, breve, dolorosa. Era un maestro silenzioso che con ogni respiro faticoso ha insegnato che non bisogna mollare.

E allora, oggi, mentre le lacrime scendono e il cuore fa male, resta una verità che non muore: la fragilità è un’altra forma di bellezza. Stortino lo ha dimostrato. Spina continuerà a dimostrarlo. E chi li ha amati porterà per sempre dentro di sé la loro lezione: che vivere non significa non cadere mai, ma avere il coraggio di rialzarsi, anche con le zampe storte, e continuare a correre.

Una storia tratta da libro di Eporedianimali

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